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Intervista a cura di Egle Taccia
Mi parli del progetto Pearz?
Il progetto Pearz era un’idea che avevo in testa da un bel po’ ma che per un motivo o un altro non riuscivo mai a mettere in piedi. Fondamentalmente perché all’inizio buttavo giù spunti con l’intento di canzone con un cantato e, visto che non ho una grande voce, questa cosa mi bloccava molto non riuscendo a trovare melodie interessanti. Poi sono riuscito a trovare una forma di scrittura che uscisse da quei canoni di canzone andando in una direzione strumentale e il progetto si è così sbloccato da solo in maniera molto organica.
“Nocturnal” è il tuo EP d’esordio. Cosa possiamo trovare al suo interno?
Al suo interno si possono trovare cinque brani strumentali che si susseguono con un’idea di narrazione di una serata di quelle che quest’anno non siamo riusciti a fare. Si parte in maniera abbastanza sostenuta, per concludere con sonorità più morbide per la fine della nottata.
È un inno alla notte?
Più che un inno alla notte, è un inno alle nottate passate e, speriamo, a quelle future. Sono sempre stato un animale notturno, anche da bambino rimanevo a giocare a Lego fino a tardi. È come se la notte risvegliasse in me un’energia che di giorno tengo imprigionata, quindi uscire diventa per me necessario.
Quanto e in che modo la tua vita a Londra ha influenzato questi brani?
Ho vissuto questi ultimi anni in una metropoli che ha accentuato questa mia voglia di stare fuori la notte, di andare a vedere concerti, di finire in situazioni uniche, un po’ alla “Fuori orario” di Scorsese per intendersi. Ho scritto questi brani durante il primo lockdown di marzo-aprile, quando, per la prima volta, questa città euforica si è spenta. Faceva effetto stare nel mio piccolo appartamento e la notte non sentire rumori e non vedere nessuno per la strada se non le volpi.
Cosa c’è invece di italiano nel tuo modo di comporre?
Penso che il modo in cui ho cercato di approcciare l’utilizzo degli archi riporti molto alle colonne sonore italiane degli anni 60/70. Si vede che ho assorbito certe sonorità, in quanto negli ultimi anni sono state le cose che ho ascoltato con maggior frequenza e attenzione. C’è a nostra disposizione un catalogo vastissimo di alta qualità, ci sono molte ristampe di gemme che fino a poco tempo fa erano introvabili.
Il disco ha risentito della tua passione per le colonne sonore. Se “Nocturnal” fosse un film, quale sarebbe la sua trama?
È una storia solitaria che parte dal finale di una cena con “Caffè Corretto”, segue un’uscita fuori per andare a un concerto, a un club, a una festa privata e iniziare a divertirsi (“0:54 AM”). Con “At All Hours” si raggiunge il climax della serata, che può essere un incontro con una persona nuova o un ritrovo con amico/a che non si vedeva da tanto, ma anche l’apice del bere, un’assunzione di qualcosa che altera il proprio stato portando il senso di euforia al massimo. Infatti, il groove cambia e, per esempio, le percussioni spariscono e il tempo delle canzoni via via si rilassa. Con “Islands” si torna verso casa: ho scelto questo titolo pensando alle council house di Londra, anche perché vivo in una di quelle; ci sono tanti appartamenti vicini tra loro ma staccati allo stesso tempo, come se fossero delle isole, anzi delle isole nell’isola. Con “Cryonics” infine concluderei il film, con i raggi di sole che si intravedono e quell’aria zuccherosa e fresca che accompagna le prime luci dell’alba.
Domanda Nonsense: Qual è il momento migliore per un caffè corretto?
Direi di solito dopo una bella cena, oppure la mattina se la serata precedente è stata lunga. A voi la scelta!