Milano, lunedì 2 Settembre 2019. Nonostante sia l’inizio della prima settimana lavorativa post ferie per la maggior parte dei milanesi, il pubblico del teatro degli Arcimboldi non si lascia sfuggire la ghiotta occasione di assistere allo show di Mike Patton, che ripropone il repertorio di pop italiano anni ’60 rielaborato con il suo progetto “Mondo Cane”. La bella serata è resa ulteriormente piacevole dal clima fresco che ha fatto seguito all’acquazzone mattutino, e il cielo stesso, con un colorato tramonto, allieta l’attesa dei fan più trepidanti, che alle 20:15 possono finalmente accedere al teatro.
Tocca attendere un’altra ora per vedere Mike ed il suo esercito, composto da qualche decina di musicisti di supporto fra navigati sessionman, affascinanti coriste ed una piccola autentica orchestra: invocato negli ultimi minuti d’attesa da un teatro completamente sold out, l’istrionico Patton non si lascia desiderare oltremodo ed apre con “Il cielo in una stanza”, il classico di Gino Paoli che in questo contesto suona quasi come un furbesco omaggio all’amato pubblico. L’entusiasmo è palpabile e sia l’artista che gli spettatori sono già caldi per quella che si rivelerà una serata animata, diversa dal solito, nel composto contesto del teatro milanese.
Patton è in forma e, con la sua formidabile voce e con sapienti movenze, si rivela l’autentico mattatore della serata, supportato perfettamente dal suo ensemble: gli occorre assai poco per calarsi in maniera assolutamente credibile nei panni dei due grandi “Fred” della musica italiana, Buscaglione e Bongusto, interpretando nell’entusiasmo generale “Che notte!” e “Ore d’amore”. Nonostante la versatilità del cantante sia cosa ormai arcinota, stupisce sentire dal vivo le sue interpretazioni, così credibili e penetranti: dal patinato swing di Arigliano, all’urlatissimo beat psichedelico dei The Blackman, passando per la sentita e commovente esecuzione di “Quello che conta” di Luigi Tenco, con “Mondo Cane” il buon Mike riesce nell’impresa di far riapprezzare ai presenti questi classici indimenticabili della musica italiana, riuscendo a mettere in essi la sua personalità, senza mai perdere d’occhio il senso e il sentimento contenuto in essi.
Sono in molti a sottolineare come l’istrionismo di Patton sia particolarmente adatto al contesto degli Arcimboldi: personaggio teatrale, Mike sembra aver applicato il classico metodo Stanislavskij per interpretare al meglio questi brani, ognuno dei quali è accompagnato da un’enfasi o una piccola, azzeccata mossa che dimostra come egli ne abbia saputo cogliere il senso. Se constatiamo la vastità del repertorio proposto e l’agio con cui egli passa da una canzone all’altra, fa specie pensare al profondo lavoro di ricerca e studio che Patton ha compiuto su questi brani: dai particolari vocalizzi del più grande classico di Edoardo Vianello alla simpatica “Scalinatella” di Murolo, dalla passionalità del grande Adriano in “Storia d’amore” alle urla dei Primitives, tornando ancora alla scuola genovese di Tenco e Paoli, Patton trova sempre la chiave di interpretazione corretta, confermandosi interprete credibile e autentico amante della musica italiana d’antan.
Seppur inevitabilmente venato dall’inglese d’origine, il suo italiano è pronunciato perfettamente anche nelle linee dialettali più particolari – incluso il saluto very bauscia “Ué Milano!” – e la padronanza linguistica è espressa dall’enfasi tonale sempre azzeccata, sulla parola giusta ed al momento giusto: oltre alla gestualità teatrale, è chiaro ed ammirevole lo studio linguistico e filologico attuato su canzoni che hanno saputo conquistare il cantante nativo di Eureka, California.
Oltre a questo, ciò che ha reso indimenticabile il concerto è stato il rapporto caloroso col pubblico, fra brevi introduzioni e racconti rigorosamente in italiano, qualche parolaccia piazzata ad arte – senza troppo esagerare, visto il contesto – e saltuari e salaci scambi di battute con i fan. Sembra quasi superfluo riferire come ogni brano abbia scatenato un tripudio di applausi fra le file del teatro.
C’è tempo per una chiusura in grande stile, con due set di encore: nel primo spicca certamente “Balada de la trompeta” di Raphael, con Roy Paci ospite d’onore alla tromba solista, mentre nel secondo, invocato da qualche minuto di ininterrotti applausi, ci ha colpiti particolarmente la toccante interpretazione di “Retrovertigo” dei Mr. Bungle, brano che forse è stato scelto per il mood così simile alla malinconia celata in tante delle canzoni proposte stasera. Non ci resta che tributare una meritata standing ovation all’artista e alla sua orchestra, per poi uscire soddisfatti da questo toccante show.
Ripensando alla serata, già pregustiamo l’ascolto del nuovo progetto “Corpse Flower” con Jean-Claude Vannier, ma oltre a ciò usciamo animati dal desiderio di riscoprire le interpretazioni originali delle venti canzoni di stasera. Non è possibile restare indifferenti alla passione ed alla classe profusa da uno dei più geniali sperimentatori dei giorni nostri: “Mondo Cane” non è un progetto di cover od un semplice tributo, bensì un autentico atto d’amore verso la nostra storia musicale, per il quale possiamo solamente ringraziare Mike Patton.
Main set:
- Il cielo in una stanza (Gino Paoli)
- Che notte! (Fred Buscaglione)
- Ore d’amore (Fred Bongusto)
- 20 Km al giorno (Nicola Arigliano)
- Quello che conta (Luigi Tenco)
- L’urlo negro (The Blackmen)
- Doce doce (Fred Bongusto)
- Deep down (Christy)
- Pinne, fucile ed occhiali (Edoardo Vianello)
- Scalinatella (Roberto Murolo)
- L’uomo che non sapeva amare (Nico Fidenco)
- Canzone (Don Backy)
- Storia d’amore (Adriano Celentano)
- Lontano, lontano (Luigi Tenco)
- Yeeeeeeh! (The Primitives)
- Senza Fine (Gino Paoli)
Encore 1st set:
- Balada de la trompeta (Raphael)
- Dio, come ti amo (Domenico Modugno)
Encore 2nd set:
- Intermezzo strumentale
- Sole Malato (Domenico Modugno)
- Retrovertigo (Mr. Bungle)