Maru è cresciuta e la voglia di gridarlo al mondo si sente. Attraverso un sound diverso, che si apre all’elettronica pop e alla dance, esplora sintetizzatori distorti e violenti e torna a ballad più dolci, avvicinandosi con garbo anche al mondo r’nb e lo-fi. Saltano i confini musicali a cui ci aveva abituato. E le barriere di genere si infrangono grazie a quella voglia di andare oltre ogni pregiudizio che da sempre la contraddistingue.
Esce per Bravo Dischi TOI, il nuovo disco di Maru che arriva a due anni di distanza da Zero Glitter.
Intervista a cura di Egle Taccia
Iniziamo parlando del titolo, come mai hai scelto di chiamarlo TOI?
Quando ho cominciato a scrivere non credevo avrei fatto un secondo disco. Avevo una marea di cose da dire, ma erano tutti frammenti che, fino a pochissimi giorni prima dell’uscita, ancora non avevano un legame, un collante. Dico spesso che i pezzi che fanno parte del disco sono premonitori per me, questo perchè mi sono stati molto più utili adesso rispetto a quando li ho scritti: sono un’attenta analisi di ciò che sono diventata. La parola Toi, intesa come gioco, è stato un po’ il succo. La musica e l’amore sono un gioco e siamo troppi a voler vincere. Eppure, perdere mi ha portata a cose molto più stimolanti e interessanti.
Cosa ha a che fare l’arte di perdere con questo album?
Mi piace citare una delle poetesse che preferisco, Elizabeth Bishop. Nella sua poesia “One Art” definisce l’amore come l’arte di perdere. Per quanto mi riguarda, perdere è l’arte di vivere. Spesso impariamo più da ciò che perdiamo che da ciò che otteniamo.
In musica poi siamo talmente tanti a voler “vincere” che ci perdiamo un po’ la bellezza del gioco.
In che modo è cambiato il tuo modo di fare musica negli ultimi due anni da “Zero Glitter”?
La mia è una musica che matura con me. Sono sempre attenta al lasciare passare le esperienze che racconto come atti di crescita e non solo come cose accadute. Ad oggi anche le sonorità dell’ultimo disco mi definiscono e credo che anche cominciare a chiamare le cose con il proprio nome, per non finire più nel solito calderone “indie” che raccoglie e agglomera tutta la musica emergente in Italia, faccia molto. Da qualche tempo ormai mi sono avvicinata alle sonorità elettroniche. Per quel che riguarda i testi, credo di aver cominciato ad usare meno parole, ma che riescono ad entrare più in profondità. I concetti arrivano meglio se detti in modo più arrogante.
Cosa ha significato per te infrangere le barriere tra generi e di genere?
Tanto per cominciare c’è stata una profonda analisi su di me, in quanto essere umano e non più necessariamente in quanto donna. Questo mi ha portato a trattare dei temi un po’ più profondi rispetto a quelli di Zero Glitter. Ho voluto scrivere “Zitta”, invece, per denunciare ancora la profonda discriminazione di genere, la violenza che non viene denunciata per paura, la condizione di chi decide che star zitti sia l’unica scelta possibile. “Ci vogliono più muscoli a restare che ad andarsene” dice Andrea Gibson in una delle sue celebri poesie. Per me ci vogliono più muscoli a star zitti che ad esplodere.
Hai osato anche con il K-pop in “Elastici”. Cosa ti attira di questo genere che sta per dominare le classifiche anche qui da noi?
E’ stata una scelta un po’ catchy, non sono certa che mi appartenga del tutto, ma sul momento essere anche quello è stato divertente.
Pensi che mai come adesso ci sia bisogno di ridere, di giocare?
E’ un periodo in cui bisognerebbe cercare di prendersi un po’ meno sul serio. Siamo sempre stati abituati a guardare al futuro, magari provando molta ansia e ponendoci degli obbiettivi più “sicuri”, senza tenere presente del nostro sentire e di ciò che ci fa stare bene. In questo periodo più che in ogni altro abbiamo capito che forse nulla di tutto ciò conta davvero, che sia meglio guardarci dentro e capire ciò che amiamo fare e ciò che possa renderci felici nel nostro presente.
Cosa ci ha portati a vivere le relazioni come delle prove gratuite di un videogame?
Il non volerci “accontentare” mai. Forse anche tutte le app per incontri in cui ci basta guardare una foto per scegliere o meno una persona. Non lo so, ma si va sempre di più nella direzione di “usare” le persone che ci stanno attorno per i nostri scopi, per stare meglio con noi stessi. Un po’ triste. “Free-Trial” è il primo pezzo del disco e cerca di parlare di queste situazioni con molta leggerezza, anche quando leggere non sono affatto.
Domanda Nonsense: Monopoly o Risiko?
Exploding Kittens. (E’ un gioco di carte a tema gattini, l’ho appena ricevuto come regalo di compleanno).