Due anni fa circa l’esordio con “Canzoni sull’alternativa”, successivamente un tour importante di almeno cento date, il 2018 lo vede di nuovo in corsa con Le nuvole si spostano comunque, il secondo disco. Stiamo parlando del cantautore savonese Edoardo Chiesa.
Intervista a cura di Cinzia Canali
“Le nuvole si spostano comunque” quindi tanto vale non agitarsi troppo, giusto?
Esattamente.
Per fortuna esistono ancora cose che l’uomo non riesce a controllare. E ricordarcelo non può farci che bene.
Questo disco è la concreta dimostrazione che si può fare un gran lavoro pur senza troppi orpelli. Sembra che tutto sia ben calibrato per far sì che il racconto giunga all’ascoltatore in maniera nitida e diretta…
Per questo disco ho voluto puntare tutto sulle canzoni, le volevo il più nude possibili.
Ho utilizzato gli elementi essenziali per farle funzionare. Una chitarra, il basso (Damiano Ferrando) e la batteria (Andrea Carattino). Nient’altro.
Il grosso del lavoro non è stato l’aggiungere ma il togliere.
L’album è stato registrato in presa diretta e su nastro, scelta che sempre più artisti stanno prediligendo, come mai secondo te?
Ti rispondo per me, ma penso che valga per molti.
È stata un’esigenza dettata dalla volontà di catturare l’intesa tra me e i musicisti. Proprio perché ho giocato con pochi elementi, era necessario che le canzoni fossero “vive”, vere.
In questo ha contribuito la scelta di registrare passando attraverso il nastro analogico che ha aggiunto un colore in più al suono, lo ha caratterizzato e scaldato ulteriormente.
Uno dei pezzi presente nella tracklist si intitola “Il filo”, puoi raccontarci di cosa parla?
Racconta di come sia facile ed insieme complessa la comunicazione al giorno d’oggi.
Siamo potenzialmente iperconnessi con chiunque, ma a chi siamo davvero legati? Quanto approfondiamo i rapporti ?
Generalmente scrivi prima musica o parole?
L’intuizione è quasi sempre musicale. Poi arrivano le parole che crescono ed evolvono insieme alla musica.
Dopo “Canzoni sull’alternativa”, uscito nel 2015, sei partito per un lungo tour. Quanto conta l’esperienza dei live per la cosiddetta crescita artistica?
Tantissimo.
È stato grazie al tour del disco precedente che mi sono innamorato della chitarra acustica e ho accantonato quella elettrica.
Suonare dal vivo per me è l’obiettivo primario, la cosa che mi diverte di più e che al tempo stesso mi aiuta a crescere. Il confronto con gli altri, in questo lavoro, è fondamentale.
Sulla copertina troviamo uno sfondo di nuvole e mare e in primo piano la metà di un’ Araujia, ammetto di non aver risolto il rebus!
Ahahahahahah! Non c’è molto da risolvere. È il particolare di un piccolo quartetto realizzato dalla mia ragazza qualche tempo fa. Lo abbiamo a casa.
Ho pensato fosse perfetto per descrivere e richiamare l’atmosfera sonora del disco, calda e setosa.
Domanda Nonsense: il primo lavoro che hai sognato di fare da bambino?
Il cantante ?