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No Review

No Review – Planetarium, un disco per l’universo

“Planetarium”

Sufjan Stevens, Nico Muhly, Bryce Dessner e James McAlister

Secondo Walt Whitman una foglia d’erba contiene tutto un giorno di lavoro dell’universo. Ecco, la questione che “Planetarium” pone è molto vicina a questa citazione, ed è la seguente: “un giorno di lavoro dell’universo può essere contenuto in un disco?”.
Ebbene, la risposta è sì se gli autori sono Sufjan Stevens, Nico Muhly, Bryce Dessner e James McAlister.

In questo senso, infatti, “Planetarium” è un affresco, un’unica grande traccia di 76 minuti con cui gli autori provano a dipingere l’incessante moto dei pianeti, delle stelle, delle comete, e a dare agli ascoltatori una veduta integrale dello spazio.

Si tratta di un album a forte vocazione totalitaria, con cui gli Stevens e gli altri hanno provato a rinchiudere tutti i suoni del cosmo. Il disco, fin dalle origini, nasce da un continuo ricamo dei quattro autori, che hanno provato a versare nelle tracce un pezzo dell’universo ciascuno.

Il lavoro, infatti, è il frutto una serie di stratificazioni, createsi man mano che i vari artisti hanno unito le proprie forze al progetto. Così, dopo che Nico Muhly – già arrangiatore per The National e Sigur Rós – ha realizzato la prima impalcatura del disco, sono sopraggiunti Stevens e Dessner, che ne hanno creato il nucleo originale. McAlister è arrivato ultimo ed ha dato vita al telaio ritmico di “Planetarium”, fondamentale nel contesto dell’album.

Il risultato è strabiliante.
Planetarium” è un’incredibile amalgama di suoni elettronici perfettamente fusi con gli analogici e tutti connessi dalla voce di Stevens.
Proprio la sezione vocale ha un ruolo fondamentale, perché la voce da sola, con le sue poche variazioni e con la sua costante modulazione, rappresenta il collante che dà a tutto il disco la sua organicità.

La registrazione e la sovrapposizione delle numerose sonorità, poi, è certamente il frutto di un lavoro di estrema precisione.
Basta notare che per tutti i 76 minuti i passaggi – sia tra i pezzi che all’interno di una singola traccia – sono ricamati in maniera perfetta e graduale, contribuendo alla creazione di quell’amalgama di cui si diceva sopra.

Le tracce sono ricche e non stancano mai.
Perfino il pezzo più lungo Earth, della durata di ben 15 minuti, scorre via in un lampo. La traccia è una smisurata preghiera rivolta al mistero della creazione, un coro angelico che si alza e prova ad avvolgere tutto, questo perché gli “halleluja” che Stevens pronuncia sembrano provenire dalla bocca di un Serafino piuttosto che dalla sua.

In generale, però, tutto il lavoro è molto ben equilibrato, e  non c’è nessun pezzo che prevalga decisamente sugli altri. Inoltre, i contenuti sono molto vari, passando dalle vette vocali di Uranus, in cui i picchi dei cori dominano, alla potenza del synth e dei bassi di Saturn.

Ma se ciò non bastasse, occorre notare che gli autori non sono riusciti a fuggire la tentazione di dare a “Planetarium” un carattere pseudo-scientifico. Per tutti basti pensare a Black hole, micro traccia di 30 secondi, con cui Stevens e compagnia provano a spiegare all’ascoltatore il rumore che fa un buco nero, che assume – nell’immaginario degli autori – il suono di una costante radiazione, di un brusio.

Insomma nell’album c’è di tutto e tutto è perfettamente organico e chiaro, tanto che non è azzardato dire che con un’ora di ascolto di “Planetarium” si capisce molto di più dell’universo che con un manuale di astronomia.

Andrea Costa

Written By

Avvocato con la passione della musica, dei viaggi e della politica. Dopo anni fuori casa è rimpatriato nella sua Sicilia. Per lui tanto tempo d'appresso al suo strumento: il basso. Al suo fianco esperienze che spaziano dal classic rock, al funky al crossover.

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