Il terzo album di WAS si chiama Sunday, è appena uscito e riafferma il contrasto nella discografia di Andrea Cherchi, rilevando nuove sfumature nelle sue composizioni.
A seguito della recensione di Nonsense Mag, la quale potete leggere qui, gli ho inviato delle domande per un’intervista. Ricevendo le sue risposte l’impressione rimastami è proprio quella di un artista ricco di conoscenze e sensibilità.
Vorrei poter trovarlo un giorno per una bella chiacchierata o magari produrre qualcosa insieme, ma va bene, intanto vi auguro buona lettura.
Intervista a cura di Cesar Zanin
Salve, quando e come hai cominciato ad ascoltare musica e a suonare?
Ciao Cesar, ho cominciato molto presto ad ascoltare musica, ho sempre avuto molta curiosità nei confronti di musicisti e band. Forse il disco che per primo ha aperto le mie vedute è stato “Spiderland”, ricordo ancora quando intorno ai 17 anni un amico mi aveva fatto ascoltare “Washer” (grazie Gabri), era stata una folgorazione e da là in poi è stata una continua ricerca che continua ancora oggi. Per quanto riguarda il suonare credo di aver iniziato pochi anni prima di quel periodo.
Com’è nata l’idea WAS?
Da adolescente avevo un gruppo con degli amici e quando ognuno è andato per la propria strada ho iniziato a registrare per conto mio delle canzoni e tracce strumentali che poi ho avuto occasione di registrare (qualcosa poi è finita in After dinner). Direi che è nata per caso, niente di particolarmente pianificato.
Tra i tag nella tua pagina bandcamp troviamo anche low-fi. Questa denominazione per te indica solo un approccio o anche una dimensione estetica?
Mi piace il concetto di bassa fedeltà. Meglio, non mi piace l’idea che per fare musica (o cinema, o altro) ci vogliano tanti mezzi, spendere migliaia di euro in strumentazione e studio.
Tra i miei dischi preferiti c’è “The piper at the gates of dawn” che ha una delle produzioni più belle che conosca, ma c’è anche “Hi, how are you” di Daniel Johnston che è registrato meravigliosamente di merda.
La sonorità che hai raggiunto nella tua versione per Que pena mi sa molto di A new place soon old ma mi dà anche la sensazione di essere un’anticipazione di Sunday, cosa ne pensi? Cosa ti ha spinto a inciderla?
Grazie, mi fa piacere tu abbia scovato Que pena. Hai intuito bene, infatti quella cover l’ho fatta in un periodo in cui registravo molto in casa per avere un’idea di come sviluppare Sunday.
Il pezzo originale è di Jorge Ben, io ho fatto la cover rifacendomi alla versione di Veloso e Gal.
Ho una grande passione per la musica brasiliana, da Jobim, Joao Gilberto, Jorge Ben, Gal Costa, Caetano Veloso, Tom Ze, Maria Bethania, Chico Buarque e tanti altri.
Mi piacerebbe un giorno fare un intero album di cover di questi artisti, sulla scia di Que pena.
Quali sono le tue principali influenze?
Troppa roba. Ascolto davvero di tutto e non so cosa mi influenzi perché quando lavoro ai miei pezzi non ho mai riferimenti precisi. Ultimamente ascolto molto “L’apparenza” di Battisti e un disco di musica sacra tibetana che uscì per la Ocora, etichetta francesce fondata negli anni cinquanta che ha stampato meravigliosi dischi di musica da tutto il mondo. Vado a periodi, non ascolto mai troppe cose contemporaneamente.
Com’è stato il lavoro di composizione e registrazione di Sunday?
E’ stato bello e rilassato. Avendolo registrato in casa ce la siamo presa con tanta calma. Ho ragionato molto sul risultato che volevo e ho collaborato con 3 persone che hanno assecondato benissimo e con molta sensibilità questo percorso, Mauro e Robi, poi Daniele al mix e al mastering.
E la collaborazione di Mauro Vacca e Roberta Etzi?
Con Mauro e Robi siamo amici da tanto tempo, un giorno hanno ascoltato qualche bozza che avevo registrato per Sunday per avere un parere e nel giro di un mese ci siamo trovati ad arrangiarlo assieme e suonarlo. Siamo musicisti molto diversi e venirci incontro è stato molto stimolante.
Qualche mese fa ho registrato un ep per la loro band, i Pussy Stomp, e abbiamo diverse idee in mente che speriamo di riuscire a sviluppare quanto prima.
Quali potrebbero essere i tuoi prossimi traguardi?
Non ho proprio idea, spero un disco diversissimo da Sunday.
Intervista a cura di Cesar Zanin