“We are The Newlanders, we explore new lands”
Ed è proprio questa voglia di esplorare che ha condotto alla creazione delle sonorità presenti in uno, il nuovo disco dei The Newlanders. Atmosfere malinconiche e selvagge e il desiderio di raccontare le tante sensazioni dell’animo umano.
Se proprio doveste trovare una parola che vi rappresenti quale usereste?
Siamo un insieme di tante cose, sia dal punto di vista musicale, che di esperienze personali.
Il percorso che stiamo seguendo ci porta sempre a qualcosa di diverso, che non è mai uguale al momento precedente, come un corso d’acqua.
Qual è il filo conduttore di “uno”?
Non c’è un vero e proprio filo conduttore, i brani sono storie, tanti piccoli mondi. Uno è come una galassia.
In che modo sono nati i pezzi?
Le canzoni sono state tutte scritte e composte tra il 2016 e il 2017, dei testi me ne occupo io e sulle musiche si lavora tutti assieme. Quasi sempre nasce prima la musica. Quando ci riuniamo per fare un disco registriamo tutto quello che ci capita, poi troviamo le parti giuste e le incastriamo. I brani mutano tante volte prima di arrivare alla forma definitiva. Il modo di scrivere è molto spontaneo, a volte scrivo solo dei pensieri brevi e altre veri e propri racconti.
In fase di stesura dei testi, abbiamo un occhio di riguardo sulla scelta delle parole per avere la miglior musicalità possibile.
C’è stato un episodio durante la registrazione che vi è rimasto particolarmente impresso?
È sempre un’emozione entrare in studio e veder crescere la propria creatura. Ogni momento è importante. In generale il clima è di alta concentrazione, ma anche di serenità, quindi capita che si creino situazioni divertenti.
Immagino che live questo album suonerà ancora più aggressivo…
Cerchiamo di avere un bel suono compatto e di fare più casino possibile 🙂
Domanda Nonsense: quanto conta la curiosità nell’evoluzione di un artista?
È fondamentale. Non siamo una band relegata ad un genere, e la ricerca sonora e musicale è alla base della nostra filosofia. La curiosità fa sí che ci evolviamo come individui e quindi, anche come gruppo. È stupido pensare che il proprio pensiero sia quello assoluto, bisogna andare oltre, sempre.
Intervista a cura di Cinzia Canali