Certe cose accadono al momento giusto. Certe volte, l’energia karmica si incanala verso la retta direzione e noi umani ne possiamo giovare. In alcuni casi, gli astri si allineano e le nostre giornate migliorano. Il mio primo ascolto di Senza Denti dei Die Abete è un esempio macroscopico di queste macroscopiche cospirazioni universali.
Un sabato, verso l’ora di cena, inserisco le credenziali su Facebook per l’ennesimo log-in della giornata. Non mi aspetto nulla di nuovo. Scorro le notizie per qualche secondo ed eccolo lì: l’annuncio del nuovo album dei Die Abete. Si tratta di una band non adatta ai deboli di cuore: due batterie granitiche, due chitarre che sputano fuoco, dei vocals ora disperati, ora rabbiosi. Il loro primo full length, Tutto o Niente (uscito nel 2014 per V4V), è un ottimo esordio post-hardcore. Un piccolo delirio fatto di riff spericolati e attitudine incendiaria. Tre anni dopo e un’etichetta dopo (ora i ragazzi di Terni sono sotto To Lose La Track) pubblicano Senza Denti.
Se la mia scrittura dovesse combaciare con gli intenti di Senza Denti, probabilmente alternerei periodi brevi, flussi di coscienza, parole in caps lock e imprecazioni di varia intensità. Questo disco strapazza l’ascoltatore dalla prima all’ultima traccia. Ci sono dissonanze a volontà, cambi di tempo da internati mentali, urla poderose e massa sonora da vendere. È post-hardcore puro e riuscitissimo che prende spunto dai colossi Botch, Converge e The Dillinger Escape Plan. Il percorso di evoluzione dal primo disco è chiaramente tangibile; la produzione è molto più curata, i punti morti sono prossimi allo zero e, nel complesso, le intricate trame strumentali sono più efficaci e pungenti.
“Se siete d’accordo, azzeriamo tutto e ripartiamo da capo” fa capire subito che aria tira. Già nei primi cinque secondi si è trascinati in un vortice di hardcore violence e rabbia emotiva, le due componenti che sono predominanti nell’intero disco. Di pregevole fattura “Icaro”, brano istrionico che si basa su delle trame chitarriste botch-iane, stop ‘n go e cambi di tempo.
Attimi di relativo respiro possono essere avvertiti nelle due tracce più lunghe del disco, “Il giorno dei fuochi” e “Umea”. Nella prima, la coda è giocata su un tripudio di feedback oscuri e accordi modulati, nella seconda viene lasciato spazio ad un incedere melodico che viene brutalmente ammazzato verso la fine. Anche negli attimi in cui i Die Abete premono sul pedale del freno, non c’è spazio per la spensieratezza. Il disco si chiude con “Cheers, Colera!”, che irrora veleno dagli altoparlanti, complice anche un’outro cupa e minacciosa.
Sono più che sicuro che tutti gli appassionati di post-hardcore potranno amare questo disco. È intenso, brutale, tecnico e fresco: quattro componenti fondamentali per un ottimo LP post-hardcore. Se poi dovesse capitarvi tra le orecchie in un momento inaspettato, come è successo fortunatamente a me, l’effetto sorpresa e l’impatto emotivo rendono Senza Denti ancora più bello.
Promosso a pienissimi voti.