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Nevica – In Quanti la musica è un ponte con altre dimensioni [Intervista]

Torna sulle scene il produttore, musicista e cantautore Gianluca Lo Presti aka Nevica. A quasi due anni di distanza dall’ultimo lavoro discografico “Tengo” (Area51 Records, 2019), l’artista romagnolo ci regala il nuovo album intitolato “Quanti” chiudendo così la cosiddetta “trilogia dell’anima” iniziata con l’album “Sputnik”  pubblicato con il moniker di Nevica Noise nel 2016.

Intervista a cura di Egle Taccia

Quanti” è il tuo nuovo album, che chiude quella che hai definito come la “trilogia dell’anima”. Mi parli di quest’ultima tappa e del progetto per intero?

Ho sempre avuto più attenzione per “l’interno” che per “l’esterno” delle cose.

Con questo intendo il mondo interiore e spirituale dell’uomo e dell’universo stesso in cui vive, anziché occuparmi di politica e di costume la mia musica va dritto al sodo: all’anima.

Perché l’evoluzione interiore dell’uomo è il primo passo per un mondo migliore e sano.

Da questo presupposto nasce la TRILOGIA DELL’ANIMA dapprima con SPUTNIK, album strumentale del 2016, poi con TENGO nel 2018 e ora con QuaNti.

I primi due capitoli sono dedicati al mondo visionario di Murakami, uno scrittore giapponese che mi ha molto colpito perché lo sentivo uguale alla mia visione di musica e parole per cui ho divorato abbastanza velocemente tutti i suoi romanzi in cui analizza molto in dettaglio, e a mio parere con uno stile unico, tutti i risvolti dell’animo umano.

QuaNti invece è un disco dedicato a mio padre scomparso poco tempo fa.

Un modo per ringraziarlo dell’aiuto che mi ha sempre dato, sostenendomi come musicista.

In realtà non era in programma come chiusura della trilogia, ma gli eventi della vita lo hanno messo al suo posto perfettamente dove doveva essere.

 

È un disco molto intimo ed intenso, che racchiude l’elaborazione di un dolore immenso e che probabilmente ha visto la sua gestazione in questi anni di chiusure e solitudine, di spazi senza tempo. Di cosa parli in questo disco?

QuaNti parla della possibilità di contatto tra mondi differenti, quello terreno e quello spirituale, ma non in senso religioso (sono abbastanza distante da tutte le religioni) bensì in senso energetico.

In un certo senso è un tentativo di conforto e di accettazione dopo una perdita così importante.

 

Ho letto che hai scritto i brani di getto, quando il dolore era ancora fortissimo e non avevi intrapreso il processo di rielaborazione. Questo mi ha fatto pensare che volessi proprio lasciare una traccia di quel momento, di quell’impatto con la realtà. Questo disco è inteso come una fotografia del dolore?

Esattamente. Mi interessava cogliere l’attimo emotivo prima che la ragione iniziasse a giustificare l’accaduto coi suoi mille inganni, diciamo.

È come descrivere una tempesta mentre sei in mezzo al mare e non dopo essere attraccato. Quando in un certo senso ti sei già salvato la vita, la cognizione dell’evento non è più la stessa, ma sicuramente meno genuina e falsata.

Ti aspettavi un album più tumultuoso e invece ne è venuto fuori un lavoro intimo e rarefatto, ma mai violento. La prima volta che lo hai ascoltato, che spiegazione ti sei dato?

Io desideravo descrivere il caos, alla fine il risultato più che di disordine è di un senso di sospensione pacata nello spazio e nel tempo. Ma questi sono percorsi che non posso decidere io. E per fortuna…

La rarefazione e la lentezza credo possano essere date dalla maturità della vecchiaia (sorriso). E da un certo senso di accettazione in sé di eventi che non puoi cambiare, ma soltanto accogliere o trasformare, ad esempio nel mio caso con la musica.

 

Sei soddisfatto del risultato finale?

Se penso che per mesi sono stato bloccato senza riuscire a scrivere niente, tale è stato lo stress del periodo in cui mio padre non stava bene…assolutamente sì.

 

Il tuo progetto è spesso concentrato sullo studio dell’anima. In che modo la musica può fare da ponte con altre dimensioni?

Ritengo questa domanda il nocciolo del disco. Grazie! Ti parlavo prima del tentativo di comunicazione tra mondi differenti.

La Cimatica, ad esempio, è una scienza che studia la relazione tra suono e materia; se si mette della sabbia su una superficie e la si sottopone a varie frequenze prodotte da un oscillatore, si nota che essa si dispone in modo geometrico e simmetrico creando dei veri e propri frattali.

Questa è la prova che il suono, ovvero la musica, può influenzare la materia. Se lo fa con la materia può farlo anche con l’anima. Ecco perché la musica è così importante. Non potrebbe esistere un mondo senza musica.

Affrontare certi temi ti porta chiaramente verso altri universi sonori, rispetto a quelli a cui siamo abituati, e immagino che di questo fossi consapevole sin dall’inizio della tua carriera, ma non ti ha frenato. A cosa pensi sia dovuta, invece, una certa paura di sperimentare che si percepisce nella musica attuale?

Credo si tratti della paura del cambiamento e di non essere capiti dal pubblico. Seguire vie traverse può portare ad una certa solitudine che non tutti sono disposti ad affrontare. Anche questo potrebbe essere un motivo.

Penso che di base bisogna sempre scrivere per esprimere se stessi, se poi l’ascoltatore si identifica allora è bellissimo. Quindi se la sperimentazione rispecchia il mio modo di raccontarmi allora ben venga. Ma non ha senso cercare consensi a tavolino perché non si è più se stessi. La gente non è stupida se ne accorge…

Domanda Nonsense: Sai chi sei?

Forse ora molto più di quando ero giovane, però la ricerca dà frutti soltanto se si è sempre disposti a dimenticarsi di chi si è per cercare sempre una nuova prospettiva di noi stessi.

In poche parole…mai smettere di mettersi in gioco. Perderemmo ogni stimolo.

Written By

Egle è avvocato e appassionata di musica. Dirige Nonsense Mag e ha sempre un sacco di idee strambe, che a volte sembrano funzionare. Potreste incontrarla sotto i palchi dei più importanti concerti e festival d'Italia, ma anche in qualche aula di tribunale!

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