Gianni Denitto è un musicista che gira il mondo con il suo sax, trasformando il concetto di world music in un’esperienza tangibile e reale. Dimostrazione ne è anche KĀLA REMIXES, EP di remix di brani provenienti dal terzo disco del musicista, «un lungo viaggio che unisce la darbuka marocchina al balafon senegalese, la monodia dei raga indiani all’improvvisazione jazz afro-americana», si legge nelle note stampa allegate al disco, «in una miscela di world music, jazz ed elettronica».
KĀLA REMIXES è il titolo del tuo nuovo progetto musicale, di che si tratta?
KĀLA remixes è l’immaginario lato B di Kāla, uscito nel giugno 2018. Abbiamo scelto, insieme all’etichetta Oyez!, sette producers di musica elettronica che hanno dato un volto nuovo ai brani. Una sfida: un disco a tuo nome con produzioni non tue. Si tratta di dare i propri suoni ad un artista e dire:
ecco, fanne ciò che vuoi. Sono molto contento del risultato raggiunto.
Cosa ti affascina del remix pack? E quando è nata l’idea?
Il concetto di remix mi perseguita e mi affascina: il primo disco a mio nome si chiama “Remixin’ Standards” e nel disco “Brain on a Sofa” sono inclusi 2 remix. È una parola usata quasi esclusivamente nella musica elettronica con cui sono cresciuto. Cerco di stare in equilibrio tra la musica colta, che deriva dalla formazione al Conservatorio, e la Club Culture. L’idea è nata insieme alla casa discografica all’inizio del 2019. Ci sono dei tempi fisiologici lunghi: capire le disponibilità degli artisti, aspettare le versioni, finalizzare i suoni, creare la grafica, circa 8-9 mesi di lavoro.
In che modo gli artisti da te radunati sono riusciti ad impreziosire i sei brani presenti in KĀLA REMIXES?
Gli artisti scelti hanno tutti un elemento in comune e cioè una forte personalità e uno stile unico. Non sono tecnici che producono in base ai gusti del “cliente”, ma veri e propri artisti che fanno ricerca. Ozferti, Ibaaku, Stèv, Nina Simmons, Polezsky, Mulai, Deleted Soul arrivano da mondi musicali diversi ed è proprio questo che ha impreziosito i brani, ho voluto dare al remix pack un ventaglio ampio di colori. Avevo già un’idea del suono che ogni produttore mi avrebbe dato, non ho avuto grandi sorprese, hanno superato le aspettative.
Raccontaci qualcosa di te, della tua formazione, dei tuoi gusti musicali.
Sono un musicista, sassofonista e produttore. Ho cominciato con la musica classica diplomandomi al Conservatorio e suonando in orchestra ma nel frattempo collaboravo già in band rock e di elettronica . Poi è arrivato l’amore per il Jazz e mi ci sono buttato per anni con tutte le mie energie, incidendo i primi dischi. È stato naturale, dal 2014, shakerare il tutto e trovare una linea personale. Brain on a Sofa, il mio primo lavoro in solo sax+ elettronica, è nato da una richiesta specifica: l’Istituto di Cultura di New Delhi voleva ospitarmi con un concerto in solo. Da lì è iniziato un tour di tre anni che grazie ai numerosi viaggi mi ha permesso di conoscere musiche e artisti di diversi Paesi. Così è nato Kāla. Ora si lavora al futuro: un disco nuovo è in preparazione e, con la band Torino Unlimited Noise (in trio con Fabio Giachino e Mattia Barbieri) stiamo creando un LP tra jazz e techno. Quest’anno sarò inoltre in tour con il pioniere della dub Zion Train.
Domanda Nonsense: la tua è una musica che sconfina, abbatte i muri e apre i porti, un vero nonsense con la realtà che stiamo vivendo, non trovi?
Tutti i giorni facciamo politica, quando dialoghiamo, quando guidiamo, quando buttiamo un rifiuto, anche quando si fanno note. La mia musica è inclusiva a livello culturale, curiosa verso la conoscenza del diverso. Tendo ad essere ottimista e cercare il buono in ogni persona.
A cura di Laura De Angelis