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“Settled in Motion” di Emma McGrath – Parole di una generazione [Recensione]

Matura, emozionale, stabile. Così Emma McGrath si è definita dopo la pubblicazione del suo ultimo EP, che chiude la trilogia Silent Minds, iniziata nel 2018. Il suo cambiamento pone le radici nello stesso titolo, sintetizzando il suo “sbocciare” con le parole “Settled in Motion”: avviarsi, partire. Quasi un inizio dopo un “punto e a capo”. Forse un tocco in più, particolare, all’opera stessa, un regalo che l’autrice vuole farsi, affermando come questo titolo rifletta la comprensione di se stessa.

Definire questo EP come la sua migliore espressione personale è inconcludente, poiché per decifrare Settled in Motion (Silent Minds, pt. 3) non basta leggere le parole, serve conoscere un linguaggio nuovo. Serve comprendere quello che la giovane Emma definisce un “meccanismo mentale”, fatto di parole, musica e scelte. Una sorta di EP “ontologico”, che ripercorre la vita stessa dell’autrice e delle sue sensazioni.

Apprezzata in primo luogo dalla BBC, che in passato l’aveva nominata “Best New Pop” per il suo EP Keep Your Eyes Open, uscito appena un anno prima, dai toni decisamente più indie-pop, Emma McGrath non è decisa solamente a riconfermarsi. La cantautrice britannica vuole evolversi, con l’intento di raccontare parti di sé attraverso la musica, ottenendo un risultato efficace sotto molteplici aspetti, da quelli puramente tecnici a quelli più profondi, offrendo all’ascoltatore un’altalena di sensazioni, trasformando un pop mai banale in un viaggio nell’animo dell’artista.

Basta appena un secondo, una frazione di tempo, per iniziare subito a comprendere come ci si trovi dinanzi a qualcosa di assolutamente non comune: Say Something esalta in maniera ineccepibile la sua voce: potente, profonda e versatile. Caratteristica che viene coadiuvata da dolci note di pianoforte, che accompagnano l’ascoltatore verso un ritornello che sin dai primi attimi penetra nella testa, in un crescendo d’intensità degno di una lettura concitata e mai noiosa.

Con Mad About It la giovane cantautrice britannica si avvicina a strofe maggiormente velocizzate, sfruttando un riff di chitarra ed un giro accordi che inquadrano il brano dall’inizio alla fine, assieme ai vocalizzi di Abi Murray, Hannah Freeman e Jay Chakravorty.

Paradise rasenta la malinconia assoluta, combinata da una strumentazione dalle tinte meste e dal temperamento triste. Brano accompagnato dal videoclip ufficiale che vede figurare Emma assieme alla sua ragazza, esplicitando ancora una volta l’intento esplorativo dell’EP, alla ricerca del delicato equilibrio tra la musica e la sua vita personale. Paradise si riferisce alla ricerca dell’amore e alla paura che non possa realizzarsi.

Getaway Train è una ballata per pianoforte, un lamento scandito dalla voce straziante che descrive i sentimenti di solitudine derivanti dal seguire la propria passione. Con una delicata linea di piano, la voce dona forma alla canzone, danzando attorno alle note. Il tutto termina con un paesaggio sonoro di ondate di chitarra, omaggio ad autori come Sigur Ros.

Emma dichiarò di ispirarsi a Tracy Chapman per quanto concerne il canto, e incanta nell’ultima traccia, Stand By, dove alterna una voce profonda ad una ritmica discontinua rispetto al resto dell’EP. La canzone chiude un ciclo: riguarda lo stare insieme a qualcuno per poi rendersi conto che non si tratta della persona giusta: “Non è colpa di nessuno, ma siete entrambi cresciuti in direzioni diverse“.

Settled in Motion (Silent Minds, pt. 3) è probabilmente l’EP che meglio descrive la Emma di oggi, dai testi al suono, dalla ricercatezza degli strumenti alla consapevolezza di non creare un prodotto per tutti, unendo caratteristiche tipiche del pop moderno a qualcosa di veramente unico che si sposa con la sua voce, ottenendo un risultato sopra la media. Risultato che, in soli 16 minuti, narra non solo Emma McGrath, ma un’intera generazione.

A cura di Gabriele Rapisarda

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