Finalmente! Dopo il folgorante LP di debutto “Built on Glass” ed il relativo tour internazionale, ci sono voluti quattro anni – djset esclusi – per rivedere in concerto dalle nostre parti Chet Faker/Nick Murphy: quattro anni intensi, durante i quali il pop/soul elettronico dell’artista australiano ha ottenuto un consenso mondiale pressoché unanime, spingendolo ad opportune riflessioni sulla musica e sulla sua stessa vita. “A un certo punto (fare musica) ha smesso di essere solo un progetto, è semplicemente la mia vita adesso”, disse il nostro in una bella intervista a NME, dopo aver stupito il mondo riappropriandosi del proprio nome con una scelta coraggiosa, che gli ha fatto abbandonare un monicker divenuto nel frattempo un marchio di fabbrica consolidato e in grado di stuzzicare la curiosità del pubblico.
La strada intrapresa sembra tuttavia essere quella giusta, perché nella già calda notte del 22 agosto, il nostro si è presentato sul palco del circolo Magnolia di Milano, ancora una volta ottimo nell’accaparrarsi l’unica data italiana di un artista internazionale di grido, infiammando letteralmente il tanto pubblico presente per l’occasione: infatti, pur non essendo stata una serata da tutto esaurito, abbiamo avuto il piacere di assistere ad una splendida performance che ha reso felice un pubblico giunto da tutta Italia, entusiasta per l’intera durata del live.
La serata è stata aperta dalla fiorentina Alice Bisi AKA Birthh: presentatasi timidamente sul palco col proprio vero nome – starà facendo anche lei le proprie riflessioni sul nome d’arte? – la giovane cantante e musicista ha letteralmente conquistato i presenti, proponendo da sola un’emozionante selezione di pezzi dallo splendido “Born in the Woods”, album che l’ha già fatta conoscere a livello internazionale grazie alla partecipazione al SXSW Festival di Austin. Un’esibizione che non sfigura affatto rispetto a quella di Nick e della sua band, ad ulteriore conferma del talento di questa giovane artista.
Passano alcuni minuti per sistemare il palco, ed ecco che sale finalmente Nick Murphy, a seguito dei suoi strumentisti che iniziano ad aprire le danze con un’intro in chiave ambient. Nonostante il caldo, Murphy si presenta in un elegante completo scuro e camicia, che non si leverà per tutto il resto del concerto; in molti sono inoltre stupiti dal fatto che non sia molto alto, eppure la presenza intensa ed appassionata che mostra fin da subito, scatenandosi per tutto il palco del Magnolia, gli fanno letteralmente sovrastare la scena, catturando tanto l’entusiasmo quanto l’attenzione del pubblico, che segue ogni sua minima mossa.
Pur non essendosi trattato di un concerto lungo – lo show è durato circa un’ora e 20 compresi i tre encore – siamo rimasti colpiti, ma in questo pur breve tempo il pubblico ha avuto tutto quello che potesse desiderare: Nick e la band hanno difatti eseguito tutti i brani più noti dal repertorio “Chet Faker” – praticamente tutti i brani più noti, con momenti di pura esaltazione del pubblico al momento di pezzi ormai classici come “Gold”, “Talk is cheap” e “To Me” – una bella riproposizione di “The Trouble With Us” (dall’EP con Marcus Marr) ed ovviamente i brani dall’ultimo EP “Missing Link”, il suo debuto col nome di battesimo dato alle stampe lo scorso anno. Una scaletta prevedibile quindi, ma è quello che ci si poteva aspettare alla luce dell’ancora esigua produzione dell’artista, che offre comunque uno spunto di riflessione sull’elevato standard qualitativo dei brani di Murphy, alfiere assieme a James Blake e King Krule di questa ondata di soul “elettronico, bianco e giovane” esploso negli ultimi anni.
Di Murphy, oltre alla bravura e alla passione con cui ha interpretato il suo repertorio, abbiamo potuto apprezzare un portamento unico, caratterizzato da un mix di eleganza e grinta assai raro al giorno d’oggi: al di là delle considerazioni sul vestiario, l’impressione avuta è quella di aver trovato in lui, per via delle movenze, dell’entusiasmo e del savoir faire mostrato nei frequenti dialoghi col pubblico, il degno erede di quei frontman campioni di stile del calibro di Brian Ferry; pur con le ovvie differenze legate al genere musicale proposto, l’approccio con il pubblico ed i suoi musicisti è stato quello di un moderno e compassato gentleman, capace ora di scherzare, ora di far venire i brividi con la sua meravigliosa voce, suonando e contorcendosi fino all’ultima goccia di sudore.
Giungiamo così ai saluti finali, nei quali l’artista presenta la sua impeccabile band condividendo con essa una meritata standing ovation. Potevamo chiedere di più per questa serata? Decisamente no, tuttavia ci auguriamo di non dover attendere ancora altri quattro anni per un vivere concerto così e, soprattutto, di poter ascoltare al più presto un nuovo LP del nostro eroe di oggi, con qualsiasi nome egli decida di ripresentarsi.
Arrivederci dunque, Nick, non farci attendere troppo il tuo ritorno!
Opening Act – Birthh
Nick Murphy fka “Chet Faker”