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“Mete”, il nuovo album di Alex Ricci: un mix di sonorità sotto il segno del blues. Intervista

“METE” è il terzo album da solista di Alex Ricci, pubblicato da Freecom e Cosmica con il contributo del Nuovo IMAIE.
Anticipato dai singoli “Dimmi”, “Sempre ti porterò” e “Difendi con i denti”, “METE” racchiude molteplici sonorità e rappresenta a pieno la visione che Alex Ricci ha della musica. “METE” è un perfetto crossover tra il primo album Gonna Rossa (2013) e il secondo La Verità (2021).
Durante questo ultimo lavoro è nata una grande sinergia artistica tra Alex e il Producer Daniele ”Bengi” Benati, quasi potendo dire che questo è un album fatto a quattro mani!
Ogni brano ha la sua identità e il suo spazio di ambientazione, una direzione precisa ma diversa da una traccia all’altra. L’ascoltatore vuole essere trasportato in luoghi e sonorità lontane: il Blues, il Soul, il Cantautorato, il Pop, la World Music e il Folk, generi diversi che vengono raccontati attraverso le chitarre e la voce di Alex. L’ultimo singolo, pubblicato il 20 febbraio, “Difendi con i denti” è un vero inno al Blues, un genere che Alex Ricci ama più di qualsiasi altro, che ha sviluppato in quasi 30 anni di ricerca in modo credibile e intenso. 10 brani divisi fra 7 canzoni e 3 strumentali, “Capodatri” è un brano strumentale dedicato al quartiere di Atri (Te) dove Alex Ricci è cresciuto, suonato con la chitarra classica puntando a sonorità evocative. In “Comu du uè uè” Alice Ricci, figlia di Alex, canta per la prima volta una canzone del papà.

 

Intervista di Chiara Trio

 

La realizzazione dell’album è stata possibile anche grazie alla stretta collaborazione con Daniele “Bengi” Benati. Come avete strutturato il lavoro?

In un progetto musicale la figura del produttore è fondamentale, in quanto guarda l’artista dall’esterno. Nel mio caso, durante la scrittura e la pre-produzione dell’album ho avuto dei blocchi o delle indecisioni, ma Bengi con la sua esperienza sia da produttore che da ottimo autore ha premuto i bottoni giusti, riattivando la mia creatività. Lavorando insieme alla stesura e alla produzione delle dieci tracce è nata una grande sinergia artistica e non ti nego che stiamo già pensando ad un nuovo album insieme.

Ami mischiare i generi, ma c’è uno stile in cui ti identifichi maggiormente? Se si dovesse usare un’etichetta per descriverti, come ti definiresti?

Miscelare i generi e le sonorità mi piace molto. “Gonna Rossa” (2013) e “La Verità” (2021), per esempio, sono album che come “Mete” toccano moltissime ambientazioni sonore. Il blues è sicuramente il linguaggio che amo di più e dopo trentacinque anni di ricerca e di studio sulla chitarra penso di aver sviluppato un mio sound riconoscibile e personale.  

C’è un concept che unisce e collega le canzoni all’interno dell’album?

No, non è un vero e proprio concept album, ma sicuramente i viaggi intesi come “Mete” legano insieme queste tracce molto diverse tra loro e fanno sì che l’ascoltatore venga trasportato in tanti luoghi. Questa è la mia speranza. 

Riesci a immaginarti senza la tua chitarra?

La chitarra è il fulcro della mia vita. Non riuscirei a vivere senza suonare, fin da piccolo desideravo diventare un grande chitarrista. Negli anni, ho capito che in Italia non è facile vivere di musica (e di arte) e la colpa non è solo della scuola, ma anche della televisione e delle radio che hanno creato ascoltatori poco preparati, a tratti  sordi e disinteressati. Spesso i live di adesso catturano il pubblico con le luci e con gli effetti speciali, mentre la musica sembra di contorno. Ecco perché molti artisti internazionali non fanno tappa in Italia.

Hai lavorato anche fuori dal nostro Paese, come nel Regno Unito e in America. Che differenze hai notato nei Paesi esteri che hai visitato rispetto al contesto musicale italiano?

Lavorare all’estero è molto stimolante, in Inghilterra, negli Usa, ma anche in tanti Paesi europei come Francia e Germania. C’è un’elevata cultura musicale e nei concerti la gente ascolta con attenzione e rispetto, abituata sin da piccola ad andare a teatro ad ascoltare i dischi che hanno fatto la storia della musica.

Written By

Studentessa di Comunicazione per le Imprese e dottoressa in Economia dei Beni Culturali e Dello Spettacolo, ha 22 anni, ma al suo primo concerto era nel passeggino, mentre Ligabue urlava contro il cielo. "Il favoloso mondo di Amélie" è il suo film preferito, forse perché, come la protagonista, lascia la testa sulle nuvole, abbandonandosi a una realtà fatta di libri, musica, cinema, teatro e podcast.

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