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“ARMAGEDDON”: LA BATTAGLIA DI KETAMA126 È FARE MUSICA SENZA LIMITAZIONI [No Press]

Un titolo che parla da sé e una copertina che esprime al meglio il concept del suo ultimo disco: Ketama126 torna dopo due anni con “Armageddon”. Un nome piuttosto esplicativo che prende spunto dal testo biblico per far riferimento a un’Apocalisse in cui la battaglia diventa fare musica senza condizionamenti, per sé e non per gli altri. Ne abbiamo parlato con lui durante la round table di presentazione a Milano.

In tutta la tua discografia, colgo delle allusioni anche alla religione e mi chiedevo se nella tua poetica sia presente un senso di spiritualità.

Tutti gli artisti che mi hanno affascinato hanno sempre avuto un lato spirituale abbastanza spiccato. C’è, quindi, un forte legame per me tra musica e spiritualità. Ad esempio, vorrei che per tutta la durata dei miei concerti chi mi ascolta fosse in una sorta di trance. Si tratta di qualcosa di molto mistico, legato alla religione, che è stata la prima motivazione che ha spinto le persone, anticamente, a fare musica.

Dopo i successi per lui inaspettati degli ultimi anni, Ketama, all’anagrafe Piero Baldini, si dice soddisfatto di quanto ottenuto e continua a porsi gli stessi obiettivi dell’inizio della sua carriera: vivere della sua passione e vincere ottenendo dei risultati senza ricercarli, senza pensare a quello che possa piacere al pubblico. Anche per questo ha scelto, tra le collaborazioni del suo nuovo album, artisti di fama internazionale, come RAF Camora, Kaydy Cain e Yung Beef, senza temere che possano avere un target di ascoltatori differente o che possano essere meno conosciuti al pubblico italiano. Non mancano, inoltre, i featuring con i compagni di crew (“Lovegang”) Franco126 e Pretty Solero, oltre agli amici Carl Brave e Noyz Narcos.

La musica è un percorso individuale, ma in tutta la tua carriera, oltre che nella vita privata, sei sempre stato accompagnato dai tuoi amici. Quanto conta per te la dimensione collettiva nelle tue produzioni?

Non avrei iniziato a far musica rap se non avessi avuto una crew che faceva questo genere. Poi ognuno di noi, all’interno del collettivo, ha preso strade musicalmente diverse, però continuiamo a collaborare. La trovo una cosa molto bella: ognuno fa il suo tipo di musica, con la sua attitudine e le sue influenze, ma ci si stimola a vicenda.

È proprio con Franco126 che Ketama si è esibito, dopo due anni di stop, in occasione del MI AMI festival a Milano.

Dopo molto tempo, ho potuto portare i miei pezzi dal vivo al MI AMI. Sono particolarmente felice di come il pubblico abbia reagito: ha ballato sebbene non conoscesse gli inediti e nonostante il vento, la pioggia e la scaletta che mi vedeva sul palco all’una di notte.

Davanti allo scenario catastrofico suggerito da “Armageddon”, viene facile riflettere sulla possibilità di una salvezza. Per Ketama126, l’apocalisse al centro del suo lavoro discografico è una metafora per ricordare di vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo. Eppure, lo scopo finale non è la salvezza della Terra e dell’intera umanità. Ketama vuole salvare se stesso. E vuole farlo attraverso le sue scelte, in un’ottica non fatalista, ma di speranza verso il futuro. Solo in questo modo si sente in grado di vivere i suoi momenti migliori, senza pensare alle conseguenze e al di là dei “Su e giù” a cui le droghe, più volte, lo hanno abituato.

La prospettiva ottimista con cui ha affrontato “Armageddon” l’ha acquisita in seguito ai suoi primi viaggi post lockdown, un periodo che lo ha frenato molto dal punto di vista creativo e artistico e l’ha disincentivato alla produzione di nuova musica.

Il viaggio mi ha permesso di sbloccarmi dopo il lockdown, quando non trovavo ispirazione per scrivere restando chiuso a casa. Il primo viaggio che mi ha sbloccato è stato ad Ibiza, per lavoro, dove in una villa abbiamo realizzato i primi nove pezzi. Poi sono stato in Kenya e in Marocco; ciò mi ha dato nuovi spunti, specialmente in relazione alla produzione musicale. Ci sono molte chitarre, più black e caraibiche e ritmi più spagnoleggianti. Mi sono accorto che tutti i problemi che mi sembravano insormontabili in Italia, per via del covid e del fatto che non lavoravo, erano miseri rispetto a ciò che vive in Africa la gente. Sono tornato in Italia con un modo di vedere le cose più aperto e positivo.

Written By

Studentessa di Comunicazione per le Imprese e dottoressa in Economia dei Beni Culturali e Dello Spettacolo, ha 22 anni, ma al suo primo concerto era nel passeggino, mentre Ligabue urlava contro il cielo. "Il favoloso mondo di Amélie" è il suo film preferito, forse perché, come la protagonista, lascia la testa sulle nuvole, abbandonandosi a una realtà fatta di libri, musica, cinema, teatro e podcast.

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