Abbiamo partecipato alla conferenza stampa di presentazione del nuovo album dei Måneskin, “Teatro d’ira – Vol. I”, uscito il 19 marzo e già certificato ORO.
A distanza di due anni dalla pubblicazione de “Il ballo della vita”, il gruppo pubblica “Teatro d’ira – Vol. I”, il primo volume di un progetto più ampio che si svilupperà nel corso dell’anno e che racconterà in tempo quasi reale gli sviluppi creativi della band insieme alle prossime importanti esperienze. Un percorso ambizioso e in continuo divenire, partito dai singoli “Vent’anni” (disco di platino) e da “Zitti e buoni”, brano con cui hanno vinto il 71° Festival di Sanremo, già certificato platino e che conta ad oggi 17 milioni di streaming. Scritto interamente dai Måneskin, il nuovo album è stato registrato tutto in presa diretta al Mulino Recording Studio di Acquapendente (VT), rimandando alle atmosfere analogiche dei bootleg anni ’70, con l’idea e la voglia di ricreare la dimensione live vissuta dal gruppo nel loro primo lungo tour di 70 date fra Italia e Europa. Un disco tutto suonato, crudo, contemporaneo, capace di rappresentare lo stile e il sound della band.
I Måneskin porteranno la loro incredibile carica dal vivo per la prima volta sui palchi dei più importanti palazzetti italiani, dove suoneranno il loro secondo album “Teatro d’ira – Vol. I” in un tour di 11 date, organizzato e prodotto da Vivo Concerti.
Hanno iniziato a esibirsi live da giovanissimi nelle strade di Roma e con la loro carica fuori dal comune hanno conquistato il pubblico, spazzando via stereotipi di genere, mescolando influenze e stili in un mix originalissimo e unico, arrivando a collezionare oltre 17 dischi di platino e 6 dischi d’oro. Dopo la vittoria sul palco di Sanremo, rappresenteranno l’Italia all’edizione 2021 dell’Eurovision Song Contest prevista per maggio a Rotterdam, portando il loro messaggio di libertà e la voglia di lasciare il segno.
Damiano: Abbiamo scelto di chiamarlo “Teatro D’Ira” per creare un contrasto tra il teatro che è la collocazione e l’ira che è il soggetto. Volevamo far confluire la nostra ira in un luogo creativo, quell’ira catartica che porta a cambiare le cose. Abbiamo cercato di fare questo disco senza porci limiti.
Victoria: Questo album segue la nostra maturazione degli ultimi anni e porta con sé la nostra esperienza a Londra. Quando abbiamo scritto il primo album eravamo tutti più piccoli, mentre in questi anni, studiando e con le esperienze live, abbiamo capito che volevamo portare la crudezza del trio analogico, far sentire bene i singoli strumenti.
Thomas: Abbiamo puntato tanto sulla presenza del power trio, a fronte di tutte le sperimentazioni tra noi quattro in sala, è stato il frutto di un grande percorso. Abbiamo cercato di trasmettere la nostra dimensione live all’interno del disco.
Ethan: Questo è un concetto che ci portiamo da sempre, se pensiamo alle nostre origini, siamo partiti dalla strada, da Via del Corso, che è stata una scuola per noi. Puntavamo a conquistare il pubblico cercando di essere noi stessi. Abbiamo portato la nostra natura sia sul palco che in studio.
Victoria: Non ci siamo posti limiti linguistici, abbiamo scritto alcuni brani in italiano ed altri in inglese. Ci sono pezzi che toccano degli estremi opposti, ma mantenendo la nostra natura. Abbiamo variato tantissimo esprimendo tutte le sfaccettature di quello che sentivamo.
Damiano: Ci sono dei testi particolarmente coloriti, come “I WANNA BE YOUR SLAVE”, che probabilmente mi regalerà le mie prime denunce, ma vorremmo che si andasse oltre la potenza delle immagini descritte e la volgarità, perché è un modo per esprimere, con la crudezza di quelle immagini, la sessualità delle persone e come questa può influenzare la loro vita. Si gioca molto sui contrasti, è un modo per esprimere il concetto che una persona può avere tante sfaccettature e tante personalità. Tutto questo gioca sulla sessualità che è la sfera dove ognuno di noi si può esprimere di più.
Victoria: Questo è stato uno dei primi brani che abbiamo scritto a Londra, influenzati da tutto quello che abbiamo assorbito nei club. È stato un intreccio che ci è venuto naturale.
Thomas: “In nome del padre”, invece, è stato l’ultimo che abbiamo scritto, volevamo un pezzo veramente strong, che avesse sonorità molto più forti.
Damiano: “In nome del padre” non ha nulla di religioso ma esprime il concetto che noi facciamo musica con talmente tanta passione da farla diventare qualcosa di sacrale. Non stiamo autoproclamandoci musica religiosa o elevandoci ad un’altezza aulica.
“Lividi sui gomiti” appartiene a questo filone rock e hip-hop che ci piace molto, un crossover che ci rispecchia. In questo pezzo abbiamo voluto portare alla luce tutto quello che c’è dietro al nostro lavoro. Ci sono sacrifici importanti, studio, impegno e disciplina. Ci sembrava un modo giusto di descrivere questa parte della nostra vita attraverso la musica.
Non vorrei, invece, che si pensasse che “Coraline” sia la storia dell’uomo cavaliere e principe azzurro che salva la principessa in difficoltà. Non c’è il lieto fine, come accade spesso nella vita reale, volevo metterci dentro la realtà. È la storia dell’appassimento di questa ragazza, di questo fiore stupendo, mentre il cavaliere rimane uno spettatore inerme davanti a tutto quello che accade.
A cura di Egle Taccia