Londra, meta di molti appassionati di musica, città dove i musicisti di tutto il mondo cercano di dare il meglio di sè, vista l’importanza musicale che ha avuto la città nell’ultimo secolo, dall’ultimo live dei Beatles ad Amy Winehouse, passando per vari generi musicali, dal punk al goth, dalla psichedelia al brit pop.
Ma qual è il vero futuro della capitale inglese? E sopratutto: è ancora la capitale della musica?
Si stima che negli ultimi dieci anni, il 40% dei locali abbia chiuso, media tenuta tra l’altro anche dal resto della nazione. Fra questi possiamo trovare sia piccoli locali sia quelli a dir poco storici.
Le ragioni sono multiple: si passa dalla revoca di licenza per disordine di tipo pubblico (Madame JoJos) alle morti per droga (Fabric), dal mancato accordo per il rinnovo di affitto del locale (Purple Turtle) alla chiusura forzata per piani di ampliamento della rete di trasporti pubblici (Astoria), per non parlare di quelli che falliscono.
Mentre i locali ancora aperti devono fare i conti con degli affitti sempre più alti, se non impossibili, specie nel cuore di Londra, con licenze che vengono revocate alla prima occasione utile, fino ai prezzi in aumento, specie dopo il Brexit.
Eppure gestori e gli organizzatori di eventi pianificano di tutto per fare il pienone ad ogni serata: ingresso gratis prima di una certa ora, sconti sul biglietto online, sconti sul party notturno se il pomeriggio lo hai passato in un certo locale, e via dicendo.
Ma a volte non basta. A volte è semplicemente il proprietario dello stabile che ospita il locale a decidere di far chiudere tutto per costruirci sopra un’attività molto più redditizia, noncurante dell’alto valore culturale del club in questione.
Ed è un problema molto grave, tant’è che ne ha parlato pure il nuovo sindaco di Londra, Sadiq Khan, intervenuto sulla chiusura del Fabric, dichiarando che penserà ad una soluzione per preservare i club londinesi, definendoli parte fondamentale del panorama culturale locale.
Eppure i gruppi non mancano, negli ultimi anni sono andato a vedere molte realtà nuove ed interessanti, dove si mescolano nuove sonorità a suoni del passato, dove alcuni generi creati vent’anni fa si mescolano e si reinventano nuovamente, creando qualcosa di interessante. E se non sono gruppi locali, c’è sempre un evento con i migliori dj o musicisti di fama mondiale.
Inoltre i locali non sono solo un luogo dove passare il weekend, sono veri e propri centri culturali, dove le idee si mescolano, si creano movimenti e progetti per migliorare la città.
Ma se i locali continuano a chiudere con questa preoccupante facilità e velocità, dove potranno esprimersi tutti questi nuovi artisti? Dove si potrà trovare gente che con la propria creatività genera nuovi movimenti culturali?
Non basta avere l’O2 Arena od organizzare vari concerti negli stadi, per alimentare la linfa musicale nella capitale. Il tutto va preservato e incoraggiato fin dal principio, fin da quando l’artista sale per la prima volta su un palco davanti a poche persone.
E’ un problema da risolvere in fretta, onde evitare che le piccole realtà presenti, vecchi e nuovi movimenti underground, scompaiano del tutto, per sempre.