The Night Has Gone To War segna il debutto di [lessness], il nuovo progetto solista di Luigi Segnana, ex membro di Casa del Mirto, co-fondatore di Mashhh! Records e co-produttore di tutta la discografia dell’etichetta.
L’Ep, uscito il 20 ottobre per Justin Jest Entertaiment/I Musician Digital, è permeato da atmosfere cupe con influenze di synthwave e post-punk.
Prima di tutto, perché hai scelto il moniker [lessness]?
Ci sono più motivazioni concatenate a proposito della scelta di [lessness] quale monile per questo progetto. La principale è la mia passione per la lettura e l’impatto che ha avuto su di me il testo di Samuel Beckett dal titolo, appunto, “lessness”. Di quel testo non ci ho capito niente, ma mi ci sono ritrovato totalmente, soprattutto nella sensazione di blocco emotivo e di incompiutezza. La totale assenza di movimento e di capacità di progredire dovuto ad una forma virulenta di malinconia che ti tiene ancorato a terra. Oltre a questo, il moniker vuole essere un monito, ed è per questo che l’ho messo tra parentesi – per circoscrivere questa sensazione, un monito a non lasciarsi sopraffare da questi malinconici loop emotivi bloccanti.
“The Night Has Gone To War” segna l’inizio di un tuo percorso da solista dopo l’esperienza con Casa del Mirto. Cosa ti ha spinto verso questa decisione?
Dopo aver chiuso la mia personale esperienza con Casa del Mirto, mi sono preso un bel periodo di pausa, ho resettato tutto e ricominciato da capo, prima come essere umano e poi come pseudo musicista. Avevo bisogno di ritrovare un senso. Oppure, semplicemente, dopo un po’ mi è tornata la voglia di suonare il basso. Le canzoni, poi, sono uscite da sole, con semplicità e senza un piano preciso. Un flusso di coscienza.
Pur non potendolo definire un concept album, c’è un tema predominante sul quale ruota questo Ep: la notte come metafora di un momento difficile, buio. Come hanno preso forma i brani?
Non si può definire un concept perché non è stato concepito come tale, le canzoni sono nate in autonomia una dall’altra e in momenti diversi e lontani tra loro. Quello che le unisce, in questo Ep, sono le tematiche trattate nei testi e un certo tipo di sonorità scura, che rappresenta il lento entrare in una notte emotiva senza luce. I brani sono nati tutti da dei giri di basso, ai quali ho costruito attorno le canzoni. A parte “Diwedd”, quella è nata sotto la doccia.
“There’s a fire that burns in the deepest night”, della serie non bisogna mai perdere la speranza…
La speranza è uno dei problemi peggiori, si spera sempre che le cose si sistemino da sole e questo ci dà l’illusione che ci sia un piano superiore. La frase in questione non significa siediti, il tempo passa e migliora le cose, ci penserà qualcuno. Vuol dire che se ci sono delle difficoltà se sei in un periodo difficile se tutto gira storto, è comunque tutto nelle tue mani e che a volte è sufficiente cambiare prospettiva e una via d’uscita si trova.
Che sensazioni provi quando componi le canzoni?
È difficile da spiegare. Quando scrivo è come se tutto attorno sparisse, la percezione del tempo cambia. È una cosa che mi avvolge completamente e mi porta via.
Domanda Nonsense: chi vorresti abbracciare in questo preciso istante?
Johnny Cash. [quando non si sa cosa dire, Johnny Cash è la risposta a tutto].
Intervista a cura di Cinzia Canali