Il 22 febbraio è stato presentato a Milano Slow Music, un progetto avviato da Claudio Trotta insieme ad altri professionisti della scena musicale e non. Tra i soci fondatori troviamo anche Franco Mussida, Alberto Pugnetti, Paolo Dal Bon, Stefano Senardi e Marco Ricci.
Slow Music è un’associazione culturale no profit che ha come obiettivo quello di “cambiare i ritmi del mercato musicale”, che oggi più che mai soffre dell’influenza di un sistema consumistico dominato dalla logica del “tutto e subito”. Trattandosi innanzitutto di una presa di posizione rispetto alla realtà dell’ambiente musicale nel sistema consumistico è utile in prima battuta spendere due parole sulle ricadute che questa realtà implica rispetto ai tre termini coinvolti nel discorso: musica, fruitore e produttore (con il termine “produttore” qui si intendono tutte le figure professionali coinvolte nel processo produttivo e distributivo musicale).
La musica, se inserita in un mercato, deve adattarsi alle logiche che lo definiscono, pertanto è inevitabile che essa subisca una distorsione e venga mercificata. In questo contesto, i parametri considerati importanti a livello di produzione musicale cambiano e diventano la velocità di produzione, la diffusione su larga scala, l’abbattimento dei costi e la velocità di consumo.
Il fruitore, ovvero l’ascoltatore, diventa un consumatore. Non ha alcun ruolo attivo e determinante nella scelta del prodotto, perché sulle esigenze “di nicchia” prevalgono quelle di massa.
I professionisti dell’ambiente musicale sono degli specialisti a cui viene affidato un lavoro, mentre l’artista spesse volte diventa un brand.
In un sistema simile, quello che si perde è la qualità, la biodiversità musicale e il riconoscimento dei meriti. Questa analisi può sembrare molto estrema, la si intenda come una direzione che sta prendendo l’industria musicale piuttosto che per una diagnosi sul suo stato attuale.
In tutto ciò, cosa si propone di fare Slow Music?
Gli intenti sono chiari e riassunti nel loro manifesto, gli obiettivi principali sono:
-L’individuazione di nuovi processi produttivi accessibili a tutti e non solo a una ristretta élite.
-La promozione e produzione di diversità in ambito artistico, in contrapposizione all’omologazione.
-La rimozione di ostacoli che impediscano la libera fruizione di musica e arte.
-Il sostegno a musica, etichette, professionisti, organizzazioni che rispettino tre elementi fondamentali: l’originalità, la sostenibilità del processo produttivo e il rispetto per tutte le figure professionali coinvolte.
-Rallentare i tempi del consumo della musica, allungare la vita dei prodotti e renderli qualitativamente più validi.
La conferenza si chiude con uno slogan, un’esortazione a tutti gli ascoltatori e utenti coinvolti: “Slow Music siete voi”. Il successo della proposta dipende anche dalla propensione del pubblico ad uscire dalla nicchia di pigro consumatore per tornare ad avere un ruolo attivo e determinante.