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No Review – “Forma Mentis” di Umberto Maria Giardini: le cicatrici di un cielo senza stelle

Le canzoni sono oggetti sociali, contenitori di tempeste, singole parti di una definizione del mondo nella sua dimensione collettiva, oppure semplicemente di una storia interiore. La scrittura di Umberto Maria Giardini è la descrizione di una idea di vita che si riversa all’esterno attraverso una poetica surreale e scabrosa nella sua autenticità. A poco più di due anni di distanza da “Futuro Proximo”, il Nostro continua a percorrere una strada sempre più personale e profonda, controcorrente rispetto a qualsiasi convenzione o ragione di opportunità e, per questo, commovente per la verità dei suoi contenuti.

Non fanno eccezione le dodici canzoni del nuovissimo “Forma Mentis”, forse l’album in cui risalta maggiormente la cura di un suono che sembra saturarsi di vapori densi per poi rilucere come un’aurora boreale, cicatrice luminosa sull’epidermide di un cielo nero. “Forma Mentis” è probabilmente il migliore capitolo di quello che si può considerare come la seconda vita di Giardini in cui si compie il ciclo della maturità e della consapevolezza dei propri mezzi.

Le nuove canzoni hanno una potenza intrinseca nella loro impetuosità e sono avvolte in una assorta magniloquenza, frutto di una mescolanza di tradizione autoriale e spinte di indipendentismo culturale. Il risultato è qualcosa che lascia senza fiato in ogni dettaglio del disco, così come nei recessi di ogni singola parola, strumento di una strategia che punta a superare la realtà attraverso la metafora delle sue contraddizioni. Al centro di tutto c’è il suono delle chitarre, materiche ed inspessite come non mai, su cui ruotano i costrutti degli arrangiamenti che costruiscono le visioni dei brani a cui si unisce un cantato preciso ed intenso.

L’opener La tua conchiglia si pone in continuità con “Futuro Proximo”, ma è con la successiva Luce e la sua sottesa deriva radioheadiana che si accende subito la meraviglia. Dopo le cupezze di Pleiadi in un cielo perfetto, singolo che ha anticipato l’album, arriva la svolta hard psych prima con Argo e poi con Materia Nera, I miei panni sporchi e la strumentale Vortice Cremisi in cui si inalano spore progressive e grunge. Se in Le colpe dell’adolescenza ed in Tenebra ravvisiamo gli stilemi di Giardini, una menzione a parte meriterebbe la chiusura di Forma mentis in cui la chitarra di Adriano Viterbini crea screziature di fuzz riverberato. Il brano si sviluppa su due versanti, il primo dall’incedere quasi ipnotico e desertico in un’accezione stoner, il secondo è l’iperuranio delle forme, la quadratura perfetta dell’armonia, il vertice del disco.

Forma Mentis” è un disco difficile da dimenticare perché ti possiede sin da subito con tutto il fascino sinuoso di una malinconia a cui non si può non abbandonarsi.

Giuseppe Rapisarda

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