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No Interview

No Interview – Adriano Viterbini ci parla degli I Hate My Village

Gli I Hate My Village sono sicuramente tra i gruppi rivelazione del 2019. Tutto è nato dall’incontro tra Fabio Rondanini alla batteria (Calibro 35, Afterhours) e Adriano Viterbini alla chitarra (Bud Spencer Blues Explosion e molti altri). Vede la partecipazione di Alberto Ferrari (Verdena) e Marco Fasolo (Jennifer Gentle) andando a comporre una “super band” che comprende quattro colonne portanti della musica indipendente nostrana. Il 18 gennaio è stato pubblicato l’omonimo album “I Hate My Village” per La Tempesta International, seguito dal primo singolo, intitolato Tony Hawk of Ghana. L’album è stato ristampato per cinque volte e tutte le copie sono letteralmente andate a ruba. A tutto questo è seguito un tour totalmente sold out.

Egle Taccia ha incontrato Adriano Viterbini per conoscere meglio il progetto.

Come vi siete ritrovati a mettere insieme questa super band?

Il progetto nasce qui a Roma da me e Fabio Rondanini, un po’ perché, essendo romani, abitiamo vicino e abbiamo deciso di vederci e di fare delle prove insieme, un po’ perché ci piace la musica africana e allo stesso tempo abbiamo un bagaglio, un background, simile. Ci siamo accorti immediatamente, io e Fabio, che il suono che producevamo e che generavamo insieme aveva qualcosa di non sentito, di originale, perché era come contaminare l’afrobeat con sonorità più tipiche dell’alternative music, della musica elettronica, o di alcuni groove tipici della scena rap, hip hop. Tuttavia, abbiamo deciso di coinvolgere quelli che erano per noi i nostri musicisti dei sogni, Alberto Ferrari dei Verdena e Marco Fasolo, quest’ultimo prima alla produzione e poi anche al basso dal vivo in un secondo momento. Un po’ per fortuna e con un po’ di magia è nato questo gruppo.

Cosa spinge un musicista affermato a mettersi alla prova in nuovi progetti?

Innanzitutto, grazie per il musicista affermato. In generale ci siamo trovati bene perché siamo quattro persone estremamente curiose e che, quindi, ogni volta che fanno qualcosa che ha a che vedere con la musica, non lo fanno così tanto per fare, ma perché mossi da una pura e genuina curiosità ed eccitazione verso questo lavoro.

Il vostro progetto è l’emblema dell’integrazione tra Africa e Occidente, un concetto molto osteggiato ultimamente. Volevate utilizzare la musica per diffondere un messaggio positivo?

No, diciamo che, più che altro, questo disco è un disco figlio dei nostri tempi e risente anche in maniera trasversale delle tematiche che viviamo quest’oggi. Sarebbe stato sciocco non puntare l’attenzione anche verso quello che viviamo noi, che vive l’Europa, che vive l’Africa in questo momento.

Cosa vi affascina della musica africana?

La semplicità, l’immediatezza, la condivisione…direi questi fattori e poi chiaramente se vado più sul tecnico anche alcune trovate ritmiche ed armoniche che sono davvero eccezionali.

Quali sono i punti di contrasto, le differenze con la musica occidentale?

Il contrasto è proprio questo. Noi siamo abituati ad esser cresciuti con una musica un po’ più elaborata, con una musica la cui derivazione ha un peso maggiore anche dal punto di vista dei testi. Per noi la musica non è solo musica, è anche un significato, un linguaggio lirico. La musica è poesia, è altro. Noi occidentali siamo una società complessa, meravigliosa ma complessa, mentre, invece, la musica africana è più densa di emozioni e sa essere molto semplice e molto immediata, non ha bisogno di troppi aiuti per essere capita, perché è così. Si palesa così, è semplice, arriva subito.

 Quali sono stati i modelli di riferimento per creare I Hate My Village?

Noi stessi. Per me Alberto, per Alberto io, per Fabio Marco e via dicendo. Ci siamo ispirati a noi stessi.

Che tipo di approccio avete utilizzato durante le registrazioni dell’album?

Tutto dal vivo, come se stessimo davanti a un pubblico. Non abbiamo utilizzato il computer e quindi tutto è venuto fuori in maniera estremamente viva, non c’è un ragionamento chirurgico. È tutto suonato. Quello che sentite sono le nostre mani, niente di più.

Domanda Nonsense: Qual è la vostra oasi nel deserto?

Ti direi che è la nostra fantasia. Siamo persone che si fanno guidare dall’entusiasmo. L’entusiasmo, probabilmente, è il posto da dove riusciamo a nutrirci e dove il progetto trova linfa vitale. L’entusiasmo e la curiosità.

Ecco le prossime date:

25 maggio 2019 – Parma – Parma Music Park
Info: www.facebook.com/ParmaMusicPark

26 maggio 2019 – Milano – Mi Ami festival
Info: www.miamifestival.it/2019

11 giugno 2019 – Bergamo – Lazzaretto, Happening delle Cooperative
Info: www.facebook.com/happening.dellecooperativesociali

12 giugno 2019 – Prato – Officina Giovani, Cantieri Culturali
Info: www.portalegiovani.prato.it/home

15 giugno 2019 – Bologna – Biografilm
Info: www.biografilm.it

21 giugno 2019 – Casale Monferrato (AL) – Jazz:Re:Found
Info: www.jazzrefound.it/2019

22 giugno 2019 – Vittorio Veneto (TV) – Rock4Ail
Info: www.rock4ail.it

28 giugno 2019 – Padova – Sherwood Festival
Info: www.sherwood.it

30 giugno 2019 – Brescia – Albori
Info: www.alborifestival.it

03 agosto 2019 – Platania (CZ) – Color Fest
Info: www.colorfest.it

10 agosto 2019 – Budapest – Sziget Festival
Info: www.szigetfestival.com/it

17 agosto 2019 – Grottaglie (TA) – Cinzella Festival
Info: www.cinzellafestival.com

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Egle è avvocato e appassionata di musica. Dirige Nonsense Mag e ha sempre un sacco di idee strambe, che a volte sembrano funzionare. Potreste incontrarla sotto i palchi dei più importanti concerti e festival d'Italia, ma anche in qualche aula di tribunale!

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