Se, ai più in Italia, il nome Random Recipe non dirà molto (nonostante la loro quinta presenza nel “bel paese”), vi assicuro che i loro live fanno capire subito quanto sia facilmente intuibile il senso di tale “ricetta casuale”.
Sono stato a Catania, per assistere alla prima volta in sicilia dei Random Recipe, la band canadese di Montreal, che fa dell’eclettico mix di generi, la loro tipica, chiara e intricata, ma per niente casuale, matrice.
L’appuntamento era inizialmente previsto (insieme ad un ampio dj set) al live music club Industrie, uno dei più grandi e rinomati locali della città per concerti rock e serate disco; palco che avrebbe esaltato non poco l’attitudine live delle due frontwomen titolari del progetto. Ma degli inconvenienti tecnici improvvisi hanno lievemente ridimensionato la situazione, spostando il live al centro multiculturale Mono, nuovissima realtà nella zona della stazione e delle ciminiere, vicino a tanti altri storici locali live e della movida catanese, incontrando così anche clienti occasionali e ignari del concerto.
Al mio arrivo è quasi mezzanotte e il piccolo club offre subito un’accoglienza calorosa e una dimensione più “umana”. Non c’è un vero e proprio palco: c’è una pista da ballo centrale che collega da un lato l’ingresso e il bar, con in fondo il cortile e i tavolini.
Da un capo della pista, Frannie Holder e Fab iniziano subito a coinvolgere il pubblico numeroso, tirandoli letteralmente vicino a sé a suon di rap e beatbox. Raggiungono i due musicisti turnisti, il batterista Stefan e il bassista Emilio e partono col primo pezzo, Words Come Out: Frannie alterna un cantato flebile ad un rap deciso e li mischia col rap anglo-spagnolo di Fab; gli astanti sono subito incantati.
Shipwreak fa salire l’entusiasmo e Strawberry Daiquiri (la mia preferita) conferma il fascino della voce delicata di Frannie, mentre Fab ipnotizza suonando lo steel pan, il tamburo concavo d’acciaio nato a Trinidad, dal tipico tintinnio caraibico.
Entrano prepotenti altre percussioni e campionamenti gestiti da Stefan, la chitarra di Frannie e il basso di Emilio: Big Girl e Dimples danno un’accelerata. Si passa dal pop al funk, dal rap all’indie rock, dal trip hop alla folktronica. Something On My Mind e This Mess alzano il trend contemporaneo di quella che sta ormai diventando una festa: ballano più o meno tutti.
Fight The Feeling produce gli ultimi ancheggiamenti (per ora), prima che le ragazze si fermino un attimo per raccontarsi un po’…
Ci dicono, con una vena molto ironica e confidenziale, chi sono e da dove vengono, presentano la band, le origini, le motivazioni e lo sviluppo del nuovo album.
Scopriamo da Fab, in un ottimo italiano, il suo vero nome, Fabrizia (Di Fruscia) e le sue evidenti origini, tanto che da lì in poi comincerà a chiamare i suoi amici e colleghi italianizzando i nomi: Francesca, Stefano ed Emilio… che va bene, resta Emilio, ma viene definito “il puto”, cioè quello della band avvezzo (o addetto) agli “incontri” post live col pubblico femminile (anche se la cosa sembra più uno sfottò alla sua timidezza). Frannie si scusa per la sua forma non eccelsa, causa malori da cozze a Taranto e un po’ di febbre: solo acqua sul palco, mentre di solito va a birra. Gli altri ne approfittano per un “cicchetto” con Paolo Mei di Rocketta. Non c’è più in formazione Vincent Legault, mentre il batterista Liu-Kong Ha è rimasto a Montreal per badare alla figlia appena nata.
Sono in attività da dieci anni e sono in tour in tutta Italia; quinta volta, ma prima tappa in Sicilia (Catania è la nona di 24 tappe) per promuovere il loro terzo album in studio, Distraction, (il titolo allude alla nostra era: l’età dell’entertainment, del sovraccarico di informazioni e delle soddisfazioni effimere) che indaga il ruolo della donna e il suo contributo nel mondo della musica. Di conseguenza i testi del disco esplorano queste tematiche sociali, politiche e femministe. Prodotto da Marie-Hélène L. Delorme (FOXTROTT) e Philippe Brault, con innumerevoli collaborazioni tutte al femminile, tra cui spicca Rhonda Smith, già bassista di Prince, Beyoncé e Chaka Khan…
Tutto ciò porta al brano Hey Boy, uno dei testi più duri sul tema, amplificato dalle note lievi in contrasto.
Si va verso la chiusura con Beautiful Connection e Monsters&Swords. A me e ad altre persone in prima fila, Fab affida degli spara coriandoli cinesi e raccomanda di seguire la giusta direzione e aspettare il segnale. Va giù di gag e doppi sensi sul non “sparare” prima; amici e colleghi presenti si uniscono allo sfottò dalle retrovie: risate e imbarazzo (ma riuscirò a fare il mio dovere)… Arriva il segnale. Esplode la festa. Siamo tutti entusiasti e contenti, ma non ci basta.
Il bis è d’obbligo: MMXVII e Out Of The Sky (il primo singolo estratto dall’album uscito il 6 Aprile), più una breve jam rap in inglese, italiano (parte del brano Sta’ Zitto) e spagnolo. Applausi scroscianti e urla. Ringraziamenti, soprattutto a Paolo di Rocketta Booking (a detta loro fautore del miglior tour) e appuntamento al bar per chiacchierare e visionare il merchandising.
L’indomani suonano a Siracusa, ad orario aperitivo all’Hmora (Accamora, cioè per ora, tipico modo di dire siciliano sull’indefinibilità del tempo) un piccolo e grazioso pub, sito in una zona meno turistica della città rispetto a Ortigia.
Non posso non approfittarne, conquistato dalla sera precedente.
Stavolta arrivo in anticipo, Fabrizia mi riconosce subito e assisto al soundcheck. Alle 20 spaccate iniziano a rappare tra i tavoli, convincendo subito i primi clienti.
La scaletta è pressoché la stessa di Catania. Le chiacchiere con il pubblico sono più sciolte: evidentemente si sentono già a loro agio coi siciliani. Frannie sta meglio e stavolta beve anche lei. Partono gag sull’assunzione di alcol con medicinali, insieme a un dottore seduto in prima fila; Carlo, il giovane infaticabile proprietario, si unisce agli scherzi mimando l’offerta di un fusto intero di birra appena preso in magazzino. I clienti giunti per il solito aperitivo domenicale, alcuni anche inconsapevoli del live, diventano sempre più “pubblico”.
I siracusani si mostrano persone simpatiche, accoglienti, ricettive e partecipi (al di là di ironiche nomee), mettendoci del loro come spettatori. Il tutto reso molto facile dalla splendida coinvolgente energia dei Random Recipe, vere creature da palco…
Palco, altezza e separazione di ambienti che Frannie avrebbe forse preferito (con un piccolo rimpianto per Industrie a livello di spettacolo) per combattere la sua timidezza, come ha dichiarato, ma che alla fine non ha per nulla scalfito il suo modo di approcciarsi, da ciò che abbiamo visto e sentito.
La band ringrazia tutti, fa i complimenti al calore e alla bellezza estetica degli/lle italiani/e e salutano a lato due amici impresari francesi (l’ultima tappa del tour, la 25sima, si svolgerà a Parigi), dandogli scherzosamente del “belli dentro” più che fuori.
Ai siracusani viene dedicato un ulteriore bis: Love Love, una delicata e lenta ballad che chiude anche il loro primo album del 2010, Fold It! Mold It!. Poi tutti a bere una birra e un “cicchetto”.