Alla domanda di un giornalista che chiese a Jimi Hendrix il significato della sua musica, lui rispose: “Noi portiamo l’elettricità”. L’ironia di quella risposta contiene tutto quello che c’è da sapere sul rock come metafora della vita nel suo senso più profondo di verità, energia e primordiale libertà. L’elettricità allora diventa l’effetto di un’alchimia di elementi che, combinati insieme, crea uno stupore che ti trasporta ogni volta in un altro luogo, trasformandoti anche solo per un attimo in qualcosa di diverso da quello che si è. Il 7 aprile scorso presso Zō Centro Culture Contemporanee i None of Us, a distanza di due anni esatti, sono ritornati a suonare a Catania, città in cui sembra che gli spazi per chi non usa laptop e sequencer per suonare si restringono sempre di più.
Dopo l’EP “Redled volume 1 – split w/ 1NE DAY”, i None of Us esordiscono sulla lunga distanza con l’ottimo “Further Hangin’ Menace” risalente al 2006, il cui missaggio è stato curato da Kurt Ballou dei Converge, a cui seguirà “Vita” del 2011. Dopo quattro anni, nel 2015, pubblicano per la label This Is Core Records “Black Foundation”, album in cui la potenza hardcore degli inizi viene meglio organizzata all’interno di una scrittura matura in cui si percepisce l’esperienza acquisita in anni di live in Italia e non solo. La forza della band è quella di avere un sound preciso e riconoscibile che sin dall’attacco del primo brano in scaletta arriva dritto come il pugno in faccia ritratto nella copertina di “Vulgar Display of Power” dei Pantera. Non è un caso che i None of Us abbiano radici conficcate sul terreno seminato dalla band di Phil Anselmo da cui hanno sviluppato una visione personale dell’hardcoree di quel metal di seconda generazione che nei tardi anni novanta ha avuto tra i suoi esponenti di punta i Deftones. Il concerto si apre con News of The World e si ha chiaro immediatamente che i ragazzi non scherzano affatto: i meccanismi sono oleati alla perfezione e funzionano con la stessa precisione di un taglio sulla pelle eseguito con lama chirurgica. La sezione ritmica costituita da Peppe Zuccarello al basso e da Daniele Quaceci alla batteria è una macchina feroce pronta a spingere il muro sonico eretto dalle chitarre di Filippo Basile e Giacomo Iannaci, mentre Davide Mavica dà prova di buone doti vocali.
L’aria diventa rovente prima con Bleeding in the Ashes, singolo dell’ultimo album, e poi con la successiva Searching Oblivion, unico brano tratto da “Vita”. La triade Getting Over, With Open Arms e 12 O’Clock High, anche queste dal recente “Black Foundation”, sono efficacissime nel loro alternare furore con spazi di melodia. La setlist non concede un attimo di respiro, anche il palco diventa fin troppo piccolo per la carica dirompente della band e Peppe Zuccarello è costretto a farsi spazio facendo varie incursioni tra il pubblico, a riprova della grande empatia che i None of Us riescono a trasmettere durante ogni loro performance. Dopo la nuova The Flavor, arriva Twice Again da “Further Hangin’ Menace” ad aprire la strada a Deadlock, dall’EP “Redled volume 1 – split w/ 1NE DAY”. Con Dust, classico finale di ogni live, la band si congeda dal pubblico. Le valvole degli amplificatori non sono ancora esauste ed ecco che arriva l’encore affidata a My Enemy, apponendo il sigillo su una serata speciale.
Fa riflettere il fatto che una band di questo livello abbia raccolto nel tempo meno di quanto si sarebbe meritata, soprattutto alla luce di un trend di rinascita della scena hardcore, emocoree nu-metal ninety orientend. Se tornando a casa risuona ancora in mente il ritornello di Bleeding in the Ashes significa che quella elettricità vitale portata dai None of Us ha trovato i canali giusti per trasformarsi in un’onda lunga di emozioni.
Giuseppe Rapisarda