Dardust, al secolo Dario Faini, è un artista che è stato capace di creare un ponte tra gli strumenti classici e la musica moderna, attirando a sè l’attenzione di ascoltatori attenti provenienti da tutte le parti del mondo. Un vero successo per la musica strumentale, che sta prendendo sempre più piede e di cui il nostro è uno dei maggiori esponenti italiani.
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere sul suo nuovo esperimento musicale, “Slow is_” e sul modo in cui vorrebbe che venisse recepita la musica oggi.
Cosa si prova ad essere annoverati tra i pianisti italiani più ascoltati al mondo?
E’ una grande soddisfazione. E anche rivincita. Perché due anni fa quando ho cominciato con Dardust, mi guardavano come se fossi perdente già in partenza con un progetto così. E invece no. Sia ben chiaro per quello che mi riguarda siamo solo all’inizio e c’è tanta strada da fare. Ma direi che siamo partiti bene.
Che periodo sta vivendo la musica strumentale in Italia?
E’ un circuito a parte che vive su un altro livello. Oggi siamo nel pieno mood cantautorato indie e della trap. Mi sembrano due mondi che vivono nella golden age. Sembra che qualsiasi progetto che esca, appartenente a queste categorie, abbia subito grande attenzione e raggiunga numeri elevati al di là della qualità. Sembrerebbero due circuiti dopati dalla ricettività altissima del pubblico in questo momento e questo è comunque positivo.
Dall’altra parte la musica strumentale che sta all’esatto opposto sembrerebbe svantaggiata dal periodo storico, ma in un modo o nell’altro sopravvive su un piano diverso. Se vedo i numeri streaming su spotify di Dardust siamo sui 500 mila ascoltatori mensili, numeri altissimi, il doppio o il triplo degli artisti indie più seguiti o addirittura dei big del mondo mainstream. Questo grazie alla fruibilità in alcune playlist giganti.
Come vedi in un modo o nell’altro si sopravvive e anche molto bene.
“Slow is_” può considerarsi un omaggio alla lentezza e alla tua discografia?
“Slow is” è un riprendere in mano i miei brani migliori con la voglia di dare loro una nuova vita. La cosa migliore è stata ri innamorarmene di nuovo come il giorno in cui li ho scritti.
Che tipo di influenze hai racchiuso nell’album?
E’ un disco da camera, piano e quintetto d’archi, ma ho immaginato che fossero persi nello spazio piuttosto che in un ambiente chiuso. Mi piace decontestualizzare tutto e portarlo su un altro piano anche solo nell’immaginazione e poi tradurlo in suono. Ho amato per questo il re-work di Max Richter sulle “Quattro Stagioni” di Vivaldi.
Com’è nata la collaborazione con Davide Rossi, già con Coldplay, Röyksopp, Goldfrapp e Jon Hopkins?
Avevo collaborato con lui a distanza su “Il Cielo è vuoto” il brano che Cristiano De Andrè portò a Sanremo nel 2014. Ho sempre amato il modo in cui lui scrive gli archi. Quindi circa un anno fa ho pensato di coinvolgerlo. Credevo fosse impossibile e invece è stato ultra ricettivo ed entusiasta.
In che senso vuoi essere promotore di un ascolto emotivo?
E’ una provocazione. Nell’era delle playlist in cui abbiamo accesso a tutto e all’istante, forse abbiamo perso il senso della sorpresa e del valore che la musica ha. Siamo abituati ad avere tutto e subito, senza sudarcela un po’. Ricordo negli anni ’90, l’impazienza di avere il disco in uscita, prendere il bus, andare al negozio, comprare il vinile o cd, scartarlo e visionare il booklet mentre si tornava a casa con l’impazienza di metterlo su e ascoltare. E, quando si ascoltava, l’approccio era totalmente diverso soprattutto il valore emotivo che si dava all’ascolto. Ecco. Vorrei si tornasse a quello.
Cosa dobbiamo aspettarci da un tuo live?
Le due facce di Dardust, la sua bipolarità messa in scena. “Slow is/The New loud” è un brano di “Birth” che rappresenta Dardust concettualmente come l’Islanda in cui è stato scritto.
“Slow is” è la prima parte, neoclassica, rarefatta e magica come la “Laguna di ghiaccio”. “The New Loud” è il vulcano che esplode, impatto ritmico, arpeggiatori e il sound design che si fa percussivo e violento.
Che progetti hai per l’estate?
Tour estivo e prepararmi a collaborare per una prox release di Remix.
Ma io penso già a Londra e al terzo disco. Vorrei aprirmi a nuovi producers e allargare la mia visione.
Intervista a cura di Egle Taccia