No Review

No Review – Rise And Fall Of Academic Drifting dei Giardini di Mirò

GIARDINI DI MIRO’

Rise And Fall Of Academic Drifting

42 Records – 2001/2016

Rise And Fall Of Academic Drifting” non è semplicemente l’album di esordio dei Giardini di Mirò e non rappresenta soltanto l’inizio folgorante di una band che ha fatto dell’intensità il proprio marchio di fabbrica. A riascoltare quelle tracce, quindici anni dopo la loro pubblicazione per i tipi della label Homesleep Records, si ritrova intatto tutto lo stupore e l’ingenuità propria di una sorta di romanzo di formazione, tanto quegli otto brani sono intrisi fino al midollo di una potenza immaginifica del tutto inaudita nella scena indipendente italiana di quegli anni. Nel 2001 usciva “Rock Action” dei Mogwai, mentre l’anno precedente il collettivo canadese Godspeed You! Black Emperor dava alla luce il seminale “Lift Your Skinny Fists Like Antennas To Heaven”. In Italia non vi erano tracce significative di post rock la cui genetica innovativa è stata il volersi centrare sul suono come logos dell’anima, sulla sola musica come linea di demarcazione tra reale ed immaginario, metodo di decostruzione del mondo come strategia di riappropriazione. Con il suo fluire in una musica racchiusa nello spazio di 53,22 minuti di assoluto stupore, in una alternanza di quiete e laceranti deflagrazioni che descrivono inattese traiettorie circolari, “Rise And Fall Of Academic Drifting”, prodotto da Giacomo Fiorenza all’Alpha Earthbase Sound Laboratories, costituisce la pietra miliare di un genere da noi sino ad allora quasi del tutto sconosciuto. L’arpeggio dell’opener A New Start (For Swinging Shoes) è un impasto di malinconia e tensione emotiva, raccordata su una sorta di tema morriconiano da cui si dipana una trama che libera elettricità nell’aria, mentre il magnifico spleen della successiva Pet Life Saver, cantata da Matteo Agostinelli degli Yuppie Flu, è uno di quei brani che, se ascoltati in una determinata congiuntura della vita, ti rimangono dentro. The Beauty Tape Rider ha un incedere ed una struttura la cui attitudine rimanda ai Mogwai di “Mogwai Young Team”, così come Trompsø Is OK con i suoi intrecci chitarristici ed il suo vortice di luce furibonda. Pearl Harbor ha un corpo armonico sinuoso da cui si innesca una forma di avvolgente autocombustione sonica. Little Victories, cantata da Paul Anderson, è una pace assorta, una pioggia catartica che spegne l’incendio, così come il suadente decadentismo di Penguin Serenade. In chiusura, gli oltre nove minuti della title track sono una sorta di mini suite che contiene tutta la semiotica della band di Cavriago: la ciclicità della lentezza, la stratificazione e la trasformazione fino all’esaltazione in un empireo dove tutto diventa evanescente. Oggi, per celebrare il quindicesimo anniversario dall’uscita di “Rise And Fall Of Academic Drifting”, la 42 Records ha ripubblicato il disco in formato doppio LP, a cui fa seguito una mini tournée in cui i GdM suoneranno per intero la tracklist del disco. Come dire, non è mai troppo tardi per riscoprire simili meraviglie.

Giuseppe Rapisarda

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