Lo ammetto da subito: pur cercando di avere verso la musica un approccio quanto più open-minded possibile, difficilmente mi sarei messo ad ascoltare Young Signorino al di fuori del periodo di forzata quarantena a cui siamo costretti per l’epidemia di CoVid-19. Fra ore di smartworking in parte assai pratiche e in parte terribilmente alienanti, una routine quotidiana più rallentata, il tempo sembra diventato una dimensione distorta ed inafferrabile che riserva molti vuoti da colmare, motivo per cui ad un certo punto anche il promo più improbabile diventa uno spunto interessante per esplorare prospettive nuove.
Detto ciò, vi rassicuro sul fatto che non sto per scrivere di aver trovato l’illuminazione ascoltando “L’epd’amore”, il primo album di Young Signorino, ma qualche spunto di riflessione sì, l’ho trovato. Assurto alle cronache come il trapper più controverso e probabilmente odiato d’Italia per una serie di dichiarazioni, atteggiamenti ed una storia personale che non sto qui a riportare, il cesenate Paolo Caputo aka Young Signorino ha raggiunto la propria notorietà facendo fondamentalmente incazzare molti, attraverso le sue provocazioni verbali e una serie di canzoni (?) che hanno fatto gridare allo scandalo tutti gli amanti della musica che si siano imbattuti in esse. Il nostro ha insomma conseguito una reputazione tale da essere a-priori evitato come la peste anche da chi vi scrive in questo momento, salvo per la legge del contrappasso ritrovarsi ad ascoltare poche settimane fa il singolo/provocazione “+Peste” di Vinicio Capossela, che ha voluto proprio YS come complice in questo duetto.
Attento osservatore della contemporaneità, su Rolling Stone Capossela ha definito Signorino un ragazzo “di una purezza disarmante, l’ultimo dei dadaisti” … e il duetto più improbabile che si potesse mai concepire… semplicemente funziona. Se già parlammo di “Peste” su queste pagine come uno dei brani più significativi dell’ultimo album di Capossela, “+Peste” ci ha colpiti perché suona come il proseguimento ideale di quel brano, l’acme dell’epidemia (quanto fa specie scriverlo di questi tempi!): il duetto fra i due assume contorni inquietanti e malsani, il classico – d’avanguardia – dialoga con la decadenza del contemporaneo ed il risultato, stucchevole e sublime si lascia riascoltare con curiosità morbosa, perché di peste appunto di tratta.
Perché quindi non fare un passo indietro ed ascoltare “L’epd’amore”? In questo primo album troviamo il pure Signorino senza filtri, anzi no, armato di tutti quei filtri social e allucinogeni che ne hanno plasmato uno stile nel bene e nel male unico. Inutile nascondersi, la reazione immediata all’ascolto è un sincero “chi me l’ha fatto fare?”, e il proseguimento accresce gli interrogativi invece di trovare delle risposte. “Burrocacao rosa”, “Che te ne pare”, “Esteticamente”, “Baci fiori demoni”, “Whisky maschio”… cosa dovrebbero significare questi brani? Sarebbe facile liquidare tutto subito parlando con superficialità dell’autocelebrazione tronfia, del nulla portato in musica e del canto davvero irritante di YS… però siamo sicuri che sia solo questo?
Dal punto di vista strettamente musicale e pur non apprezzando la trap, le basi sono davvero interessanti e danno vita ad uno sfondo genuinamente oscuro ed inquietante; a livello strutturale, i cinque brani sono intrecciati in maniera assai astuta sia a livello di sound, sia a livello dell’elementarità testuale. YS su queste melodie funzionanti ricama testi derivati da quella banalità quotidiana che così bene riusciamo ad esaltare sui social, facendo né più né meno quello che il 90% di noi fa su di essi quotidianamente, soprattutto su Instagram. Il “filtro Young Signorino” realizza nenie dal tono che possiamo trovare di volta in volta scazzato, strafottente, irritante forse non tanto per l’atteggiamento del trapper in sé, quanto per il fatto che questi “cinque pezzi facili” sono un tarlo che rode, che colpisce/infastidisce l’orecchio restando impresso: è la melodia che ti entra in testa forzatamente e contro la tua volontà (“Mmm ha ha ha” docet), e che per questo fondamentalmente odi. E uno che ama dichiararsi “figlio di Satana”, come può non compiacersi di questo?
In conclusione, cosa dire di questo primo album di Young Signorino? Probabilmente siamo caduti nella sua trappola, perché l’aspetto provocatorio e furbo della sua musica – sul personaggio non ci pronunciamo – ci rende difficile un giudizio e ci riporta indietro fino alle vecchie diatribe sul Punk, con un’importante differenza di fondo: se il Punk nacque contro il sistema per poi venirne in parte assorbito (vedi alla voce Malcolm McLaren, Vivienne Westwood e Sex Pistols), Young Signorino nel sistema ci nasce e ci sguazza come un’entità incomprensibile, forse anch’egli costruito ad hoc, forse no, lo scopriremo solo vivendo… l’amore anomalo del suo EP può portare a premere subito il tasto stop o a riascoltare i dieci minuti scarsi di musica, a cercare gli altri suoi pezzi su Spotify o ancora a farci tornare ad ascoltare qualcosa di serio.
YS stuzzica e suscita le reazioni più disparate, difficilmente lascia indifferenti una volta ascoltato. Ad oggi è lui la grande anomalia, la “Grande truffa del rock ‘n’ roll” per cui il successo nasce dal non piacere ai più e, che ci sia o ci faccia, la sfida la sta vincendo lui… che nel frattempo realizza una situation song sulla vita in quarantena intitolata “Bilocale love life” e ci strappa furbescamente un sorriso, facendosi ritrarre come Raimondo Vianello ai tempi della sua mitica sitcom. Non c’è che dire, YS ci sta proprio fregando per bene.
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