“It’s better to burn out, than fade away” (Neil Young)
Quante grandi imprese nella storia dell’uomo sono nate da grandi, inattesi incontri? Gli esempi sono tanti, ma Federico Pace, in questo suo terzo libro per Einaudi, sembra scegliere quelli che non necessariamente hanno avuto un lieto fine nella vita dei protagonisti che, nella maggior parte dei sedici racconti di “Scintille”, si sono separati per via di incomprensioni o tragedie che hanno fatto seguito al raggiungimento della loro impresa, un grande traguardo tanto per le persone coinvolte quanto per l’umanità in generale.
Lo scrittore romano ci dipinge sedici ritratti “di coppia” umani, professionali ed artistici, con lo stesso appassionato stile che ha contraddistinto i precedenti “Senza volo” e “Controvento”, narrandoci grandi storie che lasciano, alla fine, una profonda sensazione di amaro in bocca unita al mistero delle dinamiche dei rapporti umani. Sono accomunate da un leit-motiv queste storie: due persone si incontrano e subito o a distanza di tempo scatta una scintilla fra le due. Questa scintilla non si traduce necessariamente in amore od affetto, ma in qualcosa di più grande degli stessi protagonisti nell’ambito della scienza (Crick e Watson), dello sport (Spassky e Fischer), della musica (Lennon e McCartney, divenuti forse loro malgrado un paradigma inevitabile in quest’ambito) o dell’arte (Auguste Rodin e Camille Claudel).
Sedici scintille, nate da un incontro/scontro di vite che ha dato il via a un esplosione di energie in qualcosa di inatteso e al di là delle stesse aspettative di chi vi è rimasto coinvolto: qualcosa di talmente grande da travolgere letteralmente le esistenze dei protagonisti che, inevitabilmente, non sono più stati gli stessi di prima. La maggior parte delle storie raccontate in “Scintille” ci narra di come i protagonisti di ognuna siano rimasti irrimediabilmente cambiati da questa toccante e profonda esperienza di incontro/scontro, salvandosi solamente attraverso la catartica esperienza di un addio necessario quanto inspiegabile.
Nella sua narrazione, Federico Pace è bravo a non azzardare ipotesi, lasciando ognuno di noi a confrontarsi con il mistero di un addio inspiegabile: com’è possibile arrivare al punto di abbandonarsi, dopo aver raggiunto insieme qualcosa di così grande? Oppure, com’è possibile al contrario mantenere in vita quel sottile filo che, nonostante la distanza, mantiene legate due persone che hanno condiviso qualcosa di grande? La bravura dell’autore consiste nel metterci di fronte a queste situazioni spesso amare ed inspiegabili, toccandoci nel vivo grazie alla forte ed imparziale immedesimazione che egli riesce a farci stabilire con entrambi i personaggi di ogni storia, costringendoci a raffrontare la loro esperienza con quelle affrontate nelle nostre esistenze.
Né l’autore né il lettore, in questi racconti, riescono a trarre una conclusione definitiva su queste dinamiche inspiegabili, ma si ritrovano ad affrontare il mistero di certe dinamiche interpersonali, gustandone fino in fondo il sapore dolceamaro, per ritrovarsi ognuno a trarre le proprie ipotesi e conclusioni. Forse l’unica lezione che possiamo apprendere è che i più profondi meccanismi del cuore e della mente stessa rimarranno insondabili, e che solo il tempo ci consente di conservare con cura quel buono che resta.
“Scintille” è un testo a prima vista meno positivo e più difficile rispetto agli ultimi lavori di Federico Pace, che tuttavia riesce a toccarci con domande scomode, capaci di risvegliare profonde riflessioni sulla vita di ognuno di noi e sugli importanti incontri delle nostre vite.