Nelle eterne diatribe della scena britpop, dalla “rivalità” Oasis vs. Blur alle recenti schermaglie in famiglia dei fratelli Gallagher, troppo spesso ci si dimentica degli altri illustri alfieri di quella magica scena dei ’90s: questo non impedisce tuttavia ad altri gruppi di poter dire ancora la loro, e l’ultimo show italiano degli Suede ne è il classico esempio. Già autori di un ottimo comeback nel 2016 con il pregevole “Night Thoughts”, la band di Brett Anderson torna nel belpaese sull’onda del recente ed acclamato “The Blue Hour”, con tutta l’intenzione di rivendicare il proprio importante ruolo nella scena.
Dopo una pregevole esibizione in apertura da parte dei “Gwenno”, interessante act autore di pregevoli brani fra indie, folk e shoegaze, alle 21:30 Brett e compagni fanno il loro deciso ingresso sul palco. “As One”, già opening track dell’ultimo album, è il brano a cui è affidata l’apertura dello show: le sinfonie elettroniche del pezzo accompagnano un’interpretazione drammatica ed appassionata da parte di Brett, che sembra voler mettere tutta la sua voce in questo pezzo zittendo un pubblico che assiste attonito alla sua performance. Il ghiaccio è rotto presto da una valanga di applausi e dal sorriso compiaciuto di Brett, che prosegue con “Wastelands”, seconda traccia dell’album: il pubblico risponde entusiasta anche qui, a dimostrazione dell’ottima accoglienza dell’ultimo lavoro della band, del quale verranno proposti ben 8 brani.
Lo show si scalda sempre più, con Brett e compagni sempre più carichi e soddisfatti da una serata caratterizzata dalla meravigliosa accoglienza del pubblico milanese e da uno stage perfetto, senza quegli intoppi tecnici che fecero infuriare l’artista durante lo show dell’i-days 2016: gli Suede si dimostrano una macchina da guerra sonora tanto perfetta quanto generosa e il loro frontman già dopo tre brani molla il tono serioso e compassato, iniziando a saltare in lungo e in largo per il palco, scendendo subito a cercare il contatto con il pubblico, scacciando in malo modo la security che voleva trattenerlo al suo posto.
Coadiuvato dal solito lunghissimo cavo del microfono, Anderson oltrepassa le transenne avanzando sicuro fra un pubblico incredulo ed adorante, stringendo mani e cercando il contatto fisico con quanti più fan possibile senza mai smettere di cantare. Il bilancio dell’incursione è di un’elegante camicia sgualcita e madida di sudore per il frontman, che sembra già reduce da un set di due ore, isteria collettiva, esaltazione e gioia pura per un pubblico già completamente conquistato.
Pur riconoscendo la bravura dell’intera band, è impossibile non dire che sia Brett Anderson il vero motore dello show: una voce perfetta, un’interpretazione appassionata ed un sapiente dialogo col pubblico – testimoniato da un intenso momento “spoken words” fra l’esecuzione di una struggente “Tides” e quella della splendida “Roadkill” – ci consentono di poterlo definire a buon titolo come uno dei migliori e forse più sottovalutati frontman dell’intera scena rock.
Fra brani vecchi e nuovi l’esibizione procede senza la minima sbavatura, fra riff meravigliosi, acuti graffianti ed invidiabili atletismi da palcoscenico. Nonostante gli ottimi riscontri di “The Blue Hour”, è inevitabile che i vecchi successi riescano ad aumentare ulteriormente l’entusiasmo dei presenti: la monumentale esecuzione in sequenza delle leggendarie “Trash” ed “Animal Nitrate” scatena il delirio in platea, con Brett che si erge sulle casse a godersi un meritato trionfo di pubblico. Il momento clou dello show non si conclude qui, perché a questo punto il ritmo rallenta e rimane sul palco il solo Anderson, che si arma di chitarra acustica unplugged per eseguire “Oceans”: è incredibile vedere come un pubblico in delirio fino a pochi secondi prima taccia completamente, consentendo al cantante un’intensa esecuzione chitarra e voce in un clima davvero assai insolito per il Fabrique. Il trionfo è nuovamente inevitabile ed il set si conclude con la semiacustica “The Invisibles” e “Flytipping”.
La band esce fra incessanti applausi e non si lascia desiderare a lungo: un Brett emozionato e soddisfatto ringrazia lo splendido pubblico del Fabrique e l’altrettanto meravigliosa città di Milano annunciando un encore classico come “Beautiful Ones” ed un altro destinato a diventare tale, la intensa “Life is Golden”.
Usciamo a questo punto dal Fabrique, soddisfatti per il perfetto show degli Suede, una band che a nostro avviso si guadagna a pieno titolo il ruolo di principale alfiere della vecchia scena Britpop grazie ad un’ispirazione ancora intatta e ad una capacità di domare palco e platea con pochi eguali. Bentornati, e grazie per tutte queste emozioni.
GwennoSetlist
- As One
- Wastelands
- Outsiders
- Cold Hands
- The Drowners
- We are the Pigs
- So Young
- He’s Dead
- Tides
- Roadkill
- Sometimes I feel I’ll float away
- Heroine
- It starts and ends with You
- Metal Mickey
- Trash
- Animal Nitrate
- Oceans (Brett Anderson unplugged)
- The Invisibles
- Flytipping
- Encore #1 – Beautiful Ones
- Encore #2 – Life is Golden