“La Giusta Distanza Tour” dei GIORGIENESS sta per concludersi con le ultime date, prima che la band si ritiri in studio per preparare un nuovo album. Li abbiamo incontrati per fare un bilancio su ciò che ha significato per loro quest’anno in tour e per scoprire qualche anticipazione su quello che sarà il loro prossimo album.
Intervista di Egle Taccia
Siete in giro per le ultime date del tour prima di chiudervi in studio per registrare il nuovo album. Puoi darci qualche anticipazione?
Nulla di definito, perché di fatto lo sto ancora scrivendo. Quello che so è che l’approccio alla scrittura soprattutto delle parole è molto diverso, i momenti della giornata che uso per scrivere lo sono e il motivo per cui scrivo è diverso.
Ci saranno molti più noi, o comunque discorsi apparentemente meno personali, almeno nella mia testa è così, anche se in realtà esporre le mie idee e il mio modo di vivere è per me molto più difficile che parlare d’amore.
Ero una 20enne arrabbiata e innamorata, che fondamentalmente voleva farsi sentire da una persona sola, quando ho scritto La Giusta Distanza. Ora sono una ventiseienne stanca, un po’ cinica ma non disillusa, ma con la stessa urgenza di comunicare. Vedremo cosa ne viene fuori.
Hai in mente di sperimentare nuovi suoni?
Assolutamente sì. Siamo in studio in questi giorni per lavorare ad un pezzo ed essendo che molto parte dalle parole, il suono sarà sicuramente diverso, com’è giusto che sia. Credo sia stimolante non adagiarsi in una confort zone ma cercare ogni volta di spremersi fino alla fine per creare magia tra musica e testi.
Com’è cambiata la vostra vita e il vostro modo di intendere la musica dall’ 8 aprile scorso, data in cui è uscito l’apprezzatissimo album “La giusta distanza”?
Da fuori può sembrare molto tempo, ma per noi è come fosse passato un giorno. Le nostre vite sono le stesse ma suoniamo molto di più e questo ci rende immensamente felici. Personalmente è l’unica cosa che voglio fare, dalla mattina alla sera, tutto l’anno, per sempre. É cambiato che, con molto sacrificio, posso fare quasi solo questo, quando di più e quando di meno. Ovviamente è cresciuta anche la pressione e l’aspettativa, anche e soprattutto verso noi stessi, ma è parte del gioco e dà modo di non perdere il fuoco su quello che stiamo facendo.
Vi aspettavate questa bella risposta da parte del pubblico?
Ce la auguravamo, credendo tantissimo nel disco e in quello che stavamo andando a proporre live. È stato sicuramente un salto nel buio ed è andato oltre le aspettative. Siamo molto grati verso le persone che ci sostengono, sono davvero un pubblico caldo che ci segue sui palchi e anche altro. Ad un anno di distanza non possiamo che essere soddisfatti e felici della vita che ha avuto e continua ad avere La Giusta Distanza.
Qual è la giusta distanza che si deve avere nei confronti della vita?
Quando lo capisco davvero, lo spiego anche a voi, giuro!
Scherzi a parte, credo sia spiegabile con un esempio: quel momento tra l’incazzatura e la reazione. C’è sempre un secondo in cui se respiri puoi evitare di avere reazioni avventate. Ecco, la giusta distanza è quella che ti permette di non agire d’istinto, ma digerire le cose e vederle per quello che sono.
Se dovessi descrivere l’album con tre aggettivi quali useresti?
Sincero, viscerale, pestato.
Il tuo modo di scrivere svela una femminilità aggressiva; c’è una certa urgenza nella scrittura, una rabbia che si manifesta preponderante in molto brani e anche il vostro sound si muove verso un timbro aggressivo. È un album di pancia?
Di pancia, di cuore, di testa e di ventre direi. Come dicevo, ero una ragazzina arrabbiata col cuore che scoppiava d’amore per una persona bellissima, ma distante e difficile. Volevo farmi sentire e quindi urlavo. Non poteva che uscire così.
Com’è stato dividere il palco con i Garbage?
Splendido. E mi ha lasciato la convinzione che ovunque arriverò potrò arrivarci con umiltà. Loro sono stati gentili e amichevoli, ci hanno fatti sentire a casa in entrambe le date. Come sempre quando apri una band di un certo calibro hai il timore di annoiare il pubblico che non è li per te ma per loro. Quando però ti trovi davanti duemila persone che ti ascoltano senza pregiudizio e urlano e si divertono, passa quel sentimento e diventa un po’ anche il tuo concerto. Siamo stati fortunati, è successo più o meno così con tutte le band che abbiamo aperto.
Quali sono le vostre collaborazioni dei sogni?
Ho appena prestato la voce a Vasco Brondi per alcuni cori sul nuovo disco, per quel che mi riguarda sono a posto per i prossimi due anni. Sarebbe interessante lavorare con una band straniera che fa qualcosa di visionario e viscerale, non faccio nomi perché sparerei troppo altro, ma ci piacerebbe capire come lavorano per crescere.
Quanto dovremo aspettare prima di vedervi ancora sui palchi? Avete già una potenziale scadenza per l’uscita dell’album?
Per i palchi direi non molto e per il disco…anche. Di più non si può dire, ma tanto ci faremo sfuggire qualcosa prima o poi, non sappiamo tenerci nulla per troppo tempo.