È uscito il 23 giugno, su etichetta Garrincha Dischi/Private Stanze, Dow Jones, il nuovo album del bolognese Renzo Picchi, aka nel dubbio… mi raccomando scritto in minuscolo!
“Dow Jones pesa 11.523 battute, 9.418 senza spazi.
Misura 2.031 parole lungo le sue 241 frasi.
Dura 44 minuti e 18 secondi. Si estende per 22 canzoni.
Tempo trascorso 1.091 giorni dall’accensione del primo microfono alle vostre orecchie.”
Odi l’estate – già per questo nutro simpatia nei tuoi confronti – ma “Dow Jones” è uscito, in digitale, proprio all’inizio di questa stagione rovente. Come la mettiamo?
È un disco squisitamente estivo. Non trovi? Speravo lo suonassero un poco di più nelle discoteche in riviera ma mi so accontentare. Ora è arrivato l’autunno ed è uscito tutto su CD così possiamo ascoltarlo anche sui vecchi stereo del ’98. Tante buone notizie tutte insieme, non so se reggo.
Come per “Ossidrile”, il tuo primo disco, anche in questo le tracce sono 22, hanno titoli di una sola parola e sono rigorosamente in ordine alfabetico…
Ah. La rassicurante immutabilità delle tradizioni. Non è bellissimo? Come i pranzi della domenica, la tombolata di Natale, le canzoni in spagnolo da maggio a settembre. Volevo chiamarlo ancora “Ossidrile” ma editori, etichette, giornalisti, uffici stampa e forse anche un avvocato sono stati convincenti e ho desistito. Non voglio rompere Internet.
Sono trascorsi sei anni da un disco all’altro. Il tuo approccio alla musica in cosa è cambiato?
“Approccio” è una parola grossa che presuppone che io sia un musicista e che possieda una specie di metodo. Entrambe cose molto molto false. Ho tuttavia delle regole del gioco rigidissime che in questi anni sono rimaste invariate. Scrittura in 20 minuti, o il pezzo si butta. Nessuna canzone d’amore. Evitare accuratamente alcune parole. Inserire la birra nei testi il più possibile. Musicalmente nel disco ho voluto registrare molte prese dirette, figlie del momento, e come piccola regola nuova in più, su una buona metà dei testi delle canzoni ho cercato di eliminare completamente il genere dei protagonisti, in modo da permettere a chi ascolta di crearsi una propria immagine. Mi sono divertito molto nelle registrazioni con Luca (Spaggiari, cantautore dei Fargas e capitano di Private Stanze), che ha compreso perfettamente lo spirito dell’intera impresa ed ha amplificato ogni idea, aggiungendone a sua volta parecchie.
Possiamo definirlo “approccio”? A malapena, forse.
Ho l’impressione che tu sia uno di quei cantautori che riesce a trarre ispirazione anche da una semplice spesa al supermercato. Sbaglio?
Il gioco è proprio quello. Di amore e grandi cose sono già pieni i dischi. Sulla spesa invece? Siamo sicuri di esserci detti davvero tutto tra lo sferragliare dei carrelli e gli scaffali delle offerte?
Perché “nel dubbio”?
Non è un vero e proprio nome. È sempre stato il filo conduttore di tutto quello che ho scritto.
‘nel dubbio’, rigorosamente in minuscolo, è soprattutto il titolo di una raccolta lunga 44 canzoni.
Domanda Nonsense: “E vissero per sempre felici e contenti” negli anni zero dovrebbe evolvere in un…?
“E vissero per niente felici o contenti”
Intervista a cura di Cinzia Canali
