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No Interview – Edda: “Alla melodia preferisco la parola”

Abbiamo incontrato EDDA, artista che ha fatto la storia della musica punk in Italia con i Ritmo Tribale, che lo scorso anno ha pubblicato per Woodworm un nuovo album dal titolo “Graziosa Utopia”. L’album è un concentrato di stile, al cui interno sono racchiuse delle perle preziose come “Spaziale”, è prodotto e suonato da Luca Bossi e Fabio Capalbo e vede la partecipazione di ammiratori di Edda, come Federico Dragona dei Ministri e Giovanni Truppi.

Intervista a cura di Egle Taccia

Cosa nasconde questa “Graziosa utopia”?

Dieci canzoni di musica leggera italiana, perché cantate in italiano…dieci canzoni, niente di più, non sono un filosofo e non sono neanche un cantautore e l’essere chiamato cantautore mi dà fastidio, spero che nessuno abbia l’intenzione di chiamarmi così. A me basta cantante, perché troppe parole sulle canzoni non mi piacciono; se poi sono parole intelligenti tanto meglio, però preferisco sempre la melodia alla parola. Una bella canzone, per me, è una canzone che ha una bella melodia, se ha solo belle parole ma le melodie non ci sono, non è una bella canzone, quindi questo potrebbe essere l’ingrediente di Graziosa Utopia e dei prossimi dischi che farò.

Quindi non ti piace chi vuole sperimentare a tutti i costi, a discapito della melodia?

Se si tratta di sperimentazione musicale, fatta con gli strumenti, mi va bene tutto, perché un mio grosso cruccio è quello di non essere un grande musicista, di non sapere suonare la chitarra, che è poi il mio strumento, e almeno quello vorrei saperlo suonare. Mi va benissimo la musica, in quanto fatta di note, che possono essere note di strumento o di voce, anche se io preferisco la melodia. Quello che intendo è che nel modulo canzone preferisco che ci siano canzoni come quelle che ascoltavo io negli anni ’70, non mi piacciono le troppe parole, a quel punto mi leggo un libro, anche perché poi io ho la capacità di concentrarmi di un nanosecondo, per cui, o mi ripeti la stessa parola per venti minuti e forse la capto, se no mi sfugge. E’ un mio gusto, non dico che gli altri debbano fare così, però per me la canzone deve essere così.

A proposito degli anni ’70, all’interno dell’album c’è un brano stupendo che ripercorre un po’ quella storia, mi riferisco a Spaziale. Com’è nato?

Io di solito creo canzoni ascoltando canzoni di altri, mentre sono lì ascolto qualcosa e in quel momento si accende una lampadina, questo invece è l’unico pezzo che è nato in maniera diversa, in uno stato emotivo un po’ particolare, perché mi erano successe alcune cose personali. Senza ascoltare musica mi è venuta in mente questa melodia, che è esattamente una canzone negli stilemi della musica anni ’70, una canzone alla Mina insomma, e l’ho fatta, anche se oggi ascoltando l’ultimo disco degli Strokes, quello di tre anni fa, ho pensato “ecco se potessi fare un disco così raggiungerei la perfezione per me”, perché ha il giusto mix di melodia, tra l’altro molto particolare e molto interessante, in un intreccio di chitarre bellissimo e poi io, non capendo una parola d’inglese, intendo le parole come dei suoni. Chissà cosa diceva con queste parole, ma me ne fotto altamente, per questo prima ti dicevo che quello deve essere la musica per me, melodia e suono.

Nell’album sembra che l’amore intervenga come una liberazione e dia un senso di salvezza. Lo intendi così?

Dipende, se si tratta dell’amore tra un uomo e una donna, quello nostro, terreno, è sì fonte di piacere, ma anche di tante tragedie, perchè in realtà l’amore materiale ha anche delle sfaccettature di grande tragedia. Nell’amore tra uomo e donna, nell’amore della famiglia, dei padri, delle madri, delle fidanzate ci sono sì delle belle storie, ma anche storie di grandi drammi. Se lo intendiamo in un’accezione salvifica, questo amore salvifico esiste, ma bisogna spostarsi sul piano spirituale, in una dimensione a noi sconosciuta. L’amore salvifico lo vedo solo nella sfera spirituale, nella sfera materiale sono gioie e dolori. Fare il panegirico dell’amore vorrebbe dire non avere mai avuto una ragazza, sappiamo tutti come vanno i rapporti, vanno bene, poi vanno male, poi tornano ad andare bene. Non è lì insomma la salvezza, però quando si è fortunati aiuta.

E l’amore per la musica?

Effettivamente il suono ha qualcosa di spirituale, quindi ben venga la categoria dei musicisti, bravi o cattivi che siano. Io ovviamente non mi reputo un musicista, ma almeno so apprezzare dei grandi musicisti tipo gli Strokes. Poi magari ci sono musicisti come me, che non sono propriamente all’altezza, però magari qualcosa di buono la faccio anch’io. Poi ci sono quelli pessimi, che fanno veramente schifo, e magari sono anche molto osannati, ma lì è una questione di karma… La categoria in sé dei musicisti la trovo una categoria gloriosa, per cui va bene fare musica e ognuno fa quello che gli riesce.

Chi comincia a fare musica oggi si deve scontrare col mondo dei social. Pensi che questi strumenti stiano influenzando il modo di scrivere degli artisti più giovani?

No, anch’io ho usato un social prima che capissi che cosa fossero questi social. Youtube è un social? Quando ho iniziato a usare youtube, non sapevo neanche cosa fosse, infatti il computer era di un mio amico, io non ce l’avevo in casa (io sono veramente di un’altra epoca), ma non ne sono stato influenzato, quello ero e quello sono rimasto, le note sono quelle, non è che perché adesso c’è internet le note sono diventate diverse. È un mezzo diverso, ma la musica rimane musica, se la metti su un disco o la trasmetti usando internet non cambia tanto. È un mezzo in più, una possibilità in più per fare circolare molta più musica, e questa la trovo una bella cosa.

Ha aiutato molto gli indipendenti e tutti quelli che non hanno una grossa etichetta alle spalle…

Aiuta chiunque a fare musica e questo mi sembra giusto. Se poi dovesse fare musica solo chi va al conservatorio la vedo triste. Non avremmo avuto Jimi Hendrix, i Led Zeppelin, non avremmo avuto il rap e in quel caso magari io sarei stato più contento, però in realtà tanta gente invece si esprime usando il rap, con quel modo di usare la voce e quindi va benissimo.

Cosa non ti piace del rap?

Le parole. Le parole sono ovviamente poggiate su una nota unica, il ritmo però è pazzesco, credo che rappare sia una cosa difficilissima, quindi che ben venga questo stile di espressione. Poi, ti ripeto, mi piace sentire delle melodie e il rap non ha melodia, almeno per quel che capisco io e poi le parole a me dopo un po’ danno fastidio, sono troppe. Ecco, forse la cosa che non amo del rap è che l’elemento della parola è veramente eccessivo, anche nella musica lirica si cantano delle parole, ma lì c’è un’aria. Del rap non amo la mancanza di melodia, però ognuno fa quello che piace e a me piace di più la melodia.

Domanda Nonsense: La cosa più assurda che ti è capitata in tour?

L’assurdo è fare questo mestiere a 54 anni, questa è la cosa assurda. È talmente assurdo fare questa cosa che sto facendo io, che non mi accorgo se ci sono cose assurde che accadono intorno a me. Mi sento una specie di marziano, ho mollato un lavoro per vivere un’avventura. Questa è la cosa assurda. I giorni che faccio concerti e mi metto a suonare, penso come io sia fuori bolla, ma ormai la ruota sta girando e finché gira io suonerò.

Written By

Egle è avvocato e appassionata di musica. Dirige Nonsense Mag e ha sempre un sacco di idee strambe, che a volte sembrano funzionare. Potreste incontrarla sotto i palchi dei più importanti concerti e festival d'Italia, ma anche in qualche aula di tribunale!

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