Lo scorso 18 ottobre è uscito “Metropolitana”, il nuovo singolo di Riccardo Inge, poliedrico cantautore milanese con l’anima divisa tra la razionalità della professione di ingegnere e la creatività del cantautore.
Come ci spiega lo stesso Inge, «“Metropolitana” parla di quanto ormai non riusciamo più a comunicare, se non attraverso i nostri cellulari. Questa situazione raggiunge i massimi livelli proprio nei luoghi più affollati dove la comunicazione dovrebbe essere, al contrario, facilitata: la metropolitana è uno di questi. Sono io il primo a raccogliermi spesso nella mia solitudine digitale da pendolare 3.0.
Questa canzone nasce da una controtendenza improvvisa: un giorno lasciai per sbaglio il cellulare a casa e mi misi a osservare le persone intorno a me. Avrei potuto urlare qualunque cosa che sarebbero rimaste sorde, curve e ‘con la testa china’ a guardare lo schermo fra le loro mani. Ero solo in mezzo alla gente.»
Intervista di Vincenza Avellina
Fai spesso riferimento alla tua doppia vocazione di ingegnere-cantautore. Come gestisci tale dicotomia ed in che modo questi due aspetti si influenzano a vicenda?
È uno scontro quotidiano che vivo tra la mia parte razionale e quella più artistica. La gente intorno a me vede spesso solo una delle due. E a volte io stesso dico che di giorno faccio l’ingegnere e di notte il cantautore. Un po’ come Bruce Wayne (senza i miliardi) e Batman.
In realtà questa doppia identità tende a sovrapporsi durante la vita di tutti i giorni, rendendo ancora più difficile la gestione delle due metà.
Il tuo primo EP è “Giorno di festa”, parlaci di com’è nato e delle esperienze più significative legate ad esso.
È stato il lavoro più facile e più difficile allo stesso (anche qui doppia identità). Non avendo pubblicato mai canzoni con precedenti progetti, avevo la necessità di iniziare e di mettere un punto di partenza. Libertà di scelta, ma anche paura di non riuscire a creare qualcosa di coerente. Mi sono, quindi, affidato alla produzione di Simone Sproccati, raccogliendo alcune delle canzoni scritte negli ultimi 2-3 anni.
L’EP mi ha permesso di entrare nel mercato discografico e di capirne le logiche, oltre che incontrare i componenti della mia attuale band con cui sono sempre in giro a suonare ovunque in un ‘never ending’ tour.
Hai collaborato con diversi artisti importanti nel panorama musicale italiano, raccontaci qualche aneddoto che ricordi con particolare affetto.
Ricordo con piacere una chiacchierata con Massimo Luca (chitarrista storico di Battisti e produttore tra gli altri del primo Grignani). Gli inviai le mie canzoni e lui mi invitò a casa sua per bere un caffè e conoscermi. Fu un gesto molto bello per la sua semplicità.
Fai parte dell’associazione Officine Buone, la quale promuove la beneficenza attraverso la musica. Parlaci della tua esperienza.
Non ho mai fatto, purtroppo, abbastanza beneficenza. Ho scoperto non solo il piacere di fare del bene, ma di poterlo fare attraverso la musica. Officine Buone (e nello specifico il progetto ‘ Special Stage’) riesce a coniugare questi aspetti, realizzando una sorta di talent dove i giudici sono i pazienti.
Si passa un paio d’ore in compagnia di persone che non vedono l’ora di vederti suonare per mettere in pausa i problemi e fare una delle cose più belle al mondo: cantare.
Il tuo ultimo singolo è “Metropolitana”, nel quale affronti i problemi legati alla comunicazione nell’era dei social network. Come mai hai sentito l’esigenza di affrontare questi temi?
Sono uno dei tanti che utilizza il cellulare e i supporti elettronici in maniera compulsiva. La canzone nasce proprio dall’esigenza (o forse una necessità) di aprire gli occhi e alzare lo sguardo per capire chi abbiamo al nostro fianco. La metropolitana, come del resto molti luoghi affollati, accentua questo isolamento: non è un caso che le stesse scene si vedono nei ristoranti, negli uffici e in generale in tutti i luoghi dove non c’è più comunicazione.
Ma la parola è ancora la comunicazione più forte.
Domanda Nonsense: Se potessi scegliere un qualunque personaggio del passato o del presente, chi ti piacerebbe incontrare in metropolitana alle sette del mattino, quando hai dimenticato il cellulare a casa e hai voglia di chiacchierare?
Sono nato con il mito di Freddie Mercury. Non so cosa darei per vedere un suo concerto. Figurati scambiarci quattro chiacchiere. E non parlo per una questione di simpatia, ma parlo di genialità e capacità di affascinare le persone con la propria arte e con le proprie idee. In una parola: carisma.
Probabilmente se lo incontrassi non andrei al lavoro e rimarrei sulla metropolitana tutto il giorno, magari con la speranza di farci una cantata assieme. Ok, sto sognando ad occhi aperti, ma è come quando scrivo una canzone: non riesco a smettere di farlo.