E’ stato pubblicato il 2 marzo, per Bomba Dischi/Universal Music Italia, Touché, l’album di esordio di Mésa, che trae spunto dalla scherma per parlarci di tutti quei momenti che in qualche modo l’hanno toccata e l’hanno spinta a reagire.
Egle Taccia l’ha incontrata per conoscere meglio l’album e la sua storia.
Ciao Mèsa, benvenuta su NonsenseMag. Il tuo nome mi ha colpita. A parte la chiara assonanza col tuo cognome, ci dici cosa rappresenta per te?
Mio nonno ha sempre avuto nel suo studio un documento molto antico incorniciato e appeso al muro che racconta l’origine del mio cognome che pare sia spagnolo. Poi non lo so se è vero, però mi piaceva perchè suonava esotico e perchè comunque non si allontana molto dal mio vero nome.
Hai origini siciliane, terra che ha dato i natali a due grandi cantautrici come Carmen Consoli e Levante. A quale delle due ti senti più vicina?
Nonostante la maggiore distanza generazionale mi sento più vicina alla Consoli che vabbè, non c’è bisogno che lo dica io, è forse la prima che viene in mente quando si parla di musiciste italiane. L’ho sempre reputata una grande, in primis per le canzoni e poi perchè è una che se ne sta in disparte, ogni tanto riappare e fa un disco bellissimo e poi scompare di nuovo in Sicilia.
Hai da poco pubblicato per Bomba Dischi il tuo album d’esordio, dopo un ep omonimo, dal titolo Touchè. È un disco che parla di ferite, di sconfitte?
Sì, è un disco che parla dei piccoli smacchi della mia vita, che poi credo siano quelli della vita di tutti.
Quanto è importante nella vita saper ammettere le proprie sconfitte, per poter ricominciare con una nuova consapevolezza?
Molto. almeno per me fin’ora lo è stato per scrivere delle canzoni.
Parliamo dei suoni, come hai sviluppato gli arrangiamenti del disco? Quali influenze volevi catturare nei tuoi brani?
A me piace la musica indie americana e volevo che il mio disco suonasse come quelli che mi piace ascoltare. I riferimenti sono molti: dai Pixies a Angel Olsen a Elliott Smith, ma anche tante altre cose che non c’entrano niente con quel mondo là.
Nel tuo album si sentono le chitarre! Ti piace essere fuori moda? ☺
Ma sai la moda è una roba che poi passa, a me le chitarre piacciono e quando fra 15 anni risentirò questo disco penso che mi sentirò ancora molto rispecchiata da quello che è uscito fuori. Magari fra un po’ le chitarre tornano di moda e succede un casino!
C’è un brano a cui ti senti più legata?
“Non me lo ricordavo”, forse.
Sei la prima donna ad entrare a far parte del roaster di Bomba Dischi. Com’è stata la gavetta che ti ha portata ad una delle etichette più influenti del panorama indie?
Dopo l’ep ho suonato tanto nelle situazioni più disparate, diciamo che mi sono fatta conoscere nella mia veste più acustica e poi niente, l’estate scorsa è arrivata la proposta dai bombi, che già conoscevo da prima, ed eccoci qua.
Immagino che per una donna dev’essere il doppio più difficile farsi conoscere rispetto ai colleghi uomini…qual è stata la tua strategia per arrivare al pubblico e cosa consiglieresti alle tue colleghe che stanno provando a conquistare un posto nel panorama musicale?
Mah, questo forse non dovresti chiederlo a me, ma a chi già è arrivato ad un grande pubblico! Io sto iniziando adesso questo percorso e senza neanche particolari strategie, ma non perchè sono fica, ma solo perchè faccio fatica a stare dietro al discorso dell’immagine, dei social, eccetera. Io alla fine per il momento mi sono limitata a fare un disco che a me suonasse bello e a fare dei concerti godibili. Ne riparliamo fra un po’ di tempo e ti saprò dire se questo atteggiamento è vincente o se mi dovevo fare le meches 🙂
Domanda Nonsense: E’ stato difficile imparare il barrè?
Sono passati circa 15 anni, ma mi ricordo che è stato un botto difficile concentrare tutta quella forza sul solo indice. Menomale che è andata!