Testi ironici, melodie pop-rock, un timbro vocale inconfondibile: lui è Kama, cantautore e storyteller che riesce ad unire poesia e ironia a musica immediata e coinvolgente. Lo abbiamo intervistato e, tra una cosa e l’altra, ci ha raccontato del suo nuovo album “Un signore anch’io”, dei suoi dischi preferiti e di quanto per lui sia importante parlare di tutti e a tutti.
di Eleonora Montesanti
Cito l’incipit della tua biografia: “Kama è il nome d’arte che stava appresso ad un cappellino verde.” Perché hai scelto questo nome? Cosa significa per te?
E’ solo l’inizio del mio cognome il soprannome col quale mi chiamano da sempre i miei amici. Niente a che vedere con divinità indiane o altre fantasie del genere…
Nel tuo percorso musicale ci sono molte esperienze: hai iniziato suonando in una band, poi hai collaborato con molti artisti sia live, sia in studio. Quand’è nata l’esigenza di avere il tuo progetto solista?
Eravamo in tour con Fabrizio Coppola. Io, Ale, Annibale e Riccardo Pastorini facevamo parte della sua band e per gioco feci sentire a loro le mie canzoni. Ne furono così entusiasti che mi aiutarono a registrare il mio primo ep. Senza di loro non avrei mai preso coraggio, ancora oggi li ringrazio di cuore. Da li’ a poco più di un anno avrei firmato il mio primo contratto discografico con Eclectic Circus…
A tal proposito, ti ricordi qual è la prima canzone che hai composto?
La prima canzone scritta per il mio progetto solista fu Sapore sapido… “a malelingue cui racconterò che sono ancora in piedi con la mia memoria e ballo, e rido e canto (…) sapore sapido non sento più”. Lo scioglimento degli Scigad, il gruppo in cui militavo… l’avevo presa bene! 🙂
Lo scorso settembre è uscito il tuo nuovo lavoro Un signore anche io, un bel disco pop-rock che condisce con ironia molte situazioni esistenziali in cui è facile rispecchiarsi. Qual è, qui, il significato del termine signore?
La canzone che dà il titolo e chiude il disco dice: potessi mai / parlarti un po’ di me / a modo mio / un Signore anch’io.
Signore, con la “S” maiuscola. Siate voi stessi il vostro Dio. E’ questa l’esortazione. Distruggete i vostri miti e mettetevi al centro, mettete l’uomo e i sentimenti al centro.
Tu ti reputi un cantautore? Qual è la tua definizione di cantautore riferito alla musica attuale?
Un cantautore e’ un musicista che canta le canzoni che scrive. Lo so una vera rarità visto che ormai per lo più ci sono cantanti con pubblico ma senza canzoni… Il cantautorato italiano parte da lontano, ha solide radici e le sue fronde cercano luce puntando verso il cielo. Mio papà era un cantante, negli anni ’60. Quando ero piccolo se ne tornava a casa con un vinile ogni tanto. Era un evento. Una volta “Titanic” di De Gregori… una volta “Album” di Bertoli. Li consumavamo. Ora faccio il cantautore. In italiano. Mi immagino la casalinga di Voghera che mentre gira il ragù canta una mia canzone… Ecco, quello voglio. Entrare nelle case. Quelle di tutti i giorni, quelle di tutti.
E in quelle case non si canta mica “in the shadows” o cose cosi’. Si canta “straaaadaaa facendoooo”.
E io, tra le casalinghe vado fortissimo…
Quali sono state le ispirazioni artistiche e culturali che ti hanno accompagnato durante la fase creativa di Un signore anche io?
Qualche tuo collega l’ha definito un album “illuminista”. Penso che credenze, rituali e superstizione abbiano uno spazio enorme e ingiustificato nella nostra cultura, e non parlo solo di religione. Sento quotidianamente e sempre di più il loro peso sulla morale, sull’etica ed in generale sulla libertà individuale. Questa cosa la soffro e mi serviva dirlo.
Quali sono, invece, i tre dischi più importanti della tua vita?
Difficile scegliere. Provoco un po’ 🙂
“Revolver”, Beatles.
“Certi momenti” Bertoli
“Rio” Duran Duran
Cosa rappresenta per te il palcoscenico?
Ci sto sopra da quando ho sedici anni. E’ il luogo in cui chiudo fuori tutti i sentimenti e le emozioni negative… le tossine della mente, non i sentimenti tristi. Forse uno dei pochi momenti della vita in cui riesco (posso?) ad abbassare le difese ed essere genuino…
E’ un posto che sento mio.
E se ti dico futuro, cosa mi rispondi?
Ancora due o tre video estratti da questo album che penso sia ricco di contenuti e che vada valorizzato. Tante date, il più possibile in giro per l’Italia, voglio assaggiare le persone, godermele!
Poi rimettermi al lavoro con questo gruppo di musicisti fantastici che mi seguono per il nuovo disco.
Concedimi di citarli, ci tengo: Giacomo Vaghi (chitarra), Tiziano Del Cotto (basso), il maestro Daniele Marino (piano Wurlitzer), Marco Larry Riva (batteria) e Stefano Kaldo Caldonazzo (percussioni).
Vi aspettiamo dal vivo!