“FACCIO UN CINEMA” è il titolo del nuovo album di inediti de IL TRIANGOLO, uscito il 17 gennaio 2020 per Ghost Records. Si tratta del terzo lavoro discografico della band composta da Marco Ulcigrai (chitarra, voce) e Thomas Paganini (basso, voce).
Dopo un silenzio durato 5 anni, la band ritorna con il terzo capitolo del percorso iniziato nel 2012 con “Tutte le canzoni”. I suoni rappresentano un mix tra cantautorato, suoni retrò e un pizzico di modernità, mentre i testi sono il risultato di una crescita personale e raccontano l’amore, l’amicizia e le esperienze di vita con una nuova maturità.
Egle Taccia ha incontrato Marco Ulcigrai.
Come mai avete scelto di chiamare questo nuovo album “Faccio un cinema”?
Faccio un cinema ha un doppio significato, nel senso che arriviamo da una pausa di 4-5 anni, il nostro disco precedente era del 2014, quindi abbiamo avuto tante esperienze al di fuori della band: personali, trasferimenti, cambi di casa, figli (per il mio socio Thomas). Io, come ben sai, in questi anni ho suonato con i Ministri, con Le Luci Della Centrale Elettrica, e quindi abbiamo detto “ok, dopo questa pausa, dopo questo assopimento, prendiamo, ci alziamo e facciamo un cinema!”, che significa “facciamo qualcosa di importante, qualcosa che conti, diamo una svolta” e questo è uno dei significati, è un po’ un inno alle nostre intenzioni. Il cinema, poi, all’interno delle nostre canzoni, del nostro immaginario e anche del nostro sound, è sempre stato abbastanza significativo, nel senso che ci hanno spesso detto che il nostro sound ricorda la colonna sonora, ci sono alcune canzoni con un taglio un po’ spaghetti western; anche nel nostro immaginario, nel modo in cui scriviamo i testi, all’interno del modo di raccontare, nello storytelling, c’è un po’ di cinematografia. Tutti questi volti ci hanno fatto venire in mente questo titolo.
In che modo cercate di conciliare la tradizione con la modernità nei suoni del disco?
La tradizione è un po’ quello da cui arriviamo, il motivo per cui fondiamo Il Triangolo. Inizialmente mettevamo insieme la scrittura del cantautorato italiano classico, un po’ quello dei dischi dei nostri padri, quindi Ivan Graziani, De André, Battisti, con una nostra formazione di sound a metà tra il punk e gli anni ’60 inglesi, quindi un suono vintage, ma con un approccio abbastanza energico, con ritmi abbastanza serrati. In questo ultimo album, in “Faccio un cinema”, cerchiamo di dare anche un taglio e degli elementi più contemporanei, più moderni. Ne facciamo un uso un po’ tra le righe, che non spicca molto, ma usiamo l’elettronica, usiamo un po’ di campioni. È un disco più ordinato rispetto ai precedenti, un po’ più hi-fi se vogliamo, è il disco dove siamo riusciti a far sposare queste due caratteristiche al meglio: la modernità e il retrò.
Parlando dei temi dell’album, ho notato che il vostro approccio è diventato più riflessivo rispetto ai precedenti lavori. Mi sbaglio?
È più riflessivo, siamo più vecchi anche noi e quindi è normale. Anche nei testi si nota un po’ questo passaggio, che per molti può essere minimo, di pochi anni, ma invece è un passaggio fondamentale della vita, quello dai venti ai trenta, soprattutto nella nostra generazione, il momento in cui capisci che prima o poi dovrai diventare adulto e questi sono proprio gli anni in cui tutto questo diventa chiaro davanti ai tuoi occhi, tutto prende un po’ un’altra forma, e anche il modo di scrivere cambia; soprattutto se scrivi di te stesso, di cose personali, questo ha sicuramente un influsso anche sulla musica.
Cosa pensate di questo mondo fatto di Serie TV, social network e amori usa e getta?
L’amore usa e getta non penso che sia una regola di questi tempi, ci sono sicuramente più vie per riuscire ad accedervi per chi ne è interessato, ma non tutti seguono questo percorso. Esistono ancora gli amori veri e duraturi.
Le serie tv sono un adattamento di quello che era il cinema al modo in cui funziona adesso il nostro cervello, semplicemente. Oggi come oggi i nostri cervelli sono proprio tarati su tempi più brevi e quindi per chi deve vendere immagini, per chi deve vendere cinema, diventa più vantaggioso strutturare i film o le serie tv in piccole pillole, quindi in piccole puntate, in piccoli episodi. È tutto fatto ad hoc per la forma che hanno preso le nostre menti negli ultimi anni.
I social hanno sicuramente preso piede, c’è comunque ancora una grande evoluzione al loro interno, non sappiamo dove arriveremo, non si è ancora stabilizzata la situazione. Via l’uno arriva l’altro, e sono sempre più immediati e usa e getta anche loro, se ci pensiamo. È nato tutto con facebook, ma è già diventato troppo complesso, vedere parole e musica scritte tutte insieme è già troppo, così siamo passati ad instagram, una cosa ancora più immediata, ancora più usa e getta, nel senso che l’uso della parola è ancora minore, si mette in primo piano la foto e il video dura solo pochi secondi. Va tutto di pari passo in questa direzione.
Pensi che tutto questo stia influenzando le nostre vite?
Io penso che stia assolutamente influenzando le nostre vite, magari non la serie TV, ma sicuramente i social influenzano totalmente le nostre vite. Alcuni di noi riescono a gestirli, a domarli e a migliorare le proprie vite attraverso i social, altri invece vengono domati dai social e la loro vita prende una piega che potrebbe essere sicuramente migliore senza il loro utilizzo, dipende tutto da come vengono presi e gestiti da ognuno di noi.
Ti conosciamo anche perché sei una presenza fissa dei tour dei Ministri. Quanto ti ha influenzato questa esperienza nella composizione del disco?
Mi ha influenzato sicuramente, non posso dire se mi ha influenzato a livello di scrittura, nel senso che non ho portato le esperienze e gli spunti dei Ministri nei miei testi, ma mi ha sicuramente influenzato l’aver avuto la possibilità di poter lavorare con dei professionisti per così tanto tempo e quindi, quando mi metto a scrivere una canzone, a livello tecnico, sicuramente penso a tutto quello che abbiamo fatto insieme, a tutto ciò che mi hanno insegnato. Soprattutto, l’aver avuto la possibilità di calcare dei palchi importanti, più grandi di quelli dei concerti che avevo fatto in precedenza col Triangolo, mi è servito tanto a prendere consapevolezza con la chitarra in mano. Adesso salgo su un palco, che sia dei Ministri o del Triangolo, e lo faccio con maggiore sicurezza e con maggiore capacità, questo sicuramente.
Domanda Nonsense: Qual è il vostro preferito tra i 7 vizi capitali?
Wow! Fammi pensare, innanzitutto devo ripassare assolutamente i 7 vizi capitali… se non sbaglio l’accidia è il godere del fare nulla, del perdere tempo. Bellissimo, questo è il mio!
Intervista a cura di Egle Taccia
Foto di Chiara Mirelli