A febbraio è uscito il nuovo album di Paolo Saporiti “Acini live, Trio”, un disco che vuole suggellare un percorso importante, un’intensa attività live che ha visto il cantante impegnato sul palco, negli ultimi due anni, con il suo intenso ed emozionante album “Acini”.
“Acini-Live”, uscito lo scorso 21 febbraio, è il racconto dell’intensa vita sul palco degli ultimi tempi: come e quando è nata l’idea?
“Acini live, trio” è nato in tour. Per un anno e mezzo di date, non ho mai ascoltato una sola registrazione di quello che facevamo. Ad un certo punto però, la sensazione di avere per le mani qualche cosa di bello, mi ha conquistato e convinto. Parlandone con Alberto, poi, ho maturato l’idea di registrare e pubblicare il disco dal vivo. Parlo di Alberto, perché la sua esperienza specifica col trio e quella solista, mi hanno suggerito di valutare la necessità di fotografare quello che stavamo riuscendo a fare sul palco. Questo disco, nelle mie intenzioni, avrebbe dovuto essere il traghetto per raggiungere una nuova isola. Ora capirò quando e come andare a visitarla, quest’isola.
Il sottotitolo “trio” di Acini Live sottolinea l’importanza dei tuoi compagni di viaggio, Alberto N.A. Turra e Lucio Sagone: raccontaci come vi siete conosciuti e cosa, in particolare, vi lega così tanto.
Lucio è un amico e compagno di vecchia data, forse la persona che mi ha scoperto, all’inizio. Con lui e Christian Alati abbiamo dato vita a un trio, anni fa, chiamato Don Quibol. A quell’epoca scrivevo ancora in inglese e Lucio suonava la batteria col suo stile inconfondibile. Siamo rimasti amici, come capita tra musicisti – come con una ex che ti rimane nel cuore ma che non frequenti più come prima e che, non appena le riapri la porta, entra in casa e si sdraia comodamente sul divano in salotto, come non fosse passato un solo giorno da allora – e ci siamo “giurati di nuovo fedeltà”, non appena ho dovuto iniziare a portare in giro i brani di Acini. È il batterista e l’amico perfetto con cui girare in tour. Alberto l’ho scoperto tanti anni fa, volevo chiamarlo ma non era tempo, non mi sono sentito autorizzato. Poi l’ho ascoltato una volta e da lì è bastata l’imbeccata del mio ufficio stampa, per concretizzare l’ipotesi felice della nostra collaborazione e amicizia. In pratica, ho attivato due duetti in parallelo, per sopperire ai loro impegni individuali e un giorno li ho guardati negli occhi e ho chiesto: ragazzi perché non suoniamo in trio? È bastata una prova ed è partito il cinema, il suonare assieme ha consolidato un’amicizia.
Per chi non conoscesse ancora “Acini”, come lo presenteresti?
Credo tu intenda sempre il live e non il disco cui fa direttamente riferimento. Si tratta di un progetto, nel quale abbiamo affondato le mani in buona parte della mia carriera solista, in italiano, rivisitando ogni singola composizione in una nuova forma, aperta alle reali e concrete caratteristiche dei singoli nuovi componenti. Non ho mai lavorato razionalmente, mi appoggio sempre su quello che ho davanti e lascio che le cose accadano e mi guidino. Prendo gli elementi e lascio che loro mi rimescolino, me e le canzoni. È un lavoro basato sulla fiducia e sull’amore del condividere, la disciplina e la dedizione alla sacralità del gesto. Lascio piena libertà di espressione poi, in funzione della bellezza e del gusto di ognuno. È per questo che le persone che scelgo e che mi scelgono siedono sempre sul divano di casa, recuperando la metafora.
La scelta di non cancellare i rumori di sala e ripulire i suoni rende tutto più realistico, sembra di essere davvero lì sul palco con voi…
È esattamente quello che volevamo, io e Raffaele (OrangeHomeRecords) a livello di produzione artistica. Portare con noi, chi non ci ha mai visti e chi lo ha fatto ma non ne ha ancora avuto abbastanza. Per questo nascono anche le riprese video. La magia che si crea sul palco, è una delle ragioni per cui facciamo questo lavoro, è come recitare, e andava sostenuta fino in fondo. È il rapporto con gli altri che dona un senso a tutto, come nella vita. Solo che su un palco non ci si può mentire troppo a lungo, se le cose non vanno, soprattutto se il tessuto è così scarno e definito e i ruoli sono tanto precisi come in un trio. Con loro, ho ottenuto quello che ho visto succedere sul palco dei grandi, tre elementi incollati uno all’altro, uniti nella grazia.
Domanda Nonsense: costretti dall’emergenza Corona virus a stare chiusi in casa, consigliaci 5 dischi che, secondo te, sono assolutamente indispensabili per la propria sopravvivenza.
1.Mark Hollis di Mark Hollis
2. Uno qualsiasi dei dischi ufficiali di Nick Drake, volendo anche “The time Of No Eeply” il primo postumo pubblicato.
3. Astral Weeks di Van Morrison
4. 1000 Hurts degli Shellac
5. Grace di Jeff Buckley
A cura di Laura De Angelis