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Management – “Abbiamo bisogno di gentilezza” [Intervista a Luca Romagnoli]

Nel decimo anno dall’uscita del clamoroso debutto di “AUFF!!”, MANAGEMENT tornano sulle scene annunciando il loro ingresso nel roster di Garrincha Dischi con un nuovo album: “Ansia Capitale”

Un lavoro intimamente sentito, che scava nelle profondità dell’animo umano sondandone le emozioni più viscerali, nel tentativo disperato di tornare al cosiddetto Umanesimo analogico, riappropriandosi della capacità di instaurare relazioni umane vere, autentiche.

In questo i MaDeDoPo assumono una posizione radicale, rivendicando il diritto ad essere – come si definiscono loro stessi – dei villani, dei cafoni… dei perdenti: «due lupi d’Abruzzo, poeti provinciali da Lanciano, che manco provincia è». Ed è con questo album che l’ansia di provincia diventa Capitale, ergendosi per combattere una società ormai ammalata di produttività e consumismo, dunque incapace di provare alcun sentimento e inadatta ad empatizzare con chi soffre.

Registrato tra le mura del Natural Head Quarter di Ferrara – dove ha visto la luce la loro prima creatura “AUFF!!” – e plasmato in un gioco di produzione dalle sapienti mani di Marco ‘Diniz’ Di Nardo e Manuele ‘Stirner’ Fusaroli, il disco ricerca la verità anche in termini stilistici, riesumando l’attitudine alt pop delle origini e rimettendo al centro la pura creatività, senza costruzioni che vadano oltre la semplice espressione creativa.

La band è in giro per l’Italia con un nuovo tour – curato da Kashmir Music – partito il 12 giugno da Roma e che toccherà tutto lo Stivale.

Intervista a cura di Egle Taccia

“Ansia Capitale” è il vostro nuovo album e anche il singolo che lo apre. Cosa lo ha ispirato e di cosa ci parlate in questo nuovo lavoro?

Cosa lo abbia ispirato in particolare non lo so, però è stato pensato, scritto, registrato tutto durante il periodo dell’isolamento, quindi quel tipo di ansia sicuramente è un po’ entrata nel disco, nella modalità della scrittura, perché comunque stavamo a casa separati da tutti, ma in questo caso specifico siamo stati separati io e Marco, e anche se di solito scriviamo da soli, siamo stati tutto il tempo a scrivere e a sentirci senza vederci. In generale, però tutte le altre possibili ansie e problematiche, anche quelle che non derivavano direttamente dalla situazione che stavamo vivendo tutti, sono entrate nel disco. Ragionando bene, andando a fondo, ci siamo resi conto che in un periodo come questo è anche naturale avercela l’ansia, con tutte le problematiche, le pandemie, le guerre, le crisi più totali, ecologiche. In un mondo che quasi sicuramente è insalvabile abbiamo preso l’ansia come elemento dominante di tutta la società, specialmente dei giovani, perché ormai quelli che hanno una certa età se ne sono quasi fatti una ragione, a loro non riguarda più, mentre i giovani sono totalmente senza futuro… Siamo noi, e quelli più giovani peggio di noi, la prima generazione della storia che non può pensare al futuro in maniera positiva, è proprio impossibile.

Oggi di ansia si parla troppo o troppo poco?

È diventata un po’ una moda, quindi forse anche un po’ troppo, però il discorso che stavamo facendo è proprio che, come tutte le cose, può diventare anche ridondante, ma il problema è che è assolutamente normale che ci sia, perché questo tipo di società è stata costruita su tutte queste cose, su questi modelli di ricchezza, di competizione, di super concorrenza, stiamo lì ogni giorno a parlare di numeri, è una lotta continua per delle cose inutili, come la gente che fa a botte per comprarsi il primo iPhone. Mi viene in mente quando esce l’iPhone e la gente dorme nel sacco a pelo fuori dal negozio, quelle follie del cazzo. È una problematica che stiamo sottovalutando.

È un album che scava nel profondo, un lavoro intimo e sincero. Avete utilizzato questi due anni di buio per scavare dentro voi stessi?

Noi facciamo sempre così, è l’unico modo in cui sappiamo scrivere. Tutto un po’ si riallaccia a quello di cui parlavamo. È molto intimo, soprattutto perché è stato scritto in un certo modo, in un certo periodo. Però, anche tutto il lavoro grafico, la copertina di Bennet Pimpinella, raffigurano la relazione che c’è tra questa solitudine e il mondo lì fuori, tutti chiusi nelle nostre case, nelle nostre camere, tutti super mega isolati, mentre contemporaneamente abbiamo questo rapporto col mondo praticamente continuo, h24, che è filtrato sempre e solo dai mezzi tecnologici, un tipo di situazione che è quasi sempre uguale per tutti, che abbiamo una visione del mondo quasi esclusivamente filtrata da quello che ci passa attraverso il telefono. Eravamo delle mega solitudini, ma in realtà eravamo sempre in contatto con gli altri. Questa cosa, secondo me, può portare anche a degli atteggiamenti, a dei modi di pensare e di vivere, un po’ strani, un po’ folli, che possono anche far male. Avere sempre la possibilità di, però questa possibilità è anche un po’ irreale, è falsa, soprattutto è falsata. Non so se ti ricordi il periodo della pandemia, dove tutti avevano un’opinione, dove tutti dicevano le cose e non si riusciva più a capire chi dicesse la verità e chi no, cosa era giusto e cosa era sbagliato, cosa era vero e cosa era falso. Questo accade quando si utilizzano questi mezzi che per vari motivi possono essere utilizzati dagli altri in modo tale da confonderti, siamo in un’epoca in cui tutti possono dire tutto e quando dicono una stronzata non c’è modo di capire di chi ci si possa fidare, perché giustamente se non c’è un contatto fisico, reale, le cose diventano ancora più difficili.

Presentando il disco avete parlato di “Umanesimo analogico”, intendendo col termine la capacità di instaurare relazioni vere. Cosa ci impedisce veramente di avvicinarci agli altri?

La questione è che sembriamo tutti molto vicini, però non è vero. Lo stesso vale per i modelli che la gente segue, modelli del cazzo di instagram e della televisione. Ostentare tutte queste cose e credere che quel tipo di persone sia felice, ma in realtà è tutto falsato, noi vediamo solo la parte che ci vogliono mostrare, sono tutte cose che porteranno, che stanno già portando a delle problematiche all’interno di quelle persone che vengono definiti follower, perché stanno inseguendo qualcosa di irreale, un qualcosa di cui viene mostrata solo la parte positiva, non vengono mai mostrate le debolezze che ci sono e per affrontare la vita lo devi sapere che ci sta il giorno in cui ti rompi il cazzo, che anche la vita più incredibile ha delle giornate in cui va tutto storto o magari una persona che noi dall’esterno potremmo ritenere fortunata, in realtà è depressa e magari sta male. Se tutte queste cose saltano, come facciamo ad avvicinarci agli altri se quello che vediamo degli altri nel 99% dei casi lo vediamo attraverso la tecnologia? Tutto è falsato dal fatto che questi ci fanno vedere solo le foto di quando mangiano al ristorante, ma le foto di quando stanno male non le vede nessuno, quindi una persona un po’ più sfortunata, anche sotto certi altri punti di vista, diventa invidiosa, comincia a sognare una cosa che non è vera e di conseguenza non la raggiungerà mai e soffrirà come un cane.

Chi sono i Management a dieci anni da “Auff!!”?

Ci stiamo riscoprendo perché adesso abbiamo ricominciato a suonare e quindi credo che siamo cambiati poco, abbiamo fatto dei concerti dove abbiamo spaccato tutto, anzi ci stiamo comportando in maniera fin troppo giovanile, ci ubriachiamo e facciamo casini, però a parte questo c’è ancora la stessa energia, oddio forse anche un po’ di più, perché la rabbia che avevamo prima era una rabbia giovanile, era naturale a una certa età essere arrabbiati in quel modo, è anche un gioco. Adesso, dopo la pandemia, dopo tanto tempo senza suonare, dopo tutte le problematiche varie, in realtà siamo incazzati veramente, ci volevamo veramente sfogare, quindi, soprattutto in questi primi concerti, ci stiamo sfogando da morire. È bello, sono contento. L’Italia arriva sempre un po’ tardi rispetto a queste cose, però siamo in un periodo in cui probabilmente la musica in tutto il mondo, la musica alternativa, sta tornando in un certo modo, perché quando si vivono dei periodi particolari, critici, esce sempre fuori un certo tipo di musica, non necessariamente di protesta, ma che si ricollega più alle situazioni reali, sociali, piuttosto che sempre le solite ca**te che conosciamo…Non facciamo i nomi.

Tra l’altro per voi tornare sul palco sarà stata una gioia immensa, visto che il vostro tour era appena cominciato quando sono iniziate le chiusure e siete stati privati fortemente della gioia di portare dal vivo l’album precedente.

Noi siamo stati uno di quei gruppi, ce ne sono stati anche tanti altri, non siamo stati gli unici, un po’ più sfortunatelli in quel periodo, quando è scoppiata la pandemia, perché avevamo preso una lunga pausa, cosa che non avevamo mai fatto. Visto che per tanti anni avevamo tirato fuori dischi su dischi e abbiamo fatto tour su tour senza mai fermarci, abbiamo deciso di fermarci un paio di anni, scrivere il disco e poi uscire con l’album più rilassati. Ci siamo presi questi due anni di pausa e, appena è uscito il disco e abbiamo ricominciato a suonare, esattamente in quel mese, a febbraio, è stato chiuso tutto e come sappiamo non si è più riaperto. Quindi, oltre ai due anni che abbiamo vissuto, ne dobbiamo aggiungere altri due che ci eravamo già presi noi, alla fine siamo stati quattro anni senza praticamente suonare, avevamo fatto solo tre concerti.

Immagino che non sia una coincidenza che l’album sia stato registrato a Ferrara, nello stesso studio dove è nato il primo disco ufficiale. Come mai questo ritorno alle origini?

Da tanto tempo ormai Marco Di Nardo produce tutti i nostri dischi, si occupa della produzione. Questa volta abbiamo deciso insieme di affiancare nella produzione anche Manuele Fusaroli, perché lavorare con lui è molto interessante e divertente, cerca sempre di non farti ragionare troppo, di fare uscire l’energia, il fuoco scatenante delle cose che scrivi. Quando si va a registrare cerca di sperimentare molto, perché siamo stati fermi tanti anni e a volte ci si mette a riflettere su cosa bisogna fare per funzionare, per non funzionare, per fare questo piuttosto che quell’altro. Quando si riflette troppo, poi, alcune cose belle si rischia di perderle per strada, mentre Fusaroli è uno di quelli che va sempre a cercare quella cosa lì, quel fuoco che per fare troppi ragionamenti hai messo un po’ in disparte. Lui vuole tirare fuori sempre la follia, sperimentare, provare sempre suoni, strumenti. Volevamo recuperare quella cosa lì e questo disco è stato prodotto da Marco e Fusaroli assieme per questa ragione.

Cosa dobbiamo aspettarci dal nuovo live? Verranno aggiunte altre date?

Le date sono in aggiornamento. Te l’ho detto, stiamo facendo i matti, quindi il live è molto potente. È divertente, vedrai. È diventato un best of di tutto quello che abbiamo fatto in questi anni.

Domanda Nonsense: Cosa comprereste nel Multiculti Supermarket?

Un po’ di gentilezza, se si potesse comprare, e la regalerei a un sacco di persone. Un po’ di educazione, ma soprattutto di gentilezza, perché la gente sta impazzendo.

Written By

Egle è avvocato e appassionata di musica. Dirige Nonsense Mag e ha sempre un sacco di idee strambe, che a volte sembrano funzionare. Potreste incontrarla sotto i palchi dei più importanti concerti e festival d'Italia, ma anche in qualche aula di tribunale!

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