Una visione differente sui Beatles, sul loro impatto socio-culturale e sulla particolare alchimia fra i quattro geni di Liverpool che ha fatto sì che la band sfornasse album destinati a segnare indelebilmente la musica e la cultura occidentale: un progetto ambizioso ma tuttavia riuscito sotto ogni aspetto quello di Massimo Donà, che cinquant’anni dopo il “White Album” riesce nell’intento di scrivere un testo colto ma carico di informazioni e visioni approfondite alla portata di ogni lettore.
Filosofo, docente di filosofia teoretica all’università Vita-Salute dell’Ospedale San Raffaele di Milano e, fattore non secondario, raffinato trombettista jazz, Donà in poco più di 150 pagine ci coinvolge in importanti approfondimenti su chi erano e cosa hanno rappresentato i Beatles allora come oggi: un fenomeno di costume inseritosi perfettamente nel contesto della rivoluzione giovanile degli anni ’60 ancora alle prese con i fantasmi del secondo conflitto mondiale, ma soprattutto il prodotto multiforme nato dall’incontro di quattro musicisti eclettici, ognuno geniale a modo suo, che è stato capace di rivoluzionare la musica rock/pop segnando importanti passaggi epocali per la cultura giovanile e la musica popolare.
Il passaggio dalla produzione di single 7″ ai più lunghi LP a 33 giri, lo sviluppo della prima forma di concept album con il “Sgt. Pepper” e l’immediata sua decostruzione con un “White Album” che alla visione corale dei musicisti ha sostituito una più o meno equa ripartizione delle quattro facciate per lasciare che ognuno di essi desse libero sfogo alla propria creatività, intraprendendo l’inesorabile percorso che porterà alla fine della band; la visione psicologica di ognuno dei membri, dal profondo dualismo Lennon-McCartney all’interno di una competizione/sfida tra amici che ha portato alla stesura di brani indimenticabili, all’inevitabile percorso di crescita che ha portato alla crescita musicale di due già ottimi musicisti come George e Ringo.
E ancora, l’importante impatto dell’amore di Harrison per l’india e le culture orientali, unito ad importanti confronti e parallelismi fra la musica dei Fab Four e l’impatto rivoluzionario di geni del XX secolo come Stravinskij, Satie, Bartok, o ancora il rapporto con la musica di oltreoceano in una Liverpool porto di interscambio con il Nord America che stava vivendo la rivoluzione del rock’n’roll e una prima riscoperta del grande blues, il rapporto con le arti letterarie, figurative, Yoko Ono e quella cosa informe che stava per consolidarsi nella cultura pop, destinata ad assumere nuove forme negli anni a venire nel suo essere incrocio fra molteplici istanze culturali e sociali.
In mezzo a tutto questo, il genio di quattro ragazzi di Liverpool forse non del tutto consapevoli della grandezza di ciò che si accingevano a compiere per l’intera cultura occidentale, per la quale hanno finito con l’essere uno shock ancora vivo vuoi per l’inatteso e mai ritirato scioglimento, vuoi per l’attualità che hanno ancor oggi i loro album, continua fonte d’ispirazione per i musicisti di ogni generazione che li ha seguiti.
Massimo Donà, con la sua scrittura elegante e raffinata, con questo saggio edito per Mimesis ci introduce in questo mondo di musica e cultura pop, che ad ogni rilettura continua ad offrire nuovi spunti, offrendoci un affresco storico e filosofico completo che lascia nel lettore il desiderio di approfondire ulteriormente una grande epoca di fervore culturale, rimettendo nel contempo sul piatto gli album dei Fab Four.
Un’opera preziosa che ci sentiamo di consigliarvi per una lettura intrigante e ricca di spunti, insieme ad altri due testi dell’autore come “Filosofia della musica” e “Filosofia del vino”, editi da BUR.