Milano, 27 Settembre 2019. Il pubblico in attesa del concerto presso la Santeria di via Toscana non è quello delle grandi occasioni, ma l’entusiasmo dei presenti è assai palpabile, fra ricordi di vecchie esibizioni dei Pavement ed entusiasti pareri di chi ha potuto assistere a precedenti date in altri Paesi europei: sta per iniziare infatti il concerto di Stephen Malkmus, che dopo aver pubblicato due album negli ultimi due anni (il controverso “Sparkle Hard” coi Jicksnel 2018 e il solista “Groove Denied” nel 2019), è tornato a calcare il palco in attesa dell’annunciata reunion coi Pavement prevista per il 2020.
In quella che si annuncia una “godibile serata per intenditori”, l’onore di aprire il set spetta a Martin Frawley: il trentenne originario di Melbourne, ex leader dei Twerps, apre la serata alla Santeria proponendoci un indie folk piacevole, trasmettendo una buona personalità ed una buona capacità di tenere il palco con una buona dose di timida simpatia e, soprattutto, una manciata di valide canzoni che gli valgono la benevolenza e gli applausi dei presenti.
Pochi minuti dopo lo show di Frawley, sale sul palco uno Stephen Malkmus grintoso e decisamente in forma, pronto a prendere possesso del set armato di chitarra, laptop ed un’impressionante pedaliera con cui dar vita ad una serie di effetti tali da non far rimpiangere l’apporto di una band. In una mise assolutamente casual che da lontano ci fa pensare ad un Paul Weller in versione grunge, Stephen prende subito possesso della strumentazione salutando in maniera quasi stentata un pubblico già entusiasta. Nonostante l’approccio assai timido, il singer californiano ha avuto presto modo di rompere il ghiaccio imbracciando la chitarra per esibirsi con un interessante set di brani dal repertorio solista, con i brani di “Groove Denied” a dominare la scena, salvo poi far contenti i fan di vecchia data proponendo alcuni cavalli di battaglia dal repertorio dei Pavement e dei Silver Jews.
Concentrato ma allo stesso tempo sicuro di sé e dominatore assoluto del palco, Malkmus si mostra pienamente a suo agio in questa particolare veste solista, nella quale le sue canzoni brillano all’interno di un autentico caleidoscopio sonoro da lui comandato, giocando con effetti, campionamenti ed auto-tune. Nonostante la Santeria non abbia purtroppo registrato il pienone di alcune delle precedenti date, Stephen si mostra contento del contesto: seppur indaffarato a gestire la sua vasta strumentazione, egli sembra godersi la serata, lasciandosi pian piano andare fino ad interagire simpaticamente col pubblico, ora scambiando battute con entusiasti fan che lo hanno seguito nelle precedenti date, ora semplicemente introducendo in maniera più distesa alcuni brani, dopo un inizio fatto di saluti monosillabici.
La carne al fuoco messa da Malkmus in questo live è davvero parecchia: fra i brani del valido “Groove Denied”, la cui pubblicazione sembra quasi essere stata una rivincita personale del cantante, abbiamo modo di ascoltare entusiasmanti versioni di “Viktor Borgia”, “Forget Your Place” e “Boss Viscerate”. L’esibizione di Malkmus è perfetta e suona quasi come una lezione di storia della musica indie, elettronica e post punk dall’inizio degli anni ’60 ad oggi. Nella musica di Stephen troviamo echi di New Order e Cabaret Voltaire, andando nel corso del live indietro nel tempo fino ai Velvet Undeground, omaggiati con una lisergica e distortissima versione di “Ocean”.
Malkmus è ordinatamente scatenato sul palco, alternandosi convulsamente fra i tanti strumenti, il microfono e tanti accenni di danza e salti che strappano urla entusiaste fra il pubblico: nonostante la platea della Santeria sia piena per poco più di metà, la serata è calorosissima per via dell’entusiasmo dei presenti, che trasmette a Stephen le giuste energie. Spaziando con sapienti excursus nel repertorio dei Pavement con alcuni amati classici come “Spit on a Stranger”, “Frontwards” e “Fight This Generation” per la gioia dei presenti, il concerto di Stephen Malkmus si trasforma in una brillante antologia che consente di riscoprire l’eclettico talento del nostro. Dopo circa una quindicina di canzoni, l’artista simpaticamente ci fa capire di non voler stare al gioco dei “bis”, esibendosi subito con gli encore e salutando soddisfatto il pubblico.
Sornione e disincantato, ma nel contempo assolutamente geniale, Stephen Malkmus ha portato alla Santeria Social Club il sapore degli anni ’90 più sperimentali e fuori dagli schermi, facendoci respirare il clima di quegli anni grazie al contatto diretto ed immediato che – nonostante tutto – si è stabilito nel corso della serata fra artista e pubblico: una piacevole intimità che ha consentito al rocker di Santa Monica di esprimersi al meglio, consentendo ai presenti di sentirsi partecipi di un piccolo evento cult da ricordare negli anni a venire.