Credo di non aver mai visto il Giardino Bellini così pieno come per la data catanese di Salmo, il rapper dorato della Machete che ha infiammato Catania in una serata già caldissima di suo, piazzando in città l’evento dell’estate, con circa 10 mila presenze.
Dopo qualche brano mixato da Deejay Slait per riscaldare il pubblico, finalmente Salmo sale sul palco a gamba tesa, con uno dei suoi più grandi successi, “90MIN”, che racconta con brutalità la vera essenza della nostra Italia. Si prosegue con “Mic Taser” e “Stai Zitto”, poi si prende fiato con “Ricchi e morti” sul cui finale inizia un po’ a chiacchierare col suo pubblico, di cui più volte si prenderà cura durante il live.
Ci conferma che siamo in diecimila, ricordando che sono passati dieci anni dalla sua prima volta in Sicilia, quando davanti a lui, ad ascoltarlo, c’erano solo 10 persone. Ne approfitta per ringraziare il pubblico per l’affetto ricevuto in questi anni.
Si va avanti con “Russel Crowe” pezzo sul quale riusciamo ad apprezzare al meglio le capacità della sua band, che sapientemente mixa il rap, l’hip hop, il funky, al rock, un rock durissimo, che arriva dal mondo dell’hardcore, rendendo il rap di Salmo un marchio di fabbrica assolutamente unico per temi trattati e sound, capace di sintetizzare decenni di musica in un unico artista. Ogni brano di Salmo è accomunato agli altri dall’assoluta libertà artistica, che mette le distanze tra lui e gli altri rapper da classifica, spesso influenzati dai voleri del marketing musicale. Salmo non ha peli sulla lingua, nei suoi testi non si risparmia nell’attaccare i colossi del male che rovinano la nostra società, non sa cosa sia la censura e non si preoccupa di essere politicamente scorretto. Ce n’è per tutti, anche per il suo pubblico, che invita a tenersi lontano dai concerti qualora avesse idee politiche vicine al razzismo e alla xenofobia, gesti coraggiosi in un’epoca in cui esporsi e schierarsi sono considerati comportamenti sconvenienti, dove si combatte più per piacere agli altri che per piacere a se stessi. E in questo la Machete, la sua etichetta, è un faro luminoso in mezzo a una compiacente oscurità. Fa specie pensare che oggi, per sentire in un live qualche assolo di chitarra, ci si debba rivolgere proprio al rapper dei record.
Mentre ci guardiamo intorno e ci accorgiamo che tra il pubblico ci sono almeno 5 generazioni, dal palco ascoltiamo “Perdonami” e a seguire “L’alba”, che viene introdotta da una nuova chiacchierata col pubblico: “Dicono che l’estate sia finita, purtroppo. La Sicilia è bellissima, ma sarebbe davvero bello se qualcuno di voi decidesse di venire in vacanza in Sardegna (terra d’origine dell’artista) dove ci sono le albe più belle”.
Continua ancora a confidarsi col suo pubblico, anticipando il brano “Cabriolet”, chiedendo quanti tra loro amino giocare a calcio e poi facendo un sondaggio per conoscere le squadre più tifate dalla sua platea. “Io ho giocato a pallone fino ai 21 anni, poi ho preso un calcio in faccia ed ho smesso, ma in realtà volevo suonare la batteria”.
Si prosegue con “PXM”, “Papparapà”, “Daytona” e “Disobey.
È sulle note di “Hellvisback” che il pubblico si accende e si prepara per il pogo. Salmo dal palco spiega: “Il pogo non è una rissa, è un ballo. Se qualcuno cade lo dovete rialzare.” Durante il pezzo la folla catanese si scatena rispettando le regole del padrone di casa. Alla fine chiede se è tutto ok e fa portare bottigliette d’acqua, raccomandando di non buttare la plastica per terra.
Ci si avvia verso la conclusione con “S.A.L.M.O.”, “1984” e “Il cielo nella stanza”.
Saluta, ringrazia e si ritira. È il momento di acclamarlo per i bis e Catania non si fa pregare.
Salmo torna per concludere con un medley tratto da Machete Mixtape 4.
Tutto finisce con la sensazione di essere stati attraversati da un tornado.
Report a cura di Egle Taccia