A restituirci un quadro completo della generazione Zeta e, in particolare, dei nati nel 2001, ci avevano già pensato gli Psicologi (Marco de Cesaris e Alessio Aresu) qualche anno fa. Eppure, Giuseppe Puleo, in arte Giuse The Lizia, sembra intenzionato a continuare su questa strada, facendosi portavoce di una narrazione sincera e senza fronzoli di quella parte di giovani in bilico appartenenti ai primi anni del 2000 o, al massimo, a poco prima.
Ai Magazzini Generali, il 19 ottobre, ci sono i Colla Zio, Alfa e Olly a guardarlo esibirsi, oltre a circa 1000 persone che hanno fatto registrare il sold out alla tappa milanese. È il suo primo tour, ma sembra, in realtà, abbastanza a suo agio nel contesto del live, come se lo facesse da sempre. Si diverte, scherza, ringrazia Maciste Dischi (la sua etichetta discografica) e Sarubbi che lo hanno “scoperto”, omaggia gli Arctic Monkeys con 505 e, inaspettatamente, Arisa, con Meraviglioso amore mio, definendola una delle migliori interpreti italiane del momento. Persino i tributi assorbono il suo stile, collegandosi musicalmente in un giro di accordi alle canzoni che ha scritto e che parlano chiaro e tondo di giovani non più ragazzini, ma nemmeno così adulti. Umani inesperti che si interrogano su vita, amore e sulla direzione da prendere, offuscata e poco visibile.
Il pubblico è vivo, entusiasta, le canta tutte a memoria e a gran voce ed è forse questo che sorprende, se si pensa al percorso di Giuse: nel giro di soli due anni, ha attratto a sè moltissimi ragazzi in quella precisa fase esistenziale dove puoi essere tutto, ma, in fin dei conti, non sai bene dove andare. Dove l’amore si confonde con il sesso e non sai se l’hai capito davvero questo fantomatico sentimento o se ciò che hai in mente è soltanto il prodotto di concetti e immagini che hai immagazzinato nel tempo, guardando gli altri da lontano. Dove ti fai male in tutti i modi possibili e, a volte, non sei davvero così sicuro che ne uscirai bene, fino a che non arriva qualche amico a salvarti e a portarti fuori di te.
Giuse The Lizia sul palco non è niente di diverso da quello che è tra i vicoli di Bologna o tra i corridoi dell’università. Si mostra profondamente giovane, mai profeta, semmai megafono per molti. Una maglietta, dei jeans e una chitarra, per cantare l’incertezza di un tempo che fa paura, ma che, tutto sommato, fa venire voglia di vivere davvero.