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No Interview

No Interview – Luca Romagnoli ci racconta l’incubo stupendo del Management del Dolore Post-Operatorio

Abbiamo incontrato Luca Romagnoli del Management del Dolore Post-Operatorio per parlare di “Un Incubo Stupendo”, il loro quarto album ufficiale, da poco pubblicato per La Tempesta Dischi.

Si parla di sogni, di incubi, di sentimenti, di musica…

Giocando col titolo voglio chiedervi qual è il vostro incubo peggiore e il vostro sogno nel cassetto?

Posso parlare a livello personale in questo caso. A volte penso, anche per una questione psicofisica, di correre il rischio di fermarmi a un certo punto. Nonostante un potenziale successo, uno qualsiasi, posso pure diventare miliardario e riempire gli stadi, è una questione di resistere a questo mondo che è un mondo comunque difficile a livello di energia e di stress, quindi a volte, siccome non sono molto attaccato né al denaro né al successo, a niente in particolare, ci sono momenti in cui dico “bah, ma che cazzo me ne frega, torno a casa e mi faccio l’orticello”. Poi però penso che in realtà, se ci ragiono, sarei costretto a fare un altro tipo di lavoro e tutti i tipi di lavoro che potrei fare, a parte la musica, rappresentano sempre, nella quasi totalità dei casi, il mondo che io combatto; quindi il mio incubo è vedermi in un posto tipo una banca o una posta, con tutto il rispetto per la banca e per la posta, perché si lavora poco e si guadagna tanto, si sta bene, e pentirmi di avere abbandonato quello che è sempre stato il mio sogno, quello che mi piace fare. Questo è il mio incubo.

Il sogno che ho, invece, è quello di stare molto più tranquillo di così, perché non sto mai tranquillo; non avere l’ansia e vivere la vita molto più tranquillamente. Forse dovrei andare dallo psicologo più che sognare, ma sogno di stare bene. Io sono molto semplice, potrei desiderare il potere di Trump, come di essere completamente emarginato dal mondo. Non ho una passione specifica per le cose di questa vita, desidero tutto come un qualsiasi ragazzo della nostra epoca, quindi ho un desiderio verso le cose materiali, i soldi, il successo, la figa, ecc. ecc., però se mi dovessi ritrovare in totale tranquillità con due amici a mangiare pane e cipolla, tu lo sai benissimo che io sarei molto contento, non ho paura di niente.

Per questo album vi siete presi una pausa più lunga. Avete voluto fare le cose per bene?

Sì, volevamo prendere più tempo perché comunque durante il tour è un massacro registrare canzoni, inciderle e scriverle. Volevamo fare meglio, ragionarci di più, in questo caso sai che Marco ha fatto il produttore, quindi ci siamo fermati anche per ragionare su come fare, su come trovare il nostro modo di scrivere le nostre canzoni, anche un po’ per rilassarci e anche un po’ per prendere una pausa che, diciamoci la verità, anche a livello lavorativo è necessaria, perché non puoi suonare 400 volte negli stessi locali, quindi a un certo punto ti devi fermare per forza.

Con l’ingresso de IMuri siete quasi diventati una super band. Com’è nata la collaborazione con loro?

Io e Marco praticamente ci siamo ritrovati a guardare un loro concerto. Loro hanno delle canzoni molto belle, un disco molto bello, suonano molto bene sia a livello musicale che a livello di presenza sul palco. Sotto tutti gli aspetti, quando siamo andati a vedere il loro concerto siamo rimasti molto affascinati. Poi abbiamo cominciato a lavorare insieme, ci siamo trovati subito perfettamente e praticamente ormai è un anno che ci vediamo tutti i giorni per provare. Abbiamo registrato il disco insieme, ci siamo trovati benissimo e a quanto pare il pubblico dei concerti che abbiamo fatto è super soddisfatto, perché abbiamo trovato un ottimo equilibrio e anche la presenza delle due chitarre, siccome Marco ha sempre scritto canzoni per incroci di chitarre, funziona molto.

Nei vostri testi nascondete delle riflessioni importanti sotto la leggerezza. Penso a brani come “Esagerare sempre”, dove dietro il divertimento si nasconde anche la voglia di aiutare il prossimo e di riscoprire un’empatia con la gente che i social sembrano avere distrutto. Pensate che questo sia il modo vincente per veicolare i vostri messaggi?

Non lo so. C’è da dire una cosa, adesso dico una cosa da stronzo. Noi non lo facciamo sempre, ma ogni tanto strizziamo anche l’occhio… Nella musica comunque ci sono dei periodi, ci sono delle mode, ci sono dei linguaggi relativi a un’epoca. E questo effettivamente, lo devo ammettere anche con un certo rammarico da parte mia, è il tempo delle cose un po’ leggere. Essere troppo cattivi, esprimere la propria visione delle cose in maniera burbera, completamente incazzati, neri proprio, incazzati fino ai capelli, forse anche un po’ per colpa del linguaggio del web, dei social, è diventato noioso. E’ noioso quello lì che si mette sopra un piedistallo e ti punta il dito.  Sotto un certo punto di vista poi cambiamo anche noi insieme alla nostra epoca e quindi effettivamente anche a me adesso dà fastidio chi si pone in questo modo o anche a me pormi da profeta dà fastidio; quindi credo che l’ironia sia un ottimo modo per veicolare certi messaggi, anche se attraverso l’ironia a volte si corre il rischio di non prendersi troppo sul serio e di fare in modo che la gente non ti prenda troppo sul serio, perciò poi alla fine, quella critica fatta in quel modo lì rimane, perché l’ironia in fondo viene accettata dalle persone che la ricevono, dai suoi bersagli, vedi per esempio Berlusconi, che di tutta l’ironia che si è fatta su di lui non ha mai detto nulla, perché gli ha sempre fatto comodo, addirittura l’hanno sempre fatta sui suoi canali, quindi è stato lui stesso a volerla. Voglio dire, a volte l’ironia lascia il tempo che trova, diciamo che se volessimo parlare veramente di lotta e di battaglia si dovrebbe tornare ad incazzarsi un po’. Non si è mai fatta la rivoluzione con l’ironia insomma, il mercato sì; se ne parla tanto, si può parlare molto di tante cose, si può ragionare attraverso l’ironia, però la vera battaglia non credo che si faccia con l’ironia.

Luca Romagnoli del Management Del Dolore Post Operatorio ritratto dal vivo da Andrea Spinelli Art per Nonsense Mag

Luca Romagnoli – © Andrea Spinelli Art

I vostri 4 album ufficiali sono tutti molto diversi tra loro e affrontano temi diversi, in maniera diversa. Mi definisci ogni album con un aggettivo?

Auff!! era un disco urgente, si vede l’urgenza di comunicare delle cose in un certo modo, si vede che ha il fuoco dentro. Avevamo un’altra età, eravamo giovani.

McMao è un disco superbo, sia nel senso buono che nel senso cattivo del termine. Nel senso che abbiamo voluto fare tanto, ci siamo anche riusciti, ma non proprio sempre. Ha sia i pregi che i difetti della superbia.

I love You è un disco sicuramente diretto, in cui ci siamo detti per questo disco qua vogliamo sparare coltellate in faccia, tutte le cose che abbiamo da dire senza mezzi termini e senza nessun tipo di compromesso.

Un incubo stupendo, essendoci presi una pausa, avendoci ragionato molto, posso dire che è un disco più maturo, non maturo a tutti gli effetti, ma sicuramente più maturo degli altri, ragionato, anche più emotivo e malinconico. C’è più sentimento, ma non è sentimentale.

Infatti il disco affronta il tema del lasciarsi, che in questo periodo sta diventando tristemente noto alla cronaca. Che ne pensate al riguardo?

Secondo me le storie non dovrebbero proprio iniziare, insomma, io credo che la coppia sia un po’ un blackout della nostra società. Gli esseri umani sono nati liberi, la coppia è una specie di diminuzione della propria libertà e anche la monogamia è una limitazione, essendo animali siamo nati per essere liberi. Il matrimonio e la coppia sono tutte cose che vengono dopo quella che noi chiamiamo civiltà.

Secondo me nessuno deve lasciare niente, perché nessuno è proprietario di niente, nessuno può essere mai proprietario di un’altra persona nemmeno per un minuto, dovremmo essere tutti più intelligenti e gli scandali e le cose oscene che vediamo in televisione e che finiscono in sangue e morte per me sono completamente lontani, non ne riesco neanche a parlare, perché per un gruppo come noi che esprime così completamente attraverso tutti i suoi dischi il concetto della libertà mi sembra assolutamente assurdo doverne ancora parlare, come dei diritti delle persone, delle donne, degli omosessuali. Io mi vergogno di parlarne, so che se ne deve ancora parlare perché purtroppo siamo ancora nel Medioevo, siamo ancora primitivi, però le persone che sono qui, che mi stanno intervistando e che ci stanno leggendo, le reputo persone intelligenti, e per le persone intelligenti come voi e come noi non c’è bisogno di sentire queste cose. Non c’è bisogno della legge per dirmi non devi uccidere nessuno, non devi fare del male a una ragazza o devi lasciare la gente libera di pensarla come vuole. Non ho bisogno che scrivano dei libri per farmi capire queste cose, mi sembra una cosa del tutto naturale. Non saprei cosa dire, perché non sta nei miei canoni di pensiero limitare una persona in nessun modo. Se una ragazza che io amo tantissimo mi dovesse dire guarda ci dobbiamo lasciare, io dico grazie che me l’hai detto.

“Ci vuole stile” invece ironizza sulle canzoni preconfezionate che vanno tanto di moda nelle radio. Pensate davvero che il pubblico voglia ascoltare questo tipo di musica, oppure l’andamento dei live sembra dire esattamente l’opposto?

Il potere della televisione e della radio è sicuramente superiore a quello dei concerti, anzi la radio e la televisione va usata per aumentare il flusso ai concerti, ormai lo sappiamo, dobbiamo lavorare così. Però c’è anche il web, c’è anche un passaparola concerto per concerto, quindi sicuramente si fa tanto sotto tutti gli aspetti. Certo andare in radio, a rotazione in determinate radio e in determinati canali televisivi, aiuta tantissimo. Diciamo che è la solita ironia su alcuni tipi di modelli di canzoni tipo “tu mi ami io ti amo”, che in Italia funzionano, hanno sempre funzionato e funzioneranno per sempre. Però è anche un gioco, perché anche per noi nel disco c’è un tipo di malinconia e di “romanticismo”, che ripeto non è sentimentale, ma c’è del sentimento; comunque ognuno ha il suo modo di agire e la sua libertà di agire nel mondo, può agire anche solo per soldi, per suo tornaconto, perché gli piace… Ognuno ha il proprio stile, che ci piaccia o no, bello o brutto che sia. Nel brano c’è un po’ di provocazione, detta un po’ con la nostra solita spocchia. Però diciamo che è anche una cosa bella sapere che ogni persona abbia il proprio stile, affronti la vita a suo modo, faccia quello che cavolo gli pare, va bene così. È sicuramente qualcosa che riguarda più lo stile che abbiamo dentro che quello che abbiamo fuori, come diciamo anche nella canzone. Ognuno ha il suo stile, ognuno vive la vita come vuole.

Intervista a cura di Egle Taccia

Written By

Egle è avvocato e appassionata di musica. Dirige Nonsense Mag e ha sempre un sacco di idee strambe, che a volte sembrano funzionare. Potreste incontrarla sotto i palchi dei più importanti concerti e festival d'Italia, ma anche in qualche aula di tribunale!

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