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BIBA: LA POTENZA NARRATIVA DELLA MUSICA [Intervista]

“Con le paure fra i denti/ E i giorni contati/ Mi hai visto amare in silenzio.” Così canta Benedetta Barone, in arte Biba, nel suo ultimo singolo, “Venere”, uscito il 23 aprile per Romolo Dischi. Biba, 24 anni, è una cantautrice romana giovane e vulcanica. L’abbiamo incontrata per farci raccontare della sua passione e dei suoi progetti, passati, presenti e futuri.

Intervista a cura di Chiara Trio

Come e quando nasce Biba e la sua passione per la musica?

Biba è un progetto nato quando avevo 15 anni. Ho iniziato a suonare, a comporre i miei primi brani da sola, prima in inglese, quasi per timore o imbarazzo nell’esprimere alcuni concetti in italiano. Poi è diventato difficile continuare a comunicare soltanto in inglese. Il progetto si è trasformato negli ultimi anni, assumendo una veste diversa. Non ero più da sola in formazione acustica, ma avevo dei ragazzi ad esibirsi insieme a me, con cui ho creato un rapporto umano, oltre che lavorativo. Così siamo cresciuti da tutti i punti di vista, fino ad arrivare ai brani pubblicati fino a questo momento.

“Venere” è il tuo ultimo singolo. Qui parli di un amore tossico. Ma quanto c’è di Biba?

Purtroppo o per fortuna, quando scrivo sono quasi del tutto autobiografica. Cerco di proiettare la mia visione del mondo. È il brano a cui sono più legata, essendo più “carnale”.

Anche in “Senza Paura”, se vogliamo, parli di un amore sofferto. Eppure, sembra quasi ci sia un cambiamento nel modo in cui lo racconti. Sembra che in “Venere” ci sia un’energia maggiore.

Ho composto “Venere” prima di “Senza Paura”. È stato uno sfogo. Un urlo di risposta alla consapevolezza di vivere una relazione malata. “Senza Paura” è, invece, rassegnazione, amarezza.

Come trasformi questa tua rabbia nel processo compositivo? Come nascono le tue canzoni?  Ritualità o istinto?

Istinto. È un percorso che parte da un momento epifanico, in cui avverto il bisogno di comunicare. Non ci sono regole, non c’è uno schema definitivo. Ogni volta è diverso. C’è solo il giusto equilibrio tra note e parole. Così, si forma lo scheletro della canzone, da cui partire per costruire.

Per molti artisti l’ultimo anno e in particolare il periodo di lockdown hanno dato vita a un’officina creativa incredibile. Anche per te è stato così? Come hai vissuto la tua arte negli ultimi mesi?

Mi dispiace deludere le aspettative, ma purtroppo non è stato così anche per me. Per vivere la musica, ho bisogno di vivere esperienze. La mia benzina non è la solitudine, ma relazioni sociali e situazioni il più possibile diverse tra loro. Ero artisticamente bloccata. Mi sono trovata di fronte alla necessità di reinventarmi. Sono riuscita a farlo grazie a “Senza Paura”, l’unico pezzo scritto in quarantena. Ho deciso di pubblicarlo come secondo singolo anche in maniera simbolica, per dire soprattutto a me stessa cosa è stato quel periodo.

Pensi che adesso sia più facile emergere grazie ai social, alla musica digitale e alle etichette indipendenti che si moltiplicano o ritieni che sia paradossalmente più difficile per via di una “sovrabbondanza” all’interno del mercato musicale?

Sembra possibile a tutti diventare qualcuno e avere la possibilità di farsi notare, eppure credo che in realtà sia ancora più difficile. Si è abbassata la barriera di selezione. Tutto è considerato valido e degno di un giudizio. Molto si perde, perché la quantità della produzione artistica è notevole, legata ad un sistema democratico che permette a tutti di inserirsi. La sfida è farsi notare: il mondo musicale non è più un lago, ma un oceano.

Cosa dobbiamo aspettarci da Biba nel futuro prossimo? Quali sono i progetti a cui stai lavorando?

Ci mancano i concerti. Siamo nati con i live e speriamo di poter riprendere quanto prima. Speriamo anche di far conoscere quanto più possibile i primi tre singoli, in modo da poter pubblicare i nostri nuovi lavori.

Written By

Studentessa di Comunicazione per le Imprese e dottoressa in Economia dei Beni Culturali e Dello Spettacolo, ha 22 anni, ma al suo primo concerto era nel passeggino, mentre Ligabue urlava contro il cielo. "Il favoloso mondo di Amélie" è il suo film preferito, forse perché, come la protagonista, lascia la testa sulle nuvole, abbandonandosi a una realtà fatta di libri, musica, cinema, teatro e podcast.

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