Un percorso autobiografico in forma semi-strumentale, un’altalena emotiva costruita su melodie distorte, chitarre e pedaliere analogiche.
E’ il tormentato viaggio musicale di Tom Dilein nel suo “Alter Ego”, Ep di 6 brani disponibile all’ascolto dal 18 dicembre 2020, pubblicato in formato fisico da Beta Produzioni e distribuito in digitale da Artist First.
Nei 18 minuti di “Alter Ego”, Tom Dilein ci conduce nell’intimità della propria psiche, ripercorrendo in chiave sonora i propri traumi: la depressione scaturita da un grave incidente, con il conseguente isolamento nei boschi della sua Versilia prima del ritorno in una città, Firenze, in cui non si riconoscerà più fino in fondo.
“Alter ego” è un’inesorabile e terapeutica discesa nell’Io profondo, dove spesso convivono anime differenti e in conflitto tra loro.
“Quando in una mente alloggiano due personalità c’è sempre un conflitto / una battaglia. La battaglia è finita / e la personalità dominante ha vinto” – (“L’altro” – “Psycho”, 1960).
Intervista a cura di Egle Taccia
Partiamo dal titolo: come mai “Alter Ego”?
La parola racchiude nel suo significato una sorta di paradosso. Come può esistere un “Altro io” diverso da quello che già conosciamo? L’Io si dà per scontato che sia “Unico”, uno soltanto.
Con l’espressione Alter Ego si mescolano le carte in gioco. Si intuisce che questo “Altro” non lo conosciamo, ci è estraneo, ed oltre a essere distintamente opposto a noi forse ci è anche ostile.
È un disco che parla del nostro lato oscuro?
Tutti noi abbiamo un lato luminoso ed un lato oscuro. Alcuni hanno un accento più evidente sull’uno che sull’altro, altri hanno parti molto omogenee tra loro ed altri ancora hanno opposizioni troppo forti e si trovano in difficoltà nel capire quale sia la loro parte “giusta”, il vero “Io”. Nel mondo di oggi siamo continuamente distratti, abituati ad ignorare noi stessi e a non dedicarci del tempo per osservare cosa si cela dentro di noi. Certamente non è facile, ed è qualcosa che va fatto con costanza e determinazione. Ma è proprio lì che ha origine la maggior parte dei nostri comportamenti, delle nostre pulsioni e dei nostri desideri. La comunicazione interiore tra queste parti è fondamentale per la stabilità della propria identità e del proprio equilibrio. Se le parti non comunicano tra loro o se si ignora, magari in maniera inconscia, l’esistenza di parti diverse, subentra un conflitto interiore che può essere più o meno forte in relazione al tipo di persona: in alcuni può creare grosse difficoltà mentre in altri no. Siamo tutti diversi in questo.
Qual è stata la scintilla da cui è partito questo viaggio interiore?
Credo che uno dei più importanti doveri nella vita sia imparare ad amarsi. Alimentando se stessi si alimentano anche gli altri. Una persona affamata non può nutrirne un’altra. Non potremo mai essere in completa armonia con gli altri se non impariamo ad amare prima noi stessi. Questo non è possibile se non si ha voglia di conoscersi a fondo, se non si è disposti a scoprire ogni propria caratteristica e peculiarità. É un compito da cui non possiamo sottrarci. La scintilla da cui è partito questo viaggio interiore si è accesa quando ho capito che non potevo più esimermi dal farlo.
È stato difficile guardarsi dentro e trasformare le proprie emozioni in musica?
Da piccolo ascoltavo moltissimo la musica grunge, nella quale mi riconoscevo maggiormente. Nella musica di Kurt Cobain o di Layne Staley non percepivo altro se non l’emotività delle loro anime, il loro bisogno di espressione a qualunque costo. Quando mio fratello mi regalò la prima chitarra elettrica per il mio 14esimo compleanno, iniziai da subito a scrivere sgraziati e acerbi brani che, imperfetti e scoordinati, tentassero di disegnare il mio spirito. Erano qualcosa in cui potevo riflettermi. Avevo l’ossessiva necessità di esprimere e tirare fuori ciò che mi accadeva dentro, ispirato dal sound noise delle chitarre dei miei idoli. Lo facevo solo per me. Non mi è mai interessato fare musica per il piacere di fare musica o per la passione dello strumento. Crescendo ho imparato a sviscerare le emozioni e gli stati d’animo, così da riuscire a comprenderli ed esprimerli meglio nella composizione artistica.
In che modo i boschi della Versilia ti hanno aiutato a sconfiggere i tuoi demoni?
La mia crescita nel bosco è stata una meraviglia, quanto una maledizione. Molti di quei demoni hanno trovato modo di evolversi e nascondersi proprio nelle ombre degli alberi e nell‘incantato silenzio di quel vasto contesto naturale. Allo stesso modo, ciò ha enfatizzato la mia sensibilità, mi ha insegnato a vivere immerso in essa per ascoltare quei silenzi e imparare a comprenderli, per scoprire così che erano pieni di informazioni.
Ci parli dei campionamenti vocali che hai inserito nei pezzi?
Le voci nell’EP sono tratte da doppiaggi italiani di alcuni film anni ‘50. In particolare, le voci delle storiche doppiatrici Tina Lattanzi e Wanda Tettoni mi hanno sempre attratto moltissimo. Le conobbi da piccolo perché doppiarono alcune “streghe cattive” nei film della Disney. Quelle voci mi impaurivano e mi affascinavano. Ho pensato che la loro altera ed inquieta enfasi fosse perfetta per impersonificare l’Alter Ego.
Domanda Nonsense: Buio o luce?
Sappiamo tutti che non esisterebbe la luce senza il buio. La vita stessa ha origine nell’oscurità.
Citando Terence McKenna: “L’emergere della vita, dall’oscura crisalide della materia”.
La lotta tra buio e luce è interminabile, ma da ognuna di queste battaglie abbiamo sempre qualcosa da imparare.