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Tiromancino – “Ho cambiato tante case” è il nuovo album [Intervista]

L’8 ottobre è uscito il nuovo album di inediti di Tiromancino, intitolato “Ho cambiato tante case”.

L’album raccoglie il meglio degli ultimi brani pubblicati da Tiromancino come il successo radiofonico FINCHÉ TI VA”, i due brani che fanno parte della colonna sonora dell’ultimo film di Zampaglione, MORRISON,CEROTTI” e “ER MUSICISTA”, a cui si aggiungono altri 9 inediti tra cui il duetto con CARMEN CONSOLI in “L’odore del mare”, il nuovo singolo appena pubblicato e già tra i 10 brani italiani più programmati dalle radio “Domenica” e la straordinaria collaborazione in “Questa terra bellissima” con ALAN CLARK dei DIRE STRAITS.

 

L’album, di cui Zampaglione ha curato la produzione artistica e gli arrangiamenti avvalendosi della collaborazione di Jason Rooney per la produzione di “Eccoci Papà”, “Er Musicista”, “Lei”, “Finché ti va” e “Cerotti”, di Leo Pari per la produzione di “Avvicinandoti” e Antonio Marcucci per “Domenica”, “Ho cambiato tante case” e “Tu e io”, testimonia il rapporto ormai più che consolidato tra il cantautore romano e la nuova generazione di cantautori italiani, quell’indie di cui Zampaglione è considerato a ragion veduta uno dei padri fondatori.

In questo album, infatti, sono presenti Gazzelle (autore di testo e musica con Zampaglione del branoCerotti”), Galeffi (coautore di testo e musica della title track “Ho cambiato tante case”), Leo Pari (coautore di testo e musica di “Avvicinandoti”) e Franco126 (che ha scritto e cantato insieme a Zampaglione “Er Musicista” e ha cofirmato testo e musica di “tu e io”).

Andando oltre al cantautorato, anche il rapper Ernia e il producer TY1, tra i più apprezzati della loro generazione, hanno chiamato quest’anno Tiromancino per duettare insieme nella versione rap del successo del 2002 “Nessuna certezza” dal titolo “Via da Qui”.

Abbiamo partecipato a un incontro stampa con Federico Zampaglione, organizzato poco prima dell’uscita del disco, dove l’artista ha parlato del nuovo album e del suo rapporto con i giovani cantautori con cui ha collaborato.

Abbiamo aperto l’incontro chiedendo all’artista quanto quest’album abbia risentito del periodo che abbiamo vissuto e che stentiamo a lasciarci alle spalle.

Tutto ha risentito di questo periodo, perché a meno che non abbia vissuto su Marte, qualsiasi essere umano di qualunque città, Paese, è stato estremamente condizionato da quello che è successo. L’album, a causa di tutta questa faccenda, ha allungato molto i suoi tempi di lavorazione. C’era una prima versione che era pronta già all’incirca nel 2020 e che consideravo in qualche modo finita, perché raccontava sufficientemente bene quello che avevo vissuto fino a quel momento. Poi è scoppiata la pandemia e musicalmente abbiamo capito che l’album non sarebbe uscito, che i concerti non si sarebbero fatti e l’aspetto musicale è stato messo in stand by. A quel punto mi sono dedicato a un film che avrei dovuto girare già da un po’ di tempo, ma non trovavo mai l’occasione, che era “Morrison”. Ho approfittato di quel periodo per fare il film e mi ci sono dedicato per gran parte dell’inverno. Nel film, però, ho inserito anche due canzoni di quelle che facevano parte dell’album. Finito il film, ho cominciato a riflettere sul disco e mi sono detto che bisognava cambiare qualcosa, perché tutta questa vicenda umana, sociale e psicologica non poteva non essere minimamente raccontata all’interno del nuovo disco, quindi ho ricominciato a scrivere e sono venute fuori almeno 4-5 canzoni nuove, come quella con Galeffi, un’altra con Franco 126 che si intitola “Tu E io”, poi è nata “Avvicinandoti” con Leo Pari, quindi paradossalmente l’aspetto più solare e condiviso del disco è uscito proprio come reazione alla pandemia, una cosa abbastanza singolare.

Detto questo, è sicuramente uno dei dischi su cui ho lavorato di più, perché ha avuto dei tempi di lavorazione molto lunghi, l’ho usato anche come antidoto a tanti momenti di ansia e sconforto che ho attraversato, e mi sto preparando coraggiosamente a questa uscita, perché per me l’uscita di un disco è sempre un momentaccio, nel senso che un po’ mi dispiace che escano i dischi, perché li sento talmente miei che ci soffro. Pensare che l’ascoltino gli altri, che gli diano delle emozioni, mi rincuora, ma è sempre uno shock e devo dire che stanotte l’ho ascoltato, l’ho messo in cuffia quasi per tutta la notte, pensando che sarebbe stata l’ultima notte in cui lo avrei avuto tutto per me.  

Durante l’incontro si parla anche di “Questa Terra Bellissima”, brano che ha una chiara matrice ambientalista. Gli viene chiesto se possiamo considerarlo un inno ambientalista.

Può essere definito un inno ambientalista, ma soprattutto una canzone d’amore nei confronti dei nostri figli. Cosa stiamo lasciando a questi ragazzini? Su che pianeta terra dovranno vivere? Che succederà? Ogni giorno mi rendo conto che l’ambiente comincia a darci dei segnali molto chiari e molto forti della serie “ragazzi, state attenti che qui sono cazzi vostri se continuate di questo passo”. È una canzone che è nata prima di tutta l’ondata del Covid, anche prima delle battaglie di Greta. È stata scritta con mio padre e con mio fratello, è un pezzo a cui tengo molto anche musicalmente, non solo per il testo. È una canzone dove ci sono degli stili che amo molto. Ci sono dei passaggi che la avvicinano al mondo del country, del country western, e anche al mondo dei Dire Straits, una band che ho amato molto soprattutto da ragazzo e per questo ho chiamato a suonare in questo pezzo Alan Clark, che era il tastierista storico dei Dire Straits, e gli abbiamo dato ancor di più quel sound knopfleriano. È una canzone che chi ascolterà il disco apprezzerà a mio avviso, perché non è scritta in toni paternalistici o polemici, non c’è il solito dito puntato sull’ambiente, che fa risultare spesso questi argomenti un po’ pesanti da digerire, ma è un inno alla bellezza della Terra, alla bellezza delle cose che ci circondano, in cui si chiede di non dimenticare tutto questo per il bene delle generazioni future.

A proposito di generazioni future, gli viene chiesto qualche consiglio da dare ai giovani musicisti per superare artisticamente questo periodo.

Ho collaborato con giovani molto intelligenti e capaci che hanno già ben chiare le loro idee. Quando ho lavorato con loro non ho avuto minimamente la sensazione di lavorare con dei ragazzi che dovevano capire cosa fare, erano autori con la a maiuscola, dei giovani leoni. E’ stato proprio uno scambio bello, perché abbiamo la stessa mentalità, quella di cercare di fare delle canzoni che abbiano la possibilità di vivere. Così come le persone vogliono vivere a lungo, perché nessuno vuole morire nell’immediato, tutti sperano di vivere tanto e di vivere in buona salute, anche le canzoni hanno un’anima e ragionano così, non c’è una canzone che vede l’ora di morire sei mesi dopo. La canzone spera di attraversare il tempo, di rimanere nel cuore della gente, di diventare un rito collettivo, che ogni volta che viene intonata la gente la canta. L’idea è quella di dare vita a canzoni che possano andare avanti negli anni, io questa cosa l’ho sempre pensata e questo ragionamento si è avverato, nel senso che quando ero in taxi per fare un’intervista stavano mettendo “Per me è importante”, poi tornando hanno messo “Due destini”, poi accendo la televisione e c’è “Un tempo piccolo”, poi metto un talent e c’è un ragazzo che canta “La descrizione di un attimo”. Lì capisci che la canzone veramente sta facendo un percorso di vita. Purtroppo, molto spesso questa cosa non è tanto a fuoco per altri che cominciano, perché pensano che un grande successo sia l’inizio di chissà quale spettacolare carriera e non che è semplicemente una cosa momentanea. Invece i ragazzi con cui ho collaborato sono tutti consapevoli che, quando scrivi una canzone e la fai andare, la devi scrivere in un certo modo, se la riempi di cose del momento, se la riempi di termini che vanno di moda nel 2021, nel 2022 tutta quella roba è diventata vecchia e nessuno la vuole sentire più, quindi bisogna sfuggire a tutti quei trucchetti che te la rendono di moda, perché una canzone che va di moda fondamentalmente è una canzonaccia.

Se sfrutti le tendenze del momento e ci metti le dieci parole da hashtag che sai che la fanno funzionare di più, sicuramente fai una sorta di doping e gli dai un impatto maggiore, però poi le cose devono sedimentare, devono avere un percorso. Sia io che questi ragazzi con cui ho collaborato siamo persone che la pensano nello stesso identico modo, loro non sono interessati al successo momentaneo, sono interessati a farsi una carriera che sia fatta di momenti più brillanti, ma anche di momenti di minore esposizione, non cercano una stagione di fuochi d’artificio.

Riguardo a tutto quello che abbiamo vissuto negli ultimi anni a causa della pandemia, spiega:

La pandemia è stata una tortura per tutti quanti, perché ci ha privati di cose basilari come vedere i genitori, cose che non avremmo mai immaginato di non poter fare, quindi siamo stati messi alla prova. Ma quando penso che altre generazioni si sono prese le bombe in testa, hanno subito cose persino peggiori, tutto sommato nei momenti di massimo sconforto pensavo a loro, che hanno attraversato bombardamenti, che hanno visto morire esplosi i loro familiari a mezzo metro di distanza e un po’ mi rincuoravo. Ogni tanto bisogna pensare a chi ha vissuto situazioni peggiori. Questa è stata tremenda, ma ce ne sono state di peggio.

Gli abbiamo chiesto se ci fosse una canzone che lo avesse coinvolto di più a livello emotivo o che gli fosse costata più fatica.

Le canzoni sono ognuna un quadro a sé, per cui c’è una canzone dedicata a mio padre, ce n’è una dedicata a Giglia, ce n’è un’altra dedicata al mio percorso musicale negli anni, sono come tante fotografie di momenti diversi. Ci sono dei momenti in cui ascolti quel pezzo e sei più sensibile a quell’argomento, però devo dire che ho cercato di tenere alto il livello di emotività dei brani, non ci ho messo roba divertissement o cazzeggio musicale, ho fatto una selezione di cose che avessero tutte un bel contenuto. In questo mi ha aiutato anche il fatto di avere tanto tempo, perché ho tolto dal disco molti pezzi che dal mio punto di vista erano meno significativi, ho lasciato proprio il best del best.

Abbiamo avuto modo di chiedere a Federico Zampaglione cosa ne pensasse dei concerti in streaming e come vede il futuro della musica dopo la pandemia.

Noi siamo stati i primi a fare tutto un concerto online, l’abbiamo fatto dopo il primo giorno ufficiale di pandemia e siamo stati veramente i primi. Certo non è la stessa cosa, perché ovviamente il contatto con il pubblico è fatto soprattutto del trovarsi insieme nello stesso luogo. Sul futuro della musica, mi auguro che sia radioso, che la musica torni ad essere una parte importante, non sia vista solo come una sorta di intrattenimento. Purtroppo, la musica bisogna trattarla coi guanti, se no poi il livello peggiora e questo non fa bene a nessuno. C’è spazio per tutti, ci sono tante cose che si muovono nel mondo giovanile, tanti grandi talenti, tante grandi voci e quindi la speranza è che, visto che abbiamo molto sofferto in questo periodo, ci sia la voglia di fare sempre meglio e di fare cose sempre più belle, in ogni genere, in ogni campo. Io stesso non ascolto sempre le stesse cose, sento sempre cose diverse, e questo è il bello della musica, avere sempre qualche sfumatura in più che ti possa far viaggiare, a seconda del tuo umore puoi scegliere un disco da ascoltare e immedesimarti. La musica è una magia, per cui la speranza è che dopo tutto questo periodo difficile, quello che rimane nel cuore degli artisti siano le cose migliori che possono fare.

Riguardo alla nuova generazione di artisti, che molti ritengono sia stata fortemente influenzata dai Tiromancino, spiega:

Mi rivedo molto nella nuova generazione, in quell’aria un po’ riservata che a volte hanno. Quando scrivo, capita che o la strofa o una parte del pezzo mi piaccia tantissimo, ma magari il ritornello no e allora butto tutto. Loro no, la cosa che mi piace tantissimo dei giovani è che individuano immediatamente cosa gli piace e la appuntano, la registrano subito. Questa è una cosa che adesso ho cominciato a fare pure io. Non buttano mai via una buona idea, a me capitava di farlo. Individuano immediatamente quello che gli piace e quella cosa non si tocca. Hanno ragione, perché proprio da questo frammento che hanno registrato può partire tutto. Si vede che è una generazione cresciuta con il supporto dell’elettronica di un certo tipo. Sapessi quanta roba mi sono scordato per non fare così.

 

A cura di Egle Taccia

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Egle è avvocato e appassionata di musica. Dirige Nonsense Mag e ha sempre un sacco di idee strambe, che a volte sembrano funzionare. Potreste incontrarla sotto i palchi dei più importanti concerti e festival d'Italia, ma anche in qualche aula di tribunale!

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