Per Daniele Cobianchi la creatività non ha limiti. Un giorno è il CEO di un’agenzia pubblicitaria, il giorno dopo pubblica un libro e quello dopo ancora incide un disco. Di certo, non trova il modo per annoiarsi. E nei momenti in cui non si occupa di pubblicità o di letteratura, scrive canzoni come Richie Cunningham, disponibile in radio e in digitale dal 24 maggio, nata dalla collaborazione con Alberto Bianco, alle chitarre e alla produzione, Filippo Cornaglia alla batteria, Matteo Giai al basso e Stefano Carrara alle tastiere. Non è un brano sulla nostalgia – ci tiene a dirlo – ma, sulla scia dei ricordi che in effetti il pezzo, che anticipa il nuovo progetto discografico, evoca. C’è anche un lato B nel 45 giri disponibile in edizione limitata: l’inedito Non hai perso mai.
In Richie Cunningham, personaggio della serie cult Happy Days, Cobianchi si rivolge alla sua generazione di appartenenza – la generazione X –, invitandola implicitamente a portare nella contemporaneità di cui i giovani sono protagonisti ciò che di buono c’era nel passato. Il brano offre uno spunto per riflettere sull’oggi in cui contano la velocità, la superficialità e i like e “manca un’idea potente di futuro”. E se non si vede il futuro all’orizzonte, come si può essere felici nel presente? Per Cobianchi la soluzione è andare a ripescare negli anni di Happy Days, nelle cose semplici di quando non c’era l’ansia di apparire o di esserci a tutti i costi, di farsi vedere, tipica dell’era digitale.
“Richie Cunningham”, commenta Daniele Cobianchi, “non racconta la bellezza dei tempi andati in chiave nostalgica, ma sottolinea quella felicità semplice e condivisa che, anche in anni difficili come la fine dei ’70, tutti o quasi tutti riuscivano ad afferrare. ‘Gli anni di Happy Days e di Ralph Malph’, direbbe Max Pezzali, anni nei quali i modelli di riferimento erano più accessibili e veri, e l’America sapeva ancora farci sognare”. E aggiunge: “Oggi ogni generazione ‘è infelice a modo suo’ perché la tecnologia ci ha allontanati. E da soli sconfiggere la gravità del vivere è impossibile”.
Richie Cunningham è una canzone che scava in profondità tra le inquietudini che accomunano nuove e vecchie generazioni, anche se in modo diverso. Non parla di nostalgia, ma, in fin dei conti, la nostalgia è palpabile, tra le immagini, che sembra quasi di avere davanti agli occhi dopo aver premuto play, di anni di cui non è rimasto nulla, se non qualche imitazione: i jeans a zampa o le macchine fotografiche analogiche che sono tornate di moda, i vinili e dischi da far girare, gli Invicta Jolly che sono stati rimessi su mercato. Eppure, a tornare di moda dovrebbe essere la magia delle piccole cose, le stesse che ci farebbero sentire un po’ Richie Cunningham.