I Fufanu sono una band islandese che ha da poco pubblicato il primo EP della trilogia Dialogue Series, Dialogue I, il cui secondo episodio vedrà la luce il 24 agosto. Un lavoro che ha come sfondo i luoghi del tour e un dolore immenso, quale la perdita di un famigliare. Egle Taccia li ha incontrati per una chiacchierata su questo nuovo progetto e sul loro modo di concepire la musica.
Quali aspetti del Vostro percorso musicale vorreste che emergessero da Dialogue Series?
Che ci diverte fare quello che facciamo.
Ho letto che i 4 brani del primo ep sono nati durante il tour. C’è qualche luogo speciale che ha fatto da sfondo alla loro nascita?
Certamente, essi sono nati mentre eravamo in tour o nelle pause intermedie. La più ovvia connessione è stata quella di collegare Hourglass a Seattle (prossima risposta). Qualche demone si è impossessato di me in Sicilia e ci ho lavorato su mentre ero lì, altri mentre ero in Francia – ma sono onesto, e per essere onesti devo dirlo: ripensandoci non sono veramente sicuro di sapere in quale stanza d’albergo fossi la maggior parte delle volte ahahah.
Una delle canzoni, che avete scelto di far diventare singolo, parla di una perdita significativa. In Hourglass la musica diventa antidoto al dolore?
Ho perso mia nonna mentre ero in tour in America (Seattle ad essere precisi), e fu un enorme shock. Credevo in realtà che sarei stato sopraffatto dal dolore, ma quando mi ritrovai nello stesso atrio d’hotel nella stessa città, esattamente un anno dopo che mia nonna era scomparsa, ho realizzato che non lo ero. Avevo solo messo alcune emozioni in standby e da qualche non luogo la canzone è arrivata a me, e penso che alla fine quella canzone mi abbia aiutato.
Questi dialoghi sono anche concepiti come dialoghi tra generi che si mescolano nei vari brani. È un modo per abbattere le barriere grazie alla musica?
In realtà non penso che abbiamo mai visto barriere nella musica. Certamente alcuni elementi sono stereotipati dentro certi generi, ma se veniamo ispirati da questi elementi, perché non usarli? Quindi sì, c’è un dialogo tra i generi, ma non nel senso che abbiamo mischiato Hip Hop e Techno. Abbiamo soltanto mixato insieme le nostre ispirazioni musicali.
Il desiderio di essere trasversali vi porta ad odiare le etichette. Secondo voi perché oggi abbiamo bisogno di catalogare ogni cosa sotto uno schema?
Noi non desideriamo essere trasversali, è più corretto dire che non ci pensiamo, non ci interessa. Sì, in un certo senso odiamo le etichette, ma non in quel modo, semplicemente non riusciamo a comprenderle. Ogni cosa è più complessa rispetto a una singola etichetta. Ad essere onesti, penso che se avessi una risposta a questa domanda, sarei un filosofo o uno psicologo.
Domanda Nonsense: Vi abbiamo visti a Catania durante l’ultima edizione di Zanne Festival. Qual è stata la cosa più buona che avete mangiato in Sicilia?
Da “Un angolo di Mondo”, a Capo Mulini, abbiamo gustato dell’ottima pizza. Sette insoliti tipi di pizza uniti a vino di produzione locale e dolci. L’atmosfera, la location e il cibo sono stati una vera esperienza.
