Secret Book è il nuovo disco del pianista e compositore neoclassico Fabrizio Paterlini. Arrangiamenti in piano solo, che si fondono con archi ed elettronica, caratterizzano i brani di questo nono lavoro mostrando un lato inedito dell’artista. Lo abbiamo intervistato per sapere qualcosa di più riguardo all’album, alla Memory Recordings e non solo.
“Secret Book” prende un po’ le distanze dall’impostazione classica avvicinandosi al mondo della neo-classica e dell’elettronica. Cosa ti ha spinto verso questa scelta?
Questa scelta è arrivata sperimentando, accostando idee di piano ad altri strumenti, con la voglia di non ripetersi. Il mio precedente “The Art of the Piano”, voleva essere un mio umile tributo al piano, inteso come strumento completo, che non necessita di altre “comparse”. Da lì, mi sono poi mosso, ho iniziato a sperimentare con i vecchi sintetizzatori che avevo in soffitta, ho iniziato a dialogare con un trio d’archi e, dopo più di due anni di materiale scritto e a volte rielaborato, è arrivato “Secret Book”.
Questo disco rappresenta anche la prima release della Memory Recordings, la tua nuova etichetta. Come ti senti nel ruolo di produttore?
Mah, più che produttore mi vedo maggiormente nel ruolo di musicista che ha già un po’ di strada alle spalle e che può quindi aiutare altri musicisti a districarsi nel complicato (anzi, complicatissimo) mondo del music business. L’etichetta è per me questo soprattutto: un modo di dare un senso a tutte le esperienze (belle e brutte) che ho fatto in questi anni.
Sono passati dieci anni dal tuo primo lavoro discografico. Ripercorrendo le tappe più importanti, ti ritieni soddisfatto?
Decisamente sì. Se penso a quando dieci anni fa componevo sullo stage piano in camera da letto del bilocale in cui stavo, mi viene da sorridere! E’ un percorso lungo, quello che ho intrapreso. Lavorare da soli, senza “Santi in Paradiso”, contare solo sui risultati effettivamente ottenuti e raggiungere traguardi prestigiosi suonando nei teatri più belli del mondo è una soddisfazione impareggiabile. Questo è il messaggio che vorrei trasmettere agli artisti che lavorano con me in etichetta: se offri il meglio di cui sei capace, onestamente, senza fingere di essere chi non sei, i risultati alla fine arrivano.
Come ti sei avvicinato al pianoforte?
Vengo da una famiglia di musicisti. Mi sono avvicinato al pianoforte da piccolo, circa a 6 anni.
Da cosa trai più ispirazione per comporre?
Credo che l’ispirazione sia un’energia che gira nell’aria. Sta a noi, creare i presupposti per riuscire a coglierla. Nel mio caso, credo sia la vita che ho scelto di fare che mi predispone ad “allargare le maglie” e cogliere l’ispirazione.
Prossimi progetti?
Per quanto mi riguarda personalmente, sono diventato padre per la terza volta da poco, quindi i prossimi mesi sono dedicati soprattutto alla famiglia – e poi voglio lasciare un po’ il tempo alle musiche di “Secret Book” di girare in rete. Per quanto riguarda l’etichetta, il 22 di settembre esce un album interessantissimo di Andrea Carri (Shadows) e in ottobre uscirà un bell’album di piano solo di Roberto Attanasio.
Intervista a cura di Cinzia Canali