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Black Snake Moan
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Black Snake Moan, il sibilo psichedelico del serpente nero [Recensione]

Black Snake Moan, suggestivo monicker tratto dal titolo di una canzone del bluesman Blind Lemon Jefferson, è il progetto one man band dietro al quale di cela Marco Contestabile, talentuoso musicista che ha deciso di intraprendere un viaggio solitario all’interno della musica più selvaggia e spirituale. I riferimenti di BSM sono campioni della psichedelia blues contemporanea come Black Angels ed  Entrance, a loro volta figli di Doors, Grateful Dead, Kaleidoscope e di tutti quei campioni della musica americana che a fine anni ’60 seppero ibridare il canone classico del rock e del blues con influenze di mondi lontani, affacciandosi all’oriente ed in particolare all’India.

Un percorso di ricerca culturale e musicale nato dal desiderio di ricongiungersi con le forze primigenie, attraverso l’esplorazione di quella spiritualità primitiva che unisce gli estremi del mondo conosciuto. Il bluesman tarquinate si inserisce in questo importante filone musicale seguendo un percorso formativo importante, che lo ha portato a studiare profondamente la storia della musica e a scegliere la difficile strada della musica “en solo”, ottenendo meritati consensi a livello italiano ed internazionale.

La prima cosa che viene da chiedersi, ascoltando “Phantasmagoria” è come sia possibile ottenere cotanta oscura magniloquenza sonora, eppure chi avesse come noi avuto la fortuna di poterlo ascoltare dal vivo sa che questo è davvero possibile. Seppur dotato di un look eccentrico, barba e capello incolto à la Devendra Banhart, Black Snake Moan è un artista schivo e di poche parole, che una volta sul palco lascia parlare la propria musica: il merito di “Phantasmagoria” è proprio quello di calarci in una dimensione fuori dallo spazio e dal tempo, incantati dai nove brani di BSM.

L’intero album suona come una celebrazione delle più profonde ed evocative forze della musica: il Serpente morde subito l’ascoltatore, catapultando la sua mente in una dimensione oscura all’interno della quale viaggiare in completa libertà, fra oriente e occidente, blues anni ’20 e rock anni ’60-’00, contemporaneità civilizzata e passato tribale. Il canto di Black Snake Moan assomiglia alla celebrazione di un rito, in cui è il sacerdote stesso ad essere posseduto dalle potenti forze evocate, mentre i suoi quattro arti si scatenano sui più disparati strumenti, scagliandoci in un mondo puramente sinestesico in cui ogni percezione sensoriale si mischia in maniera stupefacente.

“Phantasmagoria” non è solo un album, ma un’esperienza musicale di rara profondità ed intensità, dalla quale difficilmente si vorrà uscire, una volta infettati dal veleno del serpente psichedelico.

 

 

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