Il lungo addio è il nuovo disco, uscito per Goodfellas, dei Dollaro d’Onore, spaghetti western rock band. L’album, formato da sei brani inediti e quattro cover di classici firmati Ennio Morricone e Riz Ortolani, propone le sonorità tipiche delle colonne sonore spaghetti western rilette in chiave moderna.
La scelta di intitolare il disco “Il lungo addio” ha a che fare anche con il film omonimo?
Il titolo dell’album è stato scelto perché il brano omonimo è il più evocativo del disco e per certi versi è anche il più rappresentativo del nostro stile, con quell’andatura malinconica che si può ritrovare un po’ in ogni brano. Al di là di questo sì, volevo anche richiamare l’omonimo film e l’omonimo album di Dylan Dog, di cui sono un grande estimatore.
Come ha preso forma questo lavoro?
La genesi è stata molto lenta. Dopo qualche anno passato a suonare esclusivamente cover abbiamo maturato l’idea di scrivere dei brani nostri e, assieme ad alcune cover riarrangiate, farne un disco. Abbiamo cominciato a lavorare sui nostri brani a “tempo perso” finché non c’è stata la vittoria di Toscana100 band, che ci ha obbligatoriamente imposto un’accelerata: da lì abbiamo ultimato i 3 brani già avviati e scritto gli altri 3 in poco più di due mesi. Le cover erano già pronte, abbiamo deciso di avvalerci di una produzione esterna (Marco Carnesecchi) per dare un certo taglio al sound, cercato i musicisti disposti a collaborare con noi e siamo entrati in studio.
Troviamo diversi ospiti all’interno dell’album, da Simone Salvatori degli Spiritual Front a Davide Arnetoli della Band del Brasiliano. Come sono nate queste collaborazioni?
Più che altro conoscenze personali. Eravamo in studio con la sezione di fiati, di cui faceva parte anche Filippo Brilli della Band del Brasiliano, che ci ha detto che Davide era un ottimo fischiatore…io lo conoscevo già da anni perché suonavamo assieme in un gruppo in tarda adolescenza, ma ero all’oscuro di questa sua dote. L’ho chiamato e lui è stato ben felice di darci una mano. Simone invece l’ho contattato tramite una comune amica, avevo subito pensato a lui per il brano cantato del disco, sia perché sono un grande fan degli Spiritual Front sia perché sapevo della sua passione per gli spaghetti western. Andrea Celeste è un’amica di Gennaro (chitarrista), con Luca Capponi avevamo già collaborato con un concerto/reading ad Ascoli e siamo rimasti in contatto da allora. I Vocal Blue Trains li abbiamo contattati tramite Marco Biagioli, che è il cantante di un altro mio progetto e canta nel coro. Jacopo Ciani è un mio “compaesano” e lo conoscevo sia per i suoi progetti sia per la sua presenza come spettatore ad alcuni nostri concerti.
Come avete selezionato le quattro cover da inserire nel disco?
Le cover le abbiamo selezionate dal nostro repertorio di cover band, scegliendo quelle che più erano rappresentative del nostro stile, con gli arrangiamenti che più ci piacevano.
La copertina mi ricorda la locandina di un film di Tarantino, sbaglio?
Non sbagli…volevo qualcosa di minimale e d’impatto, con un taglio vintage ma anche moderno. Il rosso, l’ocra, il nero sono storicamente i colori degli spaghetti western, e Tarantino li aveva rispolverati per la locandina di “Django Unchained”. Mi era da subito piaciuta molto, e ho seguito quello stile volutamente. Alla fine ci accomuna la passione per il genere e il tentativo di recupero dello stesso, quando più quando meno contaminato.
Come data di pubblicazione avete optato per il 10 novembre, giorno in cui Ennio Morricone ha spento ben 89 candeline. Possiamo definirla una sorta di dedica?
Direi di sì. Abbiamo avuto dei ritardi nell’uscita del disco, e bisognava scegliere a quel punto o ottobre o novembre…visto che il compleanno di Morricone cadeva ad inizio novembre, abbiamo optato per quella data. Alla fine senza di lui questo genere non esisterebbe, quindi ci sembrava doveroso.
Domanda Nonsense: il film che avreste voluto dirigere?
Domanda difficile. Per la perfezione dei dialoghi direi “Il buono il brutto e il cattivo”. Gennaro però direbbe sicuramente “Per qualche dollaro in più”.
Intervista a cura di Cinzia Canali