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No Interview – I Kutso ci raccontano “Che effetto fa”

Che effetto fa” è il terzo album dei Kutso, band capitanata da Matteo Gabbianelli, che torna con una formazione completamente rinnovata e un sound molto elettronico, ricco di synth. L’album parla di sentimenti e rapporti, con il sarcasmo tipico della formazione, che stavolta mostra però uno spiraglio, una via d’uscita dalle situazioni che ci vanno strette.

Egle Taccia ha incontrato Matteo Gabbianelli per conoscere meglio “Che effetto fa”.

Che effetto fa tornare nel mondo della musica dopo questa pausa?

In realtà non è mai stata una vera pausa, perché noi abbiamo comunque suonato tutti gli anni. L’ultimo disco l’abbiamo fatto nel 2015, però nel 2016, nel 2017 e anche quest’estate abbiamo suonato.  Non ci siamo molto accorti della pausa, quindi, però discograficamente l’uscita di “Che effetto fa” ha sicuramente un effetto fibrillante.

Quanto è importante prendersi una pausa per capire a che punto è la nostra vita?

Avendola vissuta questa pausa, e non essendomi piaciuta per niente, perché comunque ti entra in crisi tutto il mondo, penso che preferisco rimanere stupido ma felice. Meglio non farle mai le pause.

Le novità nella formazione hanno influito sui suoni del disco?

Volevo già prendere un’altra strada. Avevamo fatto tre dischi dove i ritornelli venivano aperti da questi muri di chitarre, ormai eravamo consapevoli che quella cosa la sapevamo fare, quindi volevo prendere un’altra direzione. Poi c’è stata la diaspora per cui sono rimasto da solo e, quindi, con la nuova band formata da Brian Riente, Luca Lepore e Bernardino Ponzani ho potuto sperimentare cose nuove e tutto ha giocato in maniera intercambiabile.

Com’è stato girare il video di “Che effetto fa” a Palazzo Chigi di Ariccia, luogo che ha fatto da sfondo al Gattopardo?

Lì hai proprio un senso di soggezione, perché è un palazzo nobiliare. Ti rendi conto di come vivevano i ricchi, gli aristocratici. Vivevano veramente in degli ambienti stranianti, stanze enormi piene di arazzi, carta da parati di cuoio, dorata, caminetti alla Orson Welles, dei caminetti che erano delle case, dove ci si poteva entrare interi. È stato bello perché comunque senti tutta l’importanza di quel posto e noi ci sentivamo onorati di poter in qualche modo stare a contatto con la storia e, forse, entrarci pure.

A proposito di romanzi storici, cosa c’entrano i Promessi Sposi con i Kutso?

Che Kutso c’entrano i Promessi Sposi? (ride, n.d.r.) In realtà quella canzone, che è Manzoni Alieni, mi è nata perché un giorno mi era rimasto in testa che Calcutta avrebbe fatto un reading di Manzoni, allora, senza nulla togliere ovviamente a quest’opera, che a suo tempo è stata rivoluzionaria e che poi è una delle opere dei padri fondatori della lingua italiana, come Dante, pensai che in realtà al giorno d’oggi rappresenta proprio il conservatorismo puro, tutto ammantato di Cattolicesimo, di Cristianesimo. Sì, è vero che lui si concentra sui poveri, però poi ognuno deve stare al posto suo e grazie alla Provvidenza le cose si sistemano, ma è sempre Dio che comanda. Vedere che un rappresentante di questa nuova ondata indie faceva il reading di Manzoni, mi ha fatto pensare “vedi come si rigirano le cose, come le cose che prima rappresentavano l’establishment adesso diventano una cosa figa, come gli 883 che adesso sono fighi e una volta erano la musica dei coatti”. Io me lo ricordo, io c’ero quando sono usciti gli 883 ed era la musica dei fascisti, i fascisti con i jeans che tiravano su le pa**e e si vedeva tutto l’organo femminile, ascoltavano gli 883 che adesso invece sono poeti. Queste cose un po’ mi fanno ridere e un po’ mi fanno pure rabbia, devo dire. Mi è venuto in mente di scrivere una canzone contro Manzoni ed è venuta fuori Manzoni Alieni con questo titolo assurdo, pensando di dover fare un brano che unisse queste due cose, non so come. Sono stato mesi e mesi a scrivere questa canzone, che alla fine in qualche modo unisce Manzoni, che rappresenta la vita alienante che uno fa quando sta a scuola, costretto ore ed ore a leggere e a studiare una cosa di cui non capisce niente, perché usa un linguaggio che non ci appartiene, straniante, alla voglia di distrarsi pensando a qualcosa che ci piace. Quello che mi è sempre piaciuto sono l’astronomia e il cosmo, è l’idea che ci sia vita oltre il sistema solare. Ho unito queste due cose ed è uscito questo pezzo assurdo, che musicalmente è molto debitore de L’Ultima Luna di Lucio Dalla.

Cosa hai imparato da Giulio Berruti?

Ho imparato che non c’è scampo, se vuoi ottenere qualcosa devi comunque piacere alle donne, senza nulla togliere all’omosessualità maschile e femminile, però alla fine le donne hanno ancora il potere di spostare il mercato, le navi, i governi, le religioni, tutto; quindi se vuoi aver successo e non sentirti un fesso è necessario che tu piaccia alle donne, come dice Giulio Berruti.

Affrontare la vita con sarcasmo è il vostro segreto per la felicità?

No, in realtà è un palliativo per la mancanza di felicità, quindi fai così. Però in realtà in questo disco ci sono tante cose. Ho sempre uno spirito polemico e da questa cosa non ne esco, ma in questo disco ci sono anche delle possibilità, delle vie di fuga, delle soluzioni; una è questa degli extraterrestri, molto concreta (ride), ma ci sono anche due ballate. Uno + Una, che è l’ultimo singolo che abbiamo fatto uscire, va oltre la guerra e come soluzione propone qualcosa di costruttivo.

Cosa si prova quando ci si accorge che si sta diventando come i propri genitori?

Eh, di solito è buffa come cosa, è tenera, però quando sei una persona ambiziosa, che in qualche modo si sente sempre un po’ vessata dalla vita, diventi permaloso nei confronti dell’esistenza, e quando hai questa personalità, ed io ho questa personalità, accorgerti che ripeti i modi di fare, e magari anche gli errori, dei tuoi genitori, ti mette un po’ di tristezza, perché ti senti ancora come se non avessi raggiunto delle mete, quindi dici “cazzo, il tempo è passato, sono vecchio, eppure ho gli stessi problemi di quando avevo sedici anni, però adesso parlo come i vecchi” e quindi dici Kutso!

Domanda Nonsense: Se ti svegliassi supereroe, contro chi combatteresti?

Combatterei contro tutti gli stronzi del mondo!

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Egle è avvocato e appassionata di musica. Dirige Nonsense Mag e ha sempre un sacco di idee strambe, che a volte sembrano funzionare. Potreste incontrarla sotto i palchi dei più importanti concerti e festival d'Italia, ma anche in qualche aula di tribunale!

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